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\n      Fiorentin Fabio, Relatore; \n      Valle Alberto, Giudice. \n    In data 21 maggio 2025 ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul\nricorso  n.  229/2024  depositato  il  22  giugno  2024  proposto  da\nAcciaierie Di Verona S.p.a. - 02830390304. \n    Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona\u0027 -\nDNOGRL70S08Z103G   - Wilma   Viscardini   -    VSCWLM34P50F994F    ed\nelettivamente                   domiciliato                    presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed\nelettivamente                   domiciliato                    presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita\u0027   garante   della\nconcorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n    Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n      Ruolo n.  2024/000710  Contributo  AGCM  2023  sul  ricorso  n.\n230/2024 depositato il 22  giugno  2024  proposto  da  Ferriere  Nord\nS.p.a. - 00163780307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B\n-   Gabriele   Dona\u0027   -   DNOGRL70S08Z103G    - Wilma    Viscardini \nVSCWLM34P50F994F     ed     elettivamente     domiciliato      presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed\nelettivamente                   domiciliato                    presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it   Autorita\u0027  garante   della\nconcorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato\npresso ads.ts@mail.cert.avvocaturastato.it \n    Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n      Ruolo  n.  2024/000710 contributo  AGCM  2023  sul  ricorso  n.\n231/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Siderpotenza S.p.a.\n- 02967560307  -  Difeso  da  Barbara  Comparini  -  CMPBBR70D47G224B\n- Gabriele     Dona\u0027     DNOGRL70S08Z103G     - Wilma     Viscardini \nVSCWLM34P50F994F     ed     elettivamente     domiciliato      presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed\nelettivamente                   domiciliato                    presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita\u0027   garante   della\nconcorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n    Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n      ruolo  n.  2024/000710  contributoAGCM  2023  sul  ricorso   n.\n232/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da S.i.a.t.-  Societa\u0027\nitaliana Acciai Trafilati S.p.a. - 00166750307 -  Difeso  da  Barbara\nComparini - CMPBBR70D47G224B  -  Gabriele  Dona\u0027  DNOGRL70S08Z103G  -\nWilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed\nelettivamente                   domiciliato                    presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita\u0027   garante   della\nconcorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n    Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n      ruolo  n.  2024/000710 contributo  AGCM  2023  a   seguito   di\ndiscussione in pubblica udienza; \n \n                     Elmenti in fatto e diritto \n \n    1. Con ricorso iscritto al RGR n. 229/2024  dell\u0027intestata  Corte\ndi Giustizia Tributaria di I° grado di Udine, la societa\u0027  Acciaierie\ndi Verona S.p.A. (C.F. 02830390304), con sede legale in  Osoppo  (UD)\nZona Industriale Rivoli - in persona del  legale  rappresentante,  ut\nsupra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso avverso la cartella\ndi pagamento n. 11520240011262903000 emessa da Agenzia delle  entrate\n- Riscossione, Agente della riscossione-prov. di  Udine  su  incarico\ndell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e del mercato, notificata il\n26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2024/000710, reso  esecutivo\nil 15  dicembre  2023,  relativo  alla  richiesta  di  pagamento  del\ncontributo previsto dall\u0027art. 5-bis della legge n. 27/2012  a  titolo\ndi oneri di funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza  e\ndel  mercato,  posto  a   carico   di   imprese   aventi   specifiche\ncaratteristiche giuridiche e determinati volumi di  ricavi,  relativo\nall\u0027anno 2023. \n    2. La societa\u0027 ricorrente ritiene illegittimo  il  contributo  de\nquo,  poiche\u0027  la  relativa  disciplina  introduce   una   immotivata\ndiscriminazione  tra  operatori  economici  che  si  trovano  in  una\nmedesima situazione di  diritto  e  di  fatto  e  mira,  altresi\u0027,  a\nfinanziare l\u0027insieme delle funzioni dell\u0027AGCM,  comprese  quelle  che\nnon riguardano e  non  possono  riguardare  le  imprese  gravate  dal\ntributo.  Chiede,  su  tali  premesse,  l\u0027annullamento   degli   atti\nimpositivi impugnati con vittoria di spese  e  competenze  di  causa,\nprevio rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai  sensi\ndell\u0027art. 267 TFUE. \n    3. Si e\u0027 costituito in giudizio  l\u0027Agente  della  Riscossione  di\nUdine, con richiesta di dichiarare il suo difetto  di  legittimazione\npassiva   essendo   le   contestazioni   mosse    dalla    ricorrente\nesclusivamente afferenti al merito della  pretesa  impositiva  e  non\nessendo stata sollevata alcuna eccezione relativa  a  vizi  attinenti\nalla regolarita\u0027 formale della cartella o della  notificazione  della\nstessa. \n    4.  Nessuno  si  e\u0027  costituito  per  l\u0027Autorita\u0027  garante  della\nconcorrenza e del mercato. \n    5. Con memoria del 9 maggio 2025, i difensori hanno richiesto  la\nriunione al presente procedimento dei procedimenti  iscritti  ai  nn.