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A.","altre_parti":"Unione Camere Penali italiane, Amato Vincenzo","testo_atto":"N. 60 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 2025\n\r\nOrdinanza del 29 gennaio 2025 della Corte d\u0027appello di Lecce nel\nprocedimento penale a carico di V. A. . \n \nReati e pene - Associazione finalizzata al traffico illecito di\n sostanze stupefacenti o psicotrope - Trattamento sanzionatorio -\n Denunciata previsione per il \"capo-promotore\" di un\u0027associazione\n finalizzata al narcotraffico, avente disponibilita\u0027 di armi e con\n un numero di associati superiore a dieci, di una pena fissa di\n ventiquattro anni di reclusione. \n- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309\n (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli\n stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e\n riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 74,\n commi 1 e 4. \n\n\r\n(GU n. 15 del 09-04-2025)\n\r\n \n LA CORTE DI APPELLO DI LECCE \n Sezione unica penale \n \n La Corte di appello di Lecce, Sezione unica penale, composta dai\nmagistrati: \n dott.ssa Teresa Liuni - Presidente; \n dott. Francesco Cacucci - consigliere rel.; \n dott.ssa Adriana Almiento - consigliere; \n letti gli atti del procedimento in epigrafe indicato nei\nconfronti di A. V. , nato a ... il .... difeso di fiducia dall\u0027avv.\nL. Massari; \n letta la memoria depositata dall\u0027avv. Ladislao Massari; \n sentite le parti all\u0027udienza del 2 ottobre 2024; \n \n Osserva \n \nPremesso in fatto. \n Con sentenza del 9 luglio 2019, resa all\u0027esito di giudizio\nabbreviato, il Giudice dell\u0027udienza preliminare del Tribunale di\nLecce ha condannato A. V. alla pena di anni venti di reclusione in\nrelazione ai delitti di cui agli articoli 74, commi 1°, 2°, 3° e 4°\ndel decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (Capo G),\nnonche\u0027 81 e 110 del codice penale, 73 del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309/1990 (Capo G27); in particolare, l\u0027A. e\u0027\nstato ritenuto responsabile, in qualita\u0027 di «promotore» e\n«dirigente», di un\u0027associazione a delinquere finalizzata a commettere\npiu\u0027 delitti tra quelli previsti dall\u0027art. 73, del decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990, «anche mediante\ndisponibilita\u0027 di armi, associazione costituita da piu\u0027 di dieci\npersone», operante nella Provincia di ... dal ..., «con permanenza»;\nin relazione al suddetto procedimento l\u0027A. si trova in stato di\nliberta\u0027. \n Avverso la sentenza ha proposto rituale appello il difensore\ndell\u0027A. con richiesta, in via principale, di assoluzione, ed in\nsubordine: di esclusione della qualifica di «capo-promotore»; di\nqualificazione della condotta nella fattispecie di cui al comma 6°\ndell\u0027art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990;\ndi riduzione della pena anche previo riconoscimento delle circostanze\nattenuanti generiche. \n Il processo di appello e\u0027 attualmente in corso di svolgimento. \n A scioglimento della riserva di cui all\u0027udienza del 2 ottobre\n2024, letta la memoria depositata dall\u0027avv. L. Massari, ritiene\nquesta Corte di appello doversi sollevare questione di legittimita\u0027\ncostituzionale, in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione,\ndell\u0027art. 74, commi 1° e 4° del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309/1990 (Testo unico delle leggi in materia di\ndisciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,\ncura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella\nparte in cui, con specifico riferimento alla pena per il\n«capo-promotore» di un\u0027associazione a delinquere finalizzata al\nnarcotraffico avente disponibilita\u0027 di armi e con un numero di\nassociati superiore a dieci, prevede la pena fissa di 24 anni di\nreclusione; infatti, se e\u0027 vero che la norma richiamata prevede una\npena «non inferiore ad anni 24 di reclusione», l\u0027art. 23 c.p.\nprescrive che la pena della reclusione non possa essere superiore a\n24 anni di reclusione. \n In punto di rilevanza della questione, sussistono i presupposti\nper l\u0027applicazione dell\u0027art. 74, commi 1° e 4° del decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990; infatti: \n A. V. e\u0027 stato condannato alla pena di anni venti di\nreclusione, oltre alle pene accessorie, in relazione al delitto di\ncui all\u0027art. 74, commi 1°, 2°, 3° e 4° del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309/1990, in qualita\u0027 di «capo-promotore» di\nun\u0027associazione a delinquere dedita al narcotraffico, avente\ndisponibilita\u0027 di armi e con numero di associati superiore a dieci;\nil Giudice dell\u0027udienza preliminare ha determinato il trattamento\nsanzionatorio nei termini che seguono (pag. 163 della motivazione):\n«partendo da una p.b. di cui all\u0027art. 74, del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309/1990, aggravato come in contestazione, pari\nad anni 24, ritenuta la contestata recidiva (16 anni), calcolato\nl\u0027aumento per l\u0027aggravante di cui al comma 3°, pari a sei mesi e per\nl\u0027aggravante di cui al comma 4°, pari a sei mesi, si giungerebbe ad\nuna pena di anni 36 che, contenuta nei limiti di cui all\u0027art. 78\nc.p., diviene di anni 30, ridotta per la scelta del rito a 20 anni di\nreclusione; \n il GUP ha, quindi, ritenuto integrata a carico dell\u0027imputato\nla partecipazione al delitto associativo con la qualifica di\n«capo-promotore», unitamente alle circostanze aggravanti della\n«disponibilita\u0027 di armi» e della presenza di un numero di associati\nsuperiore a dieci; conseguentemente ha determinato la p.b. nella\nmisura di anni 24 di reclusione, ai sensi dell\u0027art. 74, comma 4° del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; \n nell\u0027eventualita\u0027 del rigetto di tutti i motivi di gravame\nproposti dalla difesa, questa Corte di appello si troverebbe nella\ncondizione di confermare anche il trattamento sanzionatorio comminato\nall\u0027imputato dal GUP, dovendo fare applicazione della disposizione\ncensurata senza possibilita\u0027 di operare un\u0027eventuale graduazione\ndella pena rispetto al disvalore del fatto ed alla personalita\u0027\ndell\u0027imputato. \n Osservato, in punto di non manifesta infondatezza della\nquestione. \n 1. L\u0027art. 74, comma 4°, del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309/1990 prevede, per il «capo e promotore» di\nun\u0027associazione a delinquere dedita al narcotraffico avente\ndisponibilita\u0027 di armi e con numero di associati di dieci e piu\u0027, una\npena che puo\u0027 qualificarsi come «fissa», in quanto «non inferiore a\nventiquattro anni di reclusione», a fronte del limite massimo di tale\npena detentiva stabilito, nell\u0027art. 23 c.p., sempre in ventiquattro\nanni. \n Il trattamento sanzionatorio previsto nella norma censurata, in\nquanto rigido e non modulabile secondo i criteri stabiliti dall\u0027art.\n133 c.p., non appare compatibile con i principi costituzionali di\nproporzionalita\u0027 e necessaria individualizzazione della pena. \n 1.1. L\u0027art. 25, comma 2° Cost. assegna alla discrezionalita\u0027 del\nlegislatore la determinazione del trattamento sanzionatorio per i\nfatti previsti come reato; tuttavia, come piu\u0027 volte evidenziato\ndalla Corte costituzionale, tale discrezionalita\u0027 incontra il proprio\nlimite nella manifesta irragionevolezza delle scelte legislative,\nlimite che e\u0027 superato allorche\u0027 le pene comminate appaiano\nmanifestamente sproporzionate rispetto alla gravita\u0027 del fatto\nprevisto quale reato. \n In tal caso si realizza una violazione congiunta degli articoli 3\ne 27 Cost., poiche\u0027 una pena non proporzionata alla gravita\u0027 del\nfatto e non percepita come tale dal condannato, si risolve in un\nostacolo alla sua funzione rieducativa (si richiamano le sentenze n.