\nRGR 230/2024 a seguito di ricorso notificato in data 27  maggio  2024\ndalla societa\u0027 Ferriere Nord S.p.a. avverso la cartella di  pagamento\nn.  11520240011115315000 notificata il 26 marzo  2024  e  sottostante\nruolo), n. RGR 231/2024 iscritto su ricorso presentato il  27  maggio\n2024  dalla  societa\u0027  Siderpotenza  S.p.a.  contro  la  cartella  di\npagamento n. 11520240011297267000  notificata  il  26  marzo  2024  e\nsottostante ruolo n. 2024/000710 e n. RGR 232/2024 iscritto a seguito\ndi ricorso notificato in data 29 giugno 2023 dalla societa\u0027  S.I.A.T.\nSocieta\u0027  Italiana  Acciai  Trafilati  S.p.a.  nei  confronti   della\ncartella di pagamento n. 11520240011116022000 notificata il 26  marzo\n2024 e del sottostante ruolo n. 2023/001014, per la loro  trattazione\ncongiunta ai sensi dell\u0027art. 29,  comma  1,  decreto  legislativo  n.\n546/92. Le difese chiedono, per tutti i ricorsi  sopra  indicati,  in\nvia preliminare che questa Corte disponga rinvio  pregiudiziale  alla\nCGUE ai sensi dell\u0027art. 267 TFUE e, nel merito, l\u0027annullamento  degli\natti impugnati, sulla base delle medesime considerazioni ed  elementi\ndi fatto e di diritto gia\u0027 veicolati con il ricorso  iscritto  al  n.\nRGR 229/2024. \n    6. Non essendosi raggiunta una composizione conciliazione tra  le\nparti e previa riunione al presente procedimento di  quelli  iscritti\nai nn. RGR 230/2024, 231/2024 e 232/2024  per  connessione  oggettiva\nimpropria, essendo stati, per  tutti  i  detti  ricorsi,  proposti  i\nmedesimi motivi di impugnazione ed essendo pertanto opportuno dare ai\nmedesimi una soluzione decisionale unitaria, cosi\u0027 evitando possibili\ncontraddizioni e incongruenze  nell\u0027indirizzo  giurisprudenziale,  si\nprocedeva  alla  trattazione  unitaria  dei  sopra  indicati  ricorsi\nriuniti alla pubblica udienza del 21 maggio 2025  e,  sulle  ribadite\nconclusioni e deduzioni delle parti, la Corte riservava la decisione. \n \n                               Motivi \n \n    1. Le ricorrenti non censurano la conformita\u0027 formale alla  legge\nitaliana della pretesa impositiva di AGCM e  dell\u0027operato  dell\u0027ADER,\nma contestano,  bensi\u0027,  la  legittimita\u0027  della  disciplina  di  cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287, aggiunti dall\u0027art.  5-bis,  comma  1,  del  decreto-legge  24\ngennaio 2012, n. 1, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  24\nmarzo 2012, n. 27 sotto  il  profilo  del  dedotto  contrasto  con  i\nprincipi costituzionali e unionali, sotto articolati profili. \n    2. La ricorrente osserva preliminarmente che, se e\u0027 pur vero  che\nla legittimita\u0027 della disciplina del contributo in questione e\u0027 stata\naffermata dalla Corte costituzionale in relazione agli artt. 3  e  53\nCost. con la sentenza n. 269/2017, depositata il  14  dicembre  2017,\nche ha riconosciuto la natura tributaria del  «contributo»  previsto,\nessa poggia su argomentazioni meritevoli di rivisitazione, laddove la\nConsulta afferma  che:  «le  spese  di  funzionamento  dell\u0027autorita\u0027\npreposta al corretto funzionamento del mercato gravano sulle  imprese\ncaratterizzate  da  una  presenza  significativa   nei   mercati   di\nriferimento e dotate di  considerevole  capacita\u0027  di  incidenza  sui\nmovimenti delle relative attivita\u0027 economiche», potendosi configurare\nfattualmente l\u0027ipotesi di imprese che, pur rimanendo «sotto  soglia»,\nabbiano una presenza  significativa  nel  mercato  di  riferimento  e\npurtuttavia non sono assoggettate al pagamento del contributo. \n    3. In secondo luogo, non corrisponderebbe - secondo le ricorrenti\n- al dato statistico ed esperienziale che l\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM,  si\nconcentri soprattutto nei confronti delle imprese «sopra soglia» come\ndimostrerebbero  le  rilevazioni  statistiche,  che  dimostrano   una\nsostanziale  equivalenza  dal  punto  di   vista   degli   interventi\ndell\u0027Autorita\u0027 tra imprese «sotto» e «sopra soglia»  (le  rilevazioni\nprodotte dalle ricorrenti riportano che, negli anni 2018-2023, su 272\nimprese coinvolte, 136, cioe\u0027 la meta\u0027, erano «sotto soglia»)  e  nel\n2023 (l\u0027annualita\u0027 cui si riferiscono i  ruoli  oggi  impugnati),  le\nsocieta\u0027 «sotto soglia» coinvolte  sono  state  piu\u0027  del  triplo  di\nquelle «sopra soglia». Neppure si potrebbe sostenere che  l\u0027attivita\u0027\ndi indagine  dell\u0027AGCM  sarebbe  statisticamente  piu\u0027  complessa  in\nrelazione alle imprese «sopra soglia». \n    Pertanto - rilevano ancora le ricorrenti - a differenza di quanto\nafferma la evocata pronuncia costituzionale  -  non  corrisponderebbe\nall\u0027id  quod  plerumque  accidit  che  le  imprese  «sopra   soglia»,\nassorbendo continuativamente e  quantitativamente  la  maggior  parte\ndelle  risorse  organizzative  e  di  indagine   dell\u0027AGCM,   possano\nconsiderarsi le destinatarie prevalenti  dell\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM  e\nquindi le maggiori responsabili della relativa spesa. \n    Cio\u0027  premesso,  poiche\u0027  le  societa\u0027  di  capitali  con  ricavi\ninferiori a  50  milioni  di  euro,  non  tenute  al  versamento  del\n«contributo», si troverebbero in una situazione di diritto e di fatto\ndel tutto analoga a quella  delle  imprese  di  capitali  con  ricavi\nsuperiori   a   tale   soglia,   ne   conseguirebbe   il    carattere\nirragionevolmente discriminatorio della misura fiscale de qua. \n    4. Appare, inoltre, emergere - ad avviso delle  ricorrenti  -  il\nprofilo del contrasto della normativa interna  qui  rilevante  con  i\nprincipi unionali e su tale profilo si concentrano in  particolare  i\nrilievi veicolati nei ricorsi, con i quali, al fine di contrastare la\npretesa impositiva, le  ricorrenti  chiedono  in  via  preliminare  a\nquesta Corte di interporre rinvio pregiudiziale alla  CGUE  ai  sensi\ndell\u0027art. 267 TFUE al fine di accertare la  compatibilita\u0027  dell\u0027art.