\n313 del 1990, n. 341 del 1994, n. 68 del 2012 e n. 236 del 2016, n.\n222 del 2018, n. 197 del 2023). \n La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente sottolineato\nche il principio di proporzionalita\u0027 della pena, desunto dagli\narticoli 3 e 27, terzo comma, Cost. esige «che la pena sia\nadeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di\noffensivita\u0027 del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche\nal disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo», il quale a sua\nvolta «dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della\nvolonta\u0027 criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della\ncolpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno\ninfluito sul processo motivazionale dell\u0027autore, rendendolo piu\u0027 o\nmeno rimproverabile» (sentenza n. 197 del 2023). \n 1.2. Come evidenziato da autorevole dottrina, la Corte\ncostituzionale ha in alcune occasioni esteso il sindacato sulla\nproporzionalita\u0027 della pena anche al profilo della necessaria\nindividualizzazione del trattamento sanzionatorio, in ossequio al\nprincipio della «personalita\u0027 della responsabilita\u0027 penale» sancito\ndall\u0027art. 27, comma 1° Cost. \n Si richiama, in primo luogo, la sentenza n. 50 del 1980, avente\nad oggetto la questione di legittimita\u0027 costituzionale relativa\nall\u0027art. 5 della legge 5 maggio 1976, n. 313 nella parte in cui,\nsostituendo il terzo comma dell\u0027art. 121 del t.u. delle norme\nconcernenti la disciplina della circolazione stradale, approvato con\ndel decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393,\nprevedeva la pena, in misura fissa, di lire 800.000 di ammenda e 15\ngiorni d\u0027arresto per chiunque circolasse con un veicolo che superava\nil peso complessivo a pieno carico consentito di oltre 30 quintali,\nin tal modo ponendosi in contrasto con l\u0027art. 3 Cost., in quanto\nequiparava rigidamente quoad poenam situazioni diverse, come\ncomportamenti dolosi e colposi, ed in genere violazioni di diversa\ngravita\u0027, sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo, della medesima\nnorma. Nell\u0027occasione, pur avendo come principale parametro di\nriferimento il principio di uguaglianza sancito dall\u0027art. 3 Cost., il\ngiudice delle leggi ha affermato che «l\u0027adeguamento delle risposte\npunitive ai casi concreti - in termini di uguaglianza e/o\ndifferenziazione di trattamento - contribuisce da un lato, a rendere\nquanto piu\u0027 possibile \"personale\" la responsabilita\u0027 penale, nella\nprospettiva segnata dall\u0027art. 27, primo comma; e nello stesso tempo\ne\u0027 strumento per una determinazione della pena quanto piu\u0027 possibile\n\"finalizzata\", nella prospettiva dell\u0027art. 27, terzo comma, Cost. Il\nprincipio d\u0027uguaglianza trova in tal modo dei concreti punti di\nriferimento, in materia penale, nei presupposti e nei fini (e nel\ncollegamento fra gli uni e gli altri) espressamente assegnati alla\npena nello stesso sistema costituzionale. L\u0027uguaglianza di fronte\nalla pena viene a significare, in definitiva, \"proporzione\" della\npena rispetto alle \"personali\" responsabilita\u0027 ed alle esigenze di\nrisposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che e\u0027\nessenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni\nindividuali e di limite della potesta\u0027 punitiva statuale». \n 1.3. Con la sentenza n. 222 del 2018 (con cui e\u0027 stata dichiarata\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 216, ultimo comma, del\nregio decreto 16 marzo 1942, n. 267 - Disciplina del fallimento, del\nconcordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa -\nnella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti\ndal presente articolo importa per la durata di dieci anni\nl\u0027inabilitazione all\u0027esercizio di una impresa commerciale e\nl\u0027incapacita\u0027 per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi\npresso qualsiasi impresa», anziche\u0027: «la condanna per uno dei fatti\nprevisti dal presente articolo importa l\u0027inabilitazione all\u0027esercizio\ndi una impresa commerciale e l\u0027incapacita\u0027 ad esercitare uffici\ndirettivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni») e\u0027 stato\nrichiamato il parametro di riferimento rappresentato dal principio\ndella «personalita\u0027» della responsabilita\u0027 penale previsto dall\u0027art.\n27 comma 1° Cost. Tale principio richiede che la pena applicata a\nciascun autore di reato costituisca «una risposta - oltre che non\nsproporzionata - il piu\u0027 possibile «individualizzata», e dunque\ncalibrata sulla situazione del singolo condannato\", cosi\u0027 da\nassolvere pienamente alla sua funzione rieducativa. \n 1.4. Nella sentenza n. 112 del 2019 (relativa alla questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 187-sexies del decreto\nlegislativo n. 58 del 1998, nel testo originariamente introdotto\ndall\u0027art. 9, comma 2, lettera a, della legge 18 aprile 2005, n. 62 -\nDisposizioni per l\u0027adempimento di obblighi derivanti\ndall\u0027appartenenza dell\u0027Italia alle Comunita\u0027 europee. Legge\ncomunitaria 2004 - nella parte in cui esso assoggetta a confisca per\nequivalente non soltanto il profitto dell\u0027illecito ma anche i mezzi\nimpiegati per commetterlo, ossia l\u0027intero prodotto dell\u0027illecito), la\nCorte ha ribadito che «La considerazione, accanto all\u0027art. 3 Cost.,\ndel principio di personalita\u0027 della responsabilita\u0027 penale sancito\ndal primo comma dell\u0027art. 27 Cost. - da leggersi anch\u0027esso alla luce\ndella necessaria funzione rieducativa della pena di cui al terzo\ncomma dello stesso art. 27 Cost. - e\u0027 inoltre alla base\ndell\u0027ulteriore canone della necessaria individualizzazione della\npena, pure enucleato da una risalente giurisprudenza di questa Corte,\nche si oppone in linea di principio alla previsione di pene fisse nel\nloro ammontare (sentenza n. 222 del 2018, che richiama in senso\nconforme le sentenze n. 50 del 1980, n. 104 del 1968 e n. 67 del\n1963). Tale canone esige che - nel passaggio dalla comminatoria\nastratta operata dal legislatore alla sua concreta inflazione da\nparte del giudice - la pena si atteggi come risposta proporzionata\nanche alla concreta gravita\u0027, oggettiva e soggettiva, del singolo\nfatto di reato; il che comporta, almeno di regola, la necessita\u0027\ndell\u0027attribuzione al giudice di un potere discrezionale nella\ndeterminazione della pena nel caso concreto, entro un minimo e un\nmassimo predeterminati dal legislatore». \n 1.5. In conclusione, l\u0027esigenza di «mobilita\u0027» (sentenza n. 67\ndel 1963), o «individualizzazione» (sentenza n. 104 del 1968), della\npena - e la conseguente attribuzione al giudice, nella sua\ndeterminazione in concreto, di una certa discrezionalita\u0027 nella\ncommisurazione tra il minimo e il massimo previsti dalla legge -\ncostituisce secondo il giudice delle leggi «naturale attuazione e\nsviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale\n(principio d\u0027uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia\npenale» (sentenza n. 50 del 1980), rispetto ai quali «l\u0027attuazione di\nuna riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione piu\u0027\nche l\u0027uniformita\u0027» (cosi\u0027, ancora, la sentenza n. 104 del 1968). Con\nla conseguenza, espressamente tratta dalla citata sentenza n. 50 del\n1980 e ribadita nella sentenza n. 222 del 2018, che «in linea di\nprincipio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con\nil \"volto costituzionale\" del sistema penale; ed il dubbio\nd\u0027illegittimita\u0027 costituzionale potra\u0027 essere, caso per caso,\nsuperato a condizione che, per la natura dell\u0027illecito sanzionato e\nper la misura della sanzione prevista, quest\u0027ultima appaia\nragionevolmente \"proporzionata\" rispetto all\u0027intera gamma