\n5-bis della legge n. 27/2012 con i principi europei  della  normativa\nitaliana che disciplina il contributo con le disposizioni comunitarie\nsotto il profilo del contrasto con i principi generali  e  i  diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea  (eguaglianza  davanti  alla  legge,\ndivieto di discriminazione, tutela del patrimonio,  proporzionalita\u0027,\npresunzione di innocenza) per la  discriminazione  che  la  normativa\nitaliana genera  tra  operatori  economici  che  si  trovano  in  una\nsituazione di diritto e di fatto omogenea e perche\u0027 mira a finanziare\nl\u0027insieme  delle  funzioni  dell\u0027AGCM,  comprese   quelle   che   non\nriguardano le imprese gravate dal tributo. In questa prospettiva,  le\nricorrenti ricordano che il giudice comune  ben  puo\u0027  promuovere  il\nrinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE anche se su questioni  analoghe\nsi sia pronunciata la Corte  costituzionale  nazionale  (CGUE,  sent.\n«Global Starnet» del 20 dicembre 2017). \n    5. Sotto il profilo della dedotta  illegittimita\u0027  convenzionale,\nle  ricorrenti  assumono,  che  il  «contributo»   de   quo   sarebbe\ndiscriminatorio e, dunque,  in  contrasto  con  la  direttiva  2019/1\n(direttiva ECN+) richiamata dalla stessa «Delibera AGCM 7 marzo 2023,\nn. 30499», con cui e\u0027 stato  quantificato  il  «Contributo  all\u0027onere\nderivante dal funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della  concorrenza\ne del mercato per  l\u0027anno  2023»,  la  quale  -  pur  non  vietandolo\nespressamente - non impone quale  misura  necessaria  che  gli  Stati\nmembri  traggano  le  risorse  per  il  funzionamento  dell\u0027Autorita\u0027\nantitrust dai contributi imposti alle imprese e, a  maggior  ragione,\nnon impone ma, anzi, vieta qualunque discriminazione tra  i  soggetti\nsui quali far gravare il detto onere. \n    Tale assunto sarebbe, in  particolare,  validato  altresi\u0027  dalla\ngiurisprudenza unionale, che, con una  recente  decisione  (Corte  di\ngiustizia UE 7  settembre  2023,  causa  C-226/22,  Nexive  Commerce,\nEU:C:2023:637)  ha  stabilito  la  legittimita\u0027   del   finanziamento\ndell\u0027AGCOM posto a carico di tutti gli  operatori  del  settore,  dal\nmomento che tutti beneficiano dell\u0027attivita\u0027 di  regolamentazione  di\ndetta  Autorita\u0027  e  che  l\u0027intensita\u0027   dell\u0027attivita\u0027   svolta   da\nun\u0027Autorita\u0027 di regolamentazione e monitoraggio non sia rilevante  ai\nfini del principio di non discriminazione. \n    6. Risulterebbe, inoltre, violato l\u0027obbligo  imposto  agli  Stati\nmembri dall\u0027art. 4, par.  3,  ultimo  comma,  TUE,  di  astenersi  da\nqualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo  la  realizzazione\ndegli  obiettivi  dell\u0027Unione.  Nella   fattispecie,   l\u0027art.   5-bis\ndella legge n. 27/2012 pregiudicherebbe l\u0027obiettivo  di  favorire  la\nlibera  concorrenza  tra  le  imprese,   cosi\u0027   producendo   effetti\ndistorsivi  sulla  concorrenza  e  sull\u0027esercizio  del   diritto   di\nstabilimento delle societa\u0027 europee  e  di  libera  circolazione  dei\ncapitali incidendo, altresi\u0027,  sul  buon  funzionamento  del  mercato\nunico. \n    Le ricorrenti assumono, precisamente, leso il principio di  leale\ncooperazione ai sensi dell\u0027art. 4 TUE, poiche\u0027 la normativa  italiana\nimpone di contribuire finanziariamente all\u0027attivita\u0027 di  un\u0027autorita\u0027\nstatale incaricata di  svolgere  indagini  e  comminare  sanzioni  di\nnatura sostanzialmente penale ai soggetti obbligati al versamento del\ncontributo che, tuttavia, risultano essere i soli obbligati  laddove,\nper le sopra ricordate caratteristiche, l\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM,  piu\u0027\nche a  beneficio  delle  imprese  controllate,  va  essenzialmente  a\nvantaggio dei consumatori, dunque dell\u0027intera collettivita\u0027. \n    Inoltre, affidare il finanziamento dell\u0027attivita\u0027 di controllo ai\nsoggetti controllandi  rischia  di  compromettere  la  neutralita\u0027  e\nl\u0027indipendenza dell\u0027Autorita\u0027 preposta ai controlli. \n    Con tale  misura,  quindi,  l\u0027Italia  avrebbe  violato  l\u0027obbligo\nimposto agli Stati membri dall\u0027art. 4, par. 3, TUE, di  astenersi  da\nqualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo  la  realizzazione\ndegli obiettivi dell\u0027Unione. \n    7. Le ricorrenti allegano, inoltre, il  contrasto  della  evocata\ndisciplina nazionale con il diritto di stabilimento  e  della  libera\ncircolazione dei capitali (artt. 49 e ss.  TFUE  e  artt.  63  e  ss.