di\ncomportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato». \n Pertanto, come si legge sempre nella sentenza n. 222 del 2018,\n«se la \"regola\" e\u0027 rappresentata dalla \"discrezionalita\u0027\", ogni\nfattispecie sanzionata con pena fissa (qualunque ne sia la specie) e\u0027\nper cio\u0027 solo \"indiziata\" di illegittimita\u0027; e tale indizio potra\u0027\nessere smentito soltanto in seguito a un controllo strutturale della\nfattispecie di reato che viene in considerazione, attraverso la\npuntuale dimostrazione che la peculiare struttura della fattispecie\nla renda \"proporzionata\" all\u0027intera gamma dei comportamenti\ntipizzati». \n 2. La norma censurata si pone, altresi\u0027, in contrasto con l\u0027art.\n49, paragrafo 3, CDFUE, secondo cui «le pene inflitte non devono\nessere sproporzionate rispetto al reato». \n Infatti la decisione-quadro 2004/757/GAI - che prevede «norme\nminime relative agli elementi costitutivi dei reati e delle sanzioni\napplicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti» -\nall\u0027art. 4 ribadisce il doveroso rispetto del principio di\nproporzione nella determinazione del trattamento sanzionatorio (art.\n4: «Ciascuno stato membro provvede affinche\u0027 i reati... ...siano\nsoggetti a pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive»), da\nritenersi non compatibile con la previsione di pene fisse nel loro\nammontare. \n 3. La Corte costituzionale ha esteso il divieto di pene\nsproporzionate anche a sanzioni amministrative di carattere\n«punitivo», seppure avendo come parametro di riferimento il solo\nprincipio di uguaglianza sancito dall\u0027art. 3. \n Con sentenza n. 185 del 2021 e\u0027 stata dichiara l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 7, comma 6, secondo periodo, decreto-legge\nn. 158 del 2012, conv., con modificazioni, nella legge n. 189 del\n2012. E\u0027 stato, infatti, affermato che l\u0027attribuzione al giudice di\nun margine di discrezionalita\u0027 nella commisurazione della sanzione -\nnon solo penale, ma anche amministrativa - tra un minimo e un\nmassimo, cosi\u0027 da adeguarla alla specificita\u0027 del singolo caso,\nrappresenta la naturale attuazione di principi costituzionali, a\ncominciare da quello di eguaglianza. Nella specie, la fissita\u0027 della\nsanzione amministrativa a carico dei concessionari del gioco e dei\ntitolari di sale giochi e scommesse per la violazione degli obblighi\ndi avvertimento sui rischi di dipendenza dal gioco d\u0027azzardo,\nimpedisce di tener conto della diversa gravita\u0027 dei singoli illeciti,\nche dipende dall\u0027ampiezza dell\u0027offerta di gioco e dal tipo di\nviolazione commessa. Cio\u0027 comporta che la sanzione fissa puo\u0027\nrisultare manifestamente sproporzionata rispetto all\u0027illecito\ncommesso e, quindi, costituzionalmente illegittima. \n Nello stesso senso si richiama la sentenza n. 40 del 2023, con\ncui e\u0027 stata dichiarata l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 4,\ncomma 1, primo periodo, decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297,\nrecante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento\n(CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni\ngeografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e\nalimentari», nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa\npecuniaria «di euro cinquantamila», anziche\u0027 «da un minimo di\ndiecimila a un massimo di cinquantamila euro». \n Per quanto in questa sede rileva si richiama, infine, anche la\nrecente sentenza n. 51 del 5 marzo 2024 (dep. 28 marzo 2024, Gazzetta\nUfficiale 3 aprile 2024), con cui la Corte costituzionale ha\ndichiarato, in riferimento all\u0027art. 3 Cost., costituzionalmente\nillegittimo l\u0027art. 12, comma 5, decreto legislativo 23 febbraio 2006,\nn 109 in tema di procedimento disciplinare dei magistrati, eliminando\ndalla disposizione la parte in cui stabilisce l\u0027automatica rimozione\ndalla magistratura del magistrato che abbia riportato condanna a pena\ndetentiva non sospesa per delitto non colposo non inferiore ad un\nanno. \n Anche in questo caso il giudice di legittimita\u0027 ha evidenziato\nche, quanto alla proporzionalita\u0027 della sanzione disciplinare, il\nrequisito puo\u0027 essere soddisfatto soltanto da una «valutazione\nindividualizzata della gravita\u0027 dell\u0027illecito, alla quale la risposta\nsanzionatorio deve essere calibrata»; tanto sul rilievo che «le\nsanzioni fisse sono tendenzialmente in contrasto con questo\nprincipio». \n 4. Tutto cio\u0027 premesso, la pena rigida di ventiquattro anni di\nreclusione per il «capo-promotore» di un\u0027associazione a delinquere\narmata dedita al narcotraffico non puo\u0027 ritenersi «ragionevolmente\nproporzionata» rispetto all\u0027intera gamma dei comportamenti\nriconducibili al tipo di reato, che si presta a ricomprendere\nfenomeni associativi dalle caratteristiche estremamente eterogenee e\ncon ben diverso grado di-pericolosita\u0027 peri beni giuridici tutelati. \n In primo luogo occorre rilevare che, con riguardo alla pena\nprevista dall\u0027art. 74, comma 4° del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309/1990, per il capo-promotore di un\u0027associazione\narmata dedita al narcotraffico non e\u0027 possibile operare la\ndiversificazione della risposta punitiva per le associazioni dedite\nal traffico di droghe «leggere», rispetto ai sodalizi finalizzati al\ntraffico di stupefacenti previsti nella prima e terza tabella. La\nfattispecie, dunque, ingloba condotte che hanno un diverso disvalore\ne che non potrebbero essere punite tutte allo stesso modo, come del\nresto si desume dalla diversita\u0027 del trattamento sanzionatorio\nprevisto per le ipotesi di cui all\u0027art. 73, decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 31909/90 a seconda che si riferiscano a «droghe\npesanti» o a «droghe leggere». \n Ed ancora, l\u0027allarme sociale determinato da condotte organizzate\ndi narcotraffico, nonche\u0027 la gravita\u0027 dei fatti concreti\nriconducibili all\u0027associazione armata organizzata e diretta dal\n«promotore» possono declinarsi in maniera differente, a seconda della\nstruttura organizzativa del sodalizio (la giurisprudenza di\nlegittimita\u0027 afferma, con orientamento consolidato, che per la\nconfigurabilita\u0027 dell\u0027associazione dedita al narcotraffico non e\u0027\nrichiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione\ndotata di notevoli disponibilita\u0027 economiche, ma e\u0027 sufficiente\nl\u0027esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla\npredisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune,\ncreate in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle\nsingole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli\nassociati), del numero complessivo degli associati, dell\u0027ambito\nterritoriale di estensione e della durata di operativita\u0027 del\nsodalizio. \n L\u0027espunzione dal testo dell\u0027art. 74, decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309/1990 della circostanza aggravante di cui al comma\n4° con riferimento alla posizione del «capo-promotore» consentirebbe\nal giudice di commisurare la pena nella forbice tra un minimo di\nventi anni (previsto dall\u0027art. 74, comma 1°) ed un massimo di\nventiquattro di reclusione (art. 23 c.p.) in presenza di\nun\u0027associazione armata e con un numero di associati superiore a\ndieci, tenendo conto in particolare della vasta gamma di circostanze\nindicate nell\u0027art. 133 c.p., cosi\u0027 da commisurare la pena al caso\nconcreto ed alla personalita\u0027 dell\u0027autore, avendo la possibilita\u0027 di\ngraduare la sanzione secondo i criteri di proporzionalita\u0027 e di\nadeguatezza; in tal guisa la pena apparirebbe una risposta - oltre\nche non sproporzionata - il piu\u0027 possibile «individualizzata», e\ndunque calibrata sulla situazione del singolo condannato,\n«capo-promotore» del sodalizio, «in attuazione