\nTFUE), in quanto dal «contributo» sono esentate le imprese  straniere\nche non hanno sede in Italia pur operanti nel  nostro  Paese  (e  che\ndunque potrebbero essere oggetto di indagini e  sanzionate  dall\u0027AGCM\nper eventuali loro  comportamenti  distorsivi  della  concorrenza)  e\npotrebbero essere dissuase (per non dover  versare  il  «contributo»)\ndallo stabilirsi in Italia. \n    8. Risulterebbe, infine,  violata  la  normativa  comunitaria  in\nmateria di aiuti di stato (art. 107 TFUE), nella  misura  in  cui  il\npagamento del «contributo» favorisce le imprese il cui fatturato  non\nsupera i 50 milioni, consentendo loro di ridurre i costi e quindi  di\nfare (piu\u0027 efficacemente) concorrenza sia alle  imprese  italiane  (e\nstraniere iscritte in detto Registro)  assoggettate  al  «contributo»\nche alle imprese con sede  in  altri  Stati  membri.  Le  misure  che\npossano costituire un  «aiuto  di  Stato»  devono,  tuttavia,  essere\nobbligatoriamente (e  preventivamente)  notificate  alla  Commissione\neuropea ex art. 108, par. 3, TFUE, affinche\u0027 questa possa valutare se\nesse  integrino  effettivamente  un  aiuto  di  Stato  e,   in   caso\naffermativo, se siano o meno incompatibili  con  il  mercato  comune.\nQualora l\u0027obbligo di notifica - come nella presente fattispecie - sia\nstato disatteso, la misura e\u0027 illegittima. \n    9. A fronte degli articolati rilievi  dedotti  dalle  ricorrenti,\nquesta Corte  ritiene  di  sollevare  d\u0027ufficio  dinanzi  alla  Corte\ncostituzionale la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  delle\ndisposizioni interne qui in rilievo  e,  precisamente,  dell\u0027articolo\n10, commi 7-ter e 7-quater, della  legge  10  ottobre  1990,  n.  287\n(Norme per la tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),  aggiunti\ndall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24  gennaio  2012,  n.  1\n(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per contrasto con gli  articoli  3,\n53, 1° e 2° comma e 117 della Costituzione, quest\u0027ultimo in relazione\nal diritto dell\u0027Unione, con riferimento in particolare  al  principio\ngenerale di non  discriminazione;  alla  direttiva  (UE)  2019/1  del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018  (specie  il\nsuo «considerando» n. 8 e l\u0027art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e  103\nTFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del  Consiglio  del  16  dicembre\n2002 concernente l\u0027applicazione delle regole di  concorrenza  di  cui\nagli artt. 81 e 82 del Trattato  CE  (ora  artt.  101  e  102  TFUE),\nall\u0027art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par.  1  della  Carta  dei\ndiritti fondamentali dell\u0027Unione europea, nella  parte  in  cui,  per\nassicurare il funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della  concorrenza\ne del  mercato,  vengono  applicati  contributi  a  carico  dei  soli\nimprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro. \n    10. Preliminarmente, sotto il profilo dell\u0027ammissibilita\u0027, nessun\ndubbio sembra porsi in rapporto alla natura tributaria del contributo\nde quo e alla conseguente giurisdizione di questo giudice alla  luce,\nper un verso, del principio  della  generalita\u0027  della  giurisdizione\ntributaria, affermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite  della\nCorte di cassazione (ex multis, Sez. Un.  Sent.  3  maggio  2016,  n.\n8870), secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende\na tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di  ogni  genere  e\nspecie e ha  carattere  pieno  ed  esclusivo,  includendo,  oltre  ai\ngiudizi sull\u0027impugnazione del provvedimento impositivo, anche  quelli\nrelativi alla legittimita\u0027 di tutti gli atti del procedimento e,  per\nl\u0027altro verso, tenuto conto  dell\u0027elaborazione  della  giurisprudenza\ncostituzionale  su  analoghe   contribuzioni   di   altra   autorita\u0027\nindipendente (Corte cost., sentenza n. 256 del  2007  e  n.  269  del\n2017). \n    In particolare con la sentenza n. 256/2007 il giudice delle leggi\nsi e\u0027 espresso in  merito  al  contributo  dovuto  per  le  spese  di\nfunzionamento dell\u0027Autorita\u0027 per la  vigilanza  sui  lavori  pubblici\nqualificandolo di indubbia natura  tributaria  per  il  carattere  di\nobbligatorieta\u0027 e generalita\u0027,  esprimendo  un  principio  pianamente\nestendibile alla materia che involge la disciplina dell\u0027AGCM, essendo\nil sistema di finanziamento dell\u0027Autorita\u0027 per la concorrenza  ed  il\nmercato del tutto analogo a  quello  ora  indicato,  anche  sotto  il\nprofilo degli analoghi contributi richiesti agli operatori  economici\nche superino una certa entita\u0027 di fatturato. \n    Per tali motivi, appare sussistente  il  necessario  collegamento\ntra la ravvisata natura tributaria della prestazione imposta in  base\nalle disposizioni, sopra precisamente evocate, e la giurisdizione  di\nquesto giudice, che costituisce dunque il  «giudice  naturale»  (art.\n102 Cost.) della materia in esame, tenuto conto del  principio  ormai\nconsolidato nella giurisprudenza di legittimita\u0027 (Sez.  Un.  n.  6315\ndel 2009 e n. 11082 del 2010) secondo il quale la  giurisdizione  del\ngiudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall\u0027art. 12,\ncomma secondo, della legge  28  dicembre  2001,  n.  448  all\u0027art.  2\ndecreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere  pieno  ed\nesclusivo, estendendosi non solo all\u0027impugnazione  del  provvedimento\nimpositivo,  ma  anche  alla  legittimita\u0027  di  tutti  gli  atti  del\nprocedimento, ivi compresi gli ordini  di  verifica,  a  seguito  dei\nquali l\u0027attivita\u0027 di accertamento inizia. \n    Nel caso di specie, pertanto, non puo\u0027 essere dunque revocata  in\ndubbio la  giurisdizione  tributaria  alla  luce  della  elaborazione\ncostituzionale (Corte cost., sent. n. 64 del 2008) per  cui  sussiste\nun nesso di inscindibilita\u0027 tra giurisdizione tributaria e la materia\ntributaria la cui violazione darebbe luogo alla violazione  dell\u0027art.\n102, secondo comma, della Costituzione (Corte cost., ord. n. 395  del\n2007, n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). Tale  ricostruzione  e\u0027\nstata,  peraltro,  confermata  dalle  piu\u0027  recenti  pronunce   della\ngiurisprudenza di vertice (Sez. Un., ord. n.10577 del 4 giugno 2020). \n    11. Ancora sotto il profilo dell\u0027ammissibilita\u0027/pregiudizialita\u0027,\nquesta Corte ritiene percorribile in via  prioritaria  l\u0027investimento\ndella Corte costituzionale rispetto al rinvio  pregiudiziale  ex  art\n267 TFUE prospettato dalle parti ricorrenti, alla luce  dei  principi\naffermati con le sentenze nn. 269 del 2017 e 63 del 2019 con  cui  la\nConsulta ha fornito alcune importanti  precisazioni  in  merito  alle\nipotesi di doppia pregiudizialita\u0027, ovvero, alle controversie  che  -\ncome nel caso che qui occupa - possono  dare  luogo  a  questioni  di\nillegittimita\u0027 costituzionale  e,  simultaneamente,  a  questioni  di\ncompatibilita\u0027 con il diritto dell\u0027Unione. \n    In tali evocati arresti e, in particolare, nella pronuncia n. 269\ndel 2017, la Corte ha statuito «che, laddove una legge sia oggetto di\ndubbi di illegittimita\u0027 tanto  in  riferimento  ai  diritti  protetti\ndalla Costituzione italiana, quanto in relazione a  quelli  garantiti\ndalla Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea in ambito di\nrilevanza  comunitaria,  debba  essere  sollevata  la  questione   di\nlegittimita\u0027  costituzionale,  fatto  salvo  il  ricorso  al   rinvio\npregiudiziale per le questioni di interpretazione  o  di  invalidita\u0027\ndel diritto dell\u0027Unione, ai sensi dell\u0027art. 267 del TFUE». \n    Tale principio, affermato dal Giudice delle  leggi  con  riguardo\nalla CDFUE, pare estensibile a tutti i casi in cui si  pongono  delle\nquestioni che attengono alla tutela dei diritti costituzionali, anche\ncon riguardo a fonti unionali diverse da quella  da  ultimo  evocata,\ncome nel caso in  cui  vengano  in  considerazione  il  rispetto  dei\nTrattati - come il TFUE -, di un regolamento  comunitario  o  di  una\ndirettiva, quando risulti il rango costituzionale della  questione  e\ndei diritti in gioco e - come nella fattispecie -  la  non  immediata\napplicabilita\u0027 del diritto europeo. Nel caso in esame,  infatti,  non\nsi  rinviene  una  disposizione  di  matrice  unionale   direttamente\napplicabile bensi\u0027 si prospetta  una  contrarieta\u0027  della  disciplina\ninterna ai principi sanciti dalle  fonti  extranazionali  (oltre  che\ndalla Carta fondamentale), come meglio si dira\u0027 piu\u0027 oltre. \n    12. Cio\u0027 premesso, questa Corte osserva, in punto rilevanza della\nquestione di  costituzionalita\u0027,  che  necessariamente  ai  fini  del\npresente giudizio occorre fare applicazione della disciplina  di  cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287 (Norme  per  la  tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),\naggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,\nn. 1 (Disposizioni urgenti per  la  concorrenza,  lo  sviluppo  delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal momento che i ricorsi in  esame\ncontestano  in  radice  la  legittimita\u0027  della  pretesa   impositiva\nazionata sulla base dell\u0027evocato  contesto  normativo,  del  quale  -\nstante l\u0027inequivocabile disposto letterale - non e\u0027 possibile fornire\nuna lettura costituzionalmente e convenzionalmente compatibile. \n    Non e\u0027 parimenti attuabile  alcun  forma  di  lettura  in  chiave\ndisapplicativa delle disposizioni  interne  sulla  base  del  diritto\nunionale, poiche\u0027 nella fattispecie - come si e\u0027 gia\u0027 rilevato -  non\nvi  e\u0027  una  disposizione  specifica  di  fonte  europea  che   possa\napplicarsi  direttamente   alla   fattispecie   dedotta,   vertendosi\npiuttosto, nella diversa situazione della  lamentata  difformita\u0027  di\nuna  disciplina  interna  rispetto  (anche)  a  principi  di  matrice\neurounitaria non direttamente applicabili dal giudice nazionale. \n    13. In punto  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione,\nquesta Corte dubita della costituzionalita\u0027 delle disposizioni di cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287 (Norme  per  la  tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),\naggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,\nn. 1 (Disposizioni urgenti per  la  concorrenza,  lo  sviluppo  delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n.27, nella parte in cui,  per  assicurare\nil funzionamento  dell\u0027Autorita\u0027  garante  della  concorrenza  e  del\nmercato, vengono applicati contributi a carico dei soli  imprenditori\ncon fatturato superiore a 50 milioni di  euro,  sotto  i  profili  di\nseguito dedotti. \n    14. Contrasto con il principio di  capacita\u0027  contributiva  (art.\n53,  commi  1  e  2,  Cost.):  secondo  la  disciplina  dubitata   di\nincostituzionalita\u0027,  invero,  a  contribuire  alle  spese   per   il\nfunzionamento dell\u0027AGCM sono chiamate le sole societa\u0027 di capitali  e\nnon i cittadini e le pubbliche amministrazioni, che pure svolgono  la\nloro attivita\u0027 con efficacia diretta o indiretta sul mercato  creando\no eliminando distorsioni alla  concorrenza.  Oltre  alla  limitazione\ndella platea dei contribuenti alle  sole  societa\u0027  di  capitali,  la\ndisciplina  contestata  pone  un\u0027ulteriore   distinzione,   derivante\ndall\u0027assoggettamento al contributo de quo di una percentuale  ridotta\ndi tali imprese, quella cioe\u0027 con volume di  affari  superiore  a  50\nmilioni di euro. \n    Sotto tale profilo, la disciplina in esame  appare  in  contrasto\ncon l\u0027indicato principio costituzionale, tenuto conto che il criterio\nadottato per identificare la platea  dei  contribuenti  non  coincide\nnecessariamente con la redditivita\u0027 di  un\u0027impresa,  ben  potendo,  a\nparita\u0027 di fatturato, essere ben  diversi  i  profitti  e  quindi  la\nredditivita\u0027 fra imprese operanti in settori diversi. \n    Ne\u0027 puo\u0027 escludersi  che  ad  un  elevato  fatturato  faccia  poi\nriscontro un saldo negativo del conto economico, che potrebbe  quindi\nchiudere in perdita. La detta disciplina, pertanto, si allontana  dal\nprincipio della capacita\u0027 contributiva  per  correlate  al  parametro\ndella redditivita\u0027 dell\u0027impresa contribuente i costi fiscali  che  la\nstessa viene chiamata a sostenere. \n    La strutturazione del contributo, inoltre,  appare  in  contrasto\ncon il principio di progressivita\u0027 sopra evocato in quanto i soggetti\ncon maggiore capacita\u0027 contributiva  possono  in  concreto  risultare\ndestinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori  di\nquelli gravanti sui contribuenti con minore  capacita\u0027  contributiva,\nstante la previsione per cui il massimo importo di  detto  contributo\nnon puo\u0027 essere superiore a cento volte la misura  minima  pari  allo\n0,08 per mille del fatturato  (successivamente  ridotto  allo  0,059)\nrisultante dall\u0027ultimo bilancio. \n    Alla luce della vista strutturazione del contributo, puo\u0027  dunque\naccadere che esso non venga applicato in  termini  di  progressivita\u0027\nsecondo la diversa capacita\u0027 contributiva delle imprese ma in  misura\nproporzionale (e solo al di sopra della indicata soglia di fatturato)\nsenza tener conto delle piu\u0027 elevate capacita\u0027 contributive  per  poi\ndivenire regressivo una volta raggiunta una certa soglia. \n    La Corte rimettente e\u0027 ben consapevole che tale profilo  e\u0027  gia\u0027\nstato vagliato e disatteso dal Giudice delle  leggi,  in  particolare\ncon la gia\u0027 evocata pronuncia n. 269 del 2017. \n    Tuttavia,  in  quell\u0027occasione  la  Consulta  aveva  ritenuto  la\ndenunziata previsione normativa conforme al parametro di cui all\u0027art.\n3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza  della  scelta  operata\ndal  legislatore  rilevando  che  «l\u0027assenza  di  progressione  e  la\npresenza di un tetto massimo alla contribuzione sono coerenti con  la\nfinalita\u0027 ultima del tributo in  questione,  che  non  e\u0027  quella  di\nintrodurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di  far\nconcorrere   al   finanziamento   dell\u0027Autorita\u0027   i   soggetti   cui\nprincipalmente si rivolge l\u0027attivita\u0027 di garanzia  della  stessa.  Un\ntale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze  equitative:\nquella di contenere il carico economico posto a  carico  del  singolo\noperatore  e  quella  di  evitare  che   alcuni   operatori   possano\ntrasformarsi  in  «super-finanziatori»  dell\u0027Autorita\u0027,  finendo  per\ncomprometterne di fatto l\u0027indipendenza». \n    Tale conclusione, fondata sull\u0027assunto che l\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM\nsi rivolga principalmente nei confronti delle imprese con il maggiore\nfatturato (c.d. «sopra soglia») appare nell\u0027attualita\u0027 revocabile  in\ndubbio sulla base di dati  oggettivi,  desumibili  dalle  rilevazioni\nstatistiche che  si  illustreranno  con  riferimento  al  rilievo  di\ncostituzionalita\u0027 agganciato al parametro di cui all\u0027art. 3 Cost. \n    Per tale ragione, questa Corte ritiene di riproporre i  dubbi  di\ncostituzionalita\u0027 che gia\u0027 erano stati  esaminati,  alla  luce  della\nconsiderazione del (ritenuto)  venir  meno  della  premessa  fattuale\nsulla cui base essi erano stati disattesi dal Giudice delle leggi. \n    15. Contrasto con l\u0027articolo 3, Cost.:  le  considerazioni  sopra\nsvolte  inducono  a  ritenere,   altresi\u0027,   violato   il   parametro\ncostituzionale di cui all\u0027articolo 3 Cost.,  sotto  i  profili  della\nragionevolezza della scelta legislativa,  della  proporzionalita\u0027  ed\neguaglianza del trattamento fiscale adottato. \n    Pur ammettendosi, infatti, che il legislatore possa  diversamente\nmodulare l\u0027imposizione fiscale fra diverse aree economiche o  diverse\ntipologie   di   contribuenti,   pur    tuttavia    ogni    eventuale\ndiversificazione del regime fiscale  per  tipologia  di  contribuenti\ndeve essere sorretta da adeguate  giustificazioni  in  assenza  delle\nquali la  differenziazione  degenera  in  arbitraria  discriminazione\n(Corte cost., sent. n. 10/2015). \n    La giurisprudenza costituzionale ha,  invero,  affermato  che  le\ndifferenziazioni  impositive  devono  essere  ancorate  ad   adeguata\ngiustificazione  oggettiva  la  quale  deve   essere   coerentemente,\nproporzionalmente  e   ragionevolmente   tradotta   nella   struttura\ndell\u0027imposta (Corte cost., sentenza n. 142 del 2014). \n    Sotto tali profili, la disciplina di cui all\u0027art. 10, commi 7-ter\ne 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n.  287,  in  esame,  appare\nfrutto  di  una  scelta  legislativa  non  sorretta  da   un\u0027adeguata\ngiustificazione sia nella parte in cui  prevede  un\u0027esenzione  totale\nper i contribuenti «sotto soglia» (con il  risultato  che  un\u0027impresa\ncon  49.999.999  euro  di  fatturato  non  paga  nulla,  mentre   una\ncontribuente con 50.000.001 euro  di  fatturato  e\u0027  assoggettata  al\ncontributo), sia in quella  ove  stabilisce  che  l\u0027imprenditore  con\nfatturato di oltre cento volte superiore al minimo  previsto  per  la\ntassabilita\u0027 sia tenuto a versare un contributo di importo  meno  che\nproporzionale a tale indice di capacita\u0027 contributiva. \n    Non potrebbe neppure ritenersi che la disciplina qui dubitata  di\nincostituzionalita\u0027  e\u0027  orientata   ad   addossare   le   spese   di\nfunzionamento di AGCM alle imprese  caratterizzate  da  una  presenza\nimportante nei mercati  di  riferimento  e  dotate  di  considerevole\ncapacita\u0027  di  incidere  sui  movimenti  delle   relative   attivita\u0027\neconomiche, sull\u0027assunto che il riferimento ad una determinata soglia\ndi fatturato non sia inteso a identificare  una  specifica  capacita\u0027\ncontributiva, bensi\u0027 a selezionare quei soggetti nei  cui  confronti,\nsecondo l\u0027id quod plerumque accidit, si esercita il maggiore  impegno\ndi controllo dell\u0027Autorita\u0027 di garanzia. \n    E\u0027, infatti, agevole ipotizzare una  situazione  di  mercati  nei\nquali  il  prodotto  (o  servizio)   rilevante   ha   un   costo   di\nproduzione/prezzo di  vendita  talmente  basso  per  cui  le  imprese\ninteressate non potranno mai conseguire fatturati «sopra soglia», pur\nrivestendo una presenza significativa nel mercato di  riferimento  ed\nassumendo una capacita\u0027 di incidenza sullo stesso  con  comportamenti\nanticoncorrenziali vietati dalla normativa comunitaria  e  nazionale,\ncosi\u0027 come puo\u0027 ipotizzarsi che, in un determinato  anno,  un\u0027impresa\nscenda temporaneamente «sotto  soglia»,  seguendo  le  dinamiche  del\nmercato, senza per questo perdere la propria posizione sul mercato. \n    Nella disciplina  qui  censurata  deve,  inoltre,  rinvenirsi  un\nprofilo di  discriminazione  tra  le  societa\u0027  italiane  con  ricavi\nsuperiori a 50 milioni di euro iscritte  al  registro  delle  imprese\ntenuto dalle Camere di commercio  italiane  e  tutte  quelle  imprese\nstraniere che non hanno  una  rappresentanza  stabile  in  Italia  ma\nesercitano attivita\u0027 di impresa  nel  nostro  Paese,  usufruendo  dei\nservizi  di  vigilanza  e  di  regolamentazione  resi   dalla   AGCM.\nConsiderata  l\u0027omogeneita\u0027  della  situazione  di  fatto   presa   in\nconsiderazione della  legge  ai  fini  dell\u0027imposizione  fiscale,  la\nlimitazione della platea dei soggetti passivi chiamati al  versamento\ndel contributo, limitato alle sole societa\u0027 di capitali residenti  in\nItalia a fini fiscali e i cui ricavi superano la soglia di 50 milioni\ndi euro di fatturato, materializza  un\u0027ingiustificata  disparita\u0027  di\ntrattamento    fondata    unicamente     sulla     nazionalita\u0027     o\nsull\u0027organizzazione societaria del  contribuente:  il  contributo  de\nquo,  infatti,  non  grava  sulle  societa\u0027  di  capitali   che   non\nraggiungono i 50 milioni di euro di ricavi  e  sui  soggetti  diversi\ndalle societa\u0027 di capitali (a prescindere dai loro ricavati), ne\u0027  su\nimprese straniere non iscritte in Italia anche  se  operano  comunque\nsul mercato italiano. \n    15.1. Questa Corte e\u0027 ben consapevole che il Giudice delle leggi,\ncon la gia\u0027 ricordata sentenza n.  269  del  2017,  ha  ritenuto  non\nfondate le questioni di costituzionalita\u0027 dedotte in  relazione  agli\nartt. 3 e  53  Cost.  ritenendo  che  «10.1.  .  non  puo\u0027  ritenersi\ncostituzionalmente illegittima la scelta del legislatore  di  imporre\nla contribuzione in esame esclusivamente a carico delle  imprese  che\nsi contraddistinguono per una  presenza  significativa  sui  mercati,\nperche\u0027 dotate di una particolare struttura e perche\u0027  caratterizzate\nda una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base\nall\u0027id  quod  plerumque  accidit,  sono  le  destinatarie  prevalenti\ndell\u0027attivita\u0027  dell\u0027Autorita\u0027  medesima  e,  quindi,   le   maggiori\nresponsabili della relativa spesa . Non inficia l\u0027opzione legislativa\nneppure  il  fatto  che  l\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM  possa   indirizzarsi\ntalvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli\nimprenditori cosiddetti sotto-soglia, le  pubbliche  amministrazioni,\nle imprese senza  stabile  organizzazione  in  Italia  o  gli  stessi\nconsumatori. Sul piano dell\u0027effettivita\u0027,  l\u0027Autorita\u0027  antritust  e\u0027\nprevalentemente   impegnata   dalle   attivita\u0027   economiche    degli\nimprenditori di medie e grandi dimensione e cio\u0027 basta  ad  escludere\nla manifesta irragionevolezza della normativa in esame.  «Ed  ancora:\n«10.2. - Neppure irragionevole e\u0027  la  scelta  di  riferirsi  ad  una\ndeterminata  dimensione  del  fatturato  (50  milioni  di  euro)  per\ndelimitare   la   platea   degli   imprenditori    assoggettati    al\ncontributo.... Il tributo in esame, infatti... intende ripartire  gli\noneri economici relativi alla prestazione di un servizio pubblico (la\ntutela della concorrenza  e  il  funzionamento  del  mercato)  fra  i\nsoggetti che giustificano l\u0027esistenza di un\u0027autorita\u0027  garante  della\nconcorrenza  e  che  nei  fatti   maggiormente   impegnano   la   sua\nattivita\u0027.». \n    15.2.  Questo  giudice  rimettente  prospetta,  tuttavia,  alcune\nconsiderazioni che potrebbero indurre la Corte adita a rimeditare  la\ndecisione  adottata  alla  luce  della  ravvisata  difformita\u0027  della\nsituazione dell\u0027id quod plerumque accidit  rispetto  a  quanto  posto\nalla base della pronuncia n. 269/2017, desumibile  dalle  rilevazioni\nstatistiche ufficiali riferite agli anni di attivita\u0027 dell\u0027AGCM. \n    Infatti, come risulta  dalle  statistiche  relative  alla  prassi\ndecisionale dell\u0027AGCM, reperibili agevolmente sul sito  ufficiale  di\ntale                                                        Autorita\u0027\nwww.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/sanzioni, la\nvigilanza dell\u0027AGCM si produce in maniera sostanzialmente equivalente\ntra le imprese «sotto soglia» e «sopra soglia».  Precisamente,  negli\nanni  2012-2014,  dei  66  procedimenti  chiusi   con   provvedimento\nsanzionatorio dall\u0027AGCM, 17 riguardavano  societa\u0027  di  capitali  con\nricavi inferiori a  50  milioni  (ma  uno  di  questi  riguardava  un\nprocedimento collettivo che aveva riguardato 20  societa\u0027  tutte  con\nfatturati inferiori a 50 milioni; nel biennio 2016-2017, risulta che,\nsu 121 imprese controllate, 65  erano  «sotto  soglia»  e  56  «sopra\nsoglia». Anche con riferimento agli anni 2018-2023 emerge  un  quadro\nanalogo, che vede un totale di 272  imprese  verificate  di  cui  136\n«sotto soglia» e un pari numero «sopra soglia». \n    Se, dunque, i dati statistici  riflettono  una  realta\u0027  fattuale\nnella quale i destinatari dell\u0027attivita\u0027 di AGCM sono  costituiti  da\nimprese  «sopra»  e  «sotto   soglia»   in   numero   sostanzialmente\nequivalente, appare per contro problematico fondare su dati di  fatto\noggettivi l\u0027affermazione per cui l\u0027attivita\u0027  di  indagine  dell\u0027AGCM\nsia piu\u0027 complessa e dispendiosa in relazione agli  accertamenti  nei\nconfronti delle imprese «sopra soglia». \n    Non  sono,  infatti,  rinvenibili  elementi   empirici   o   dati\nesperienziali dai  quali  desumere,  come  regola  generale,  che  le\nimprese che superano una certa soglia di fatturato, soltanto  per  le\nloro dimensioni richiedano  un  maggiore  impegno  nell\u0027attivita\u0027  di\ncontrollo che le riguarda, ne\u0027 in termini quantitativi  (relativi  al\nnumero di accertamenti che riguardano,  rispettivamente,  le  imprese\nsotto o sopra soglia), ne\u0027 sotto il profilo qualitativo (in relazione\nal numero degli accertatori impegnati nelle singole  verifiche,  alla\ncomplessita\u0027 delle stesse  e  al  tempo  necessario  per  portarle  a\ntermine), essendo, anzi, agevole prospettare  casi  in  cui  si  puo\u0027\nverificare il contrario, come si e\u0027 sopra esemplificato. \n    15.3. Inoltre,  tra  i  compiti  istituzionali  di  AGCM  non  e\u0027\nricompresa soltanto  la  vigilanza  in  materia  di  concorrenza  tra\nimprese, ma l\u0027attivita\u0027 di tale  organismo  si  rivolge  anche  altri\nsettori e, in definitiva, alla  generalita\u0027  dei  soggetti  economici\n(italiani o non)  operanti  sul  territorio  italiano,  senza  alcuna\ndistinzione tra societa\u0027 di capitali con fatturati superiori, o no, a\n50 milioni e a prescindere dalla struttura che si sono date (societa\u0027\ndi persone, di  capitali,  ditte  individuali,  enti  rappresentativi\ndelle categorie imprenditoriali o  professionali,  etc.).  Alla  luce\ndell\u0027ampio  spettro  di  azione  dell\u0027AGCM,  la  strutturazione   del\ncontributo in esame appare vieppiu\u0027 irragionevole  e  immotivatamente\ndiscriminatoria. \n    15.4.  Benvero  che  la  discrezionalita\u0027  del   legislatore   in\nrelazione alle finalita\u0027 dell\u0027imposizione fiscale ed  alle  modalita\u0027\nimpositive e\u0027 certamente molto ampia ma, nel  caso  di  specie,  essa\nappare connotata da profili di innegabile  irrazionalita\u0027,  emergenti\nalla luce della realta\u0027 fattuale sopra riportata. \n    Quest\u0027ultima, infatti, restituisce in tutta evidenza il  dato  di\nuna imposizione che, irragionevolmente, grava in via esclusiva su una\nparte soltanto della compagine dei soggetti che  effettivamente  sono\ncoinvolti  nell\u0027attivita\u0027  dell\u0027attivita\u0027  dell\u0027AGCM  e,  all\u0027interno\ndella piu\u0027 ristretta platea individuata dal legislatore, di un  onere\nripartito a prescindere dal criterio di proporzionalita\u0027, per effetto\ndel meccanismo di tetto massimo dell\u0027importo contributivo, che - come\nsi