del mandato\ncostituzionale di \"personalita\u0027\" della responsabilita\u0027 penale di cui\nall\u0027art. 27, primo comma, Cost.» (cosi\u0027 sentenza n. 222 del 2018). \n Come insegna la Corte costituzionale, questa conclusione non\npotrebbe essere revocata in dubbio sulla base dell\u0027argomento per cui\nla cornice edittale prevista dal comma 4 dell\u0027art. 74 T.U. sugli\nstupefacenti potrebbe essere comunque «neutralizzata» in caso di\nequivalenza o prevalenza di eventuali attenuanti, e in particolare\ndelle circostanze attenuanti generiche di cui all\u0027art. 62-bis del\ncodice penale. \n Al riguardo e\u0027 stato affermato che «l\u0027applicazione di circostanze\nattenuanti e\u0027 soltanto eventuale, e non e\u0027 in grado pertanto di\nsanare il vulnus costituzionale insito nella comminatoria di una pena\nmanifestamente eccessiva nel minimo» (sentenza n. 22 del 2023). \n Cio\u0027 vale anche rispetto alle circostanze attenuanti generiche,\n«la cui funzione \"naturale\" e\u0027 quella di adeguare la misura della\npena alla sussistenza di speciali indicatori (oggettivi o soggettivi)\ndi un minor disvalore del fatto concreto all\u0027esame del giudice\nrispetto alla gravita\u0027 ordinaria dei fatti riconducibili alla\nfattispecie base di reato; e non gia\u0027 quella di correggere\nl\u0027eventuale sproporzione dei minimi edittali stabiliti dal\nlegislatore rispetto a un fatto il cui disvalore sia conforme a\nquello che ordinariamente caratterizza la fattispecie criminosa»\n(sentenza n. 63 del 2022). \n\n \n P.Q.M. \n \n visto l\u0027art. 23 della legge n. 87/1953; \n dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 27 della\nCostituzione, dell\u0027art. 74, commi 1° e 4°, decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309/1990 (Testo unico delle leggi in materia di\ndisciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,\ncura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella\nparte in cui, con specifico riferimento alla pena prevista dall\u0027art.\n74, comma 4°, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,\nper il «capo-promotore» di un\u0027associazione finalizzata al\nnarcotraffico avente disponibilita\u0027 di armi e con un numero di\nassociati superiore a dieci, prevede la pena fissa di 24 anni di\nreclusione. \n Dispone la sospensione del processo e l\u0027immediata trasmissione\ndegli atti alla Corte costituzionale. \n Dispone, altresi\u0027, che la presente ordinanza sia notificata al\nsig. Presidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 comunicata al\nsig. Presidente del Senato ed al sig. Presidente della Camera dei\ndeputati. \n Manda alla cancelleria per gli adempimenti. \n Lecce, 29 gennaio 2025 \n \n La Presidente: Liuni \n \n \n Il consigliere estensore: Cacucci","elencoNorme":[{"id":"62396","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della Repubblica","data_legge":"09/10/1990","data_nir":"1990-10-09","numero_legge":"309","descrizionenesso":"","legge_articolo":"74","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.Presidente.della.Repubblica:1990-10-09;309~art74"},{"id":"62397","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della Repubblica","data_legge":"09/10/1990","data_nir":"1990-10-09","numero_legge":"309","descrizionenesso":"","legge_articolo":"74","specificaz_art":"","comma":"4","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.Presidente.della.Repubblica:1990-10-09;309~art74"}],"elencoParametri":[{"id":"79061","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79062","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54578","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Unione Camere Penali italiane","data_costit_part":"29/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"AC","descrizione_tipologia_parte":"","sigla_parte":""},{"id":"54577","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Amato Vincenzo","data_costit_part":"28/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}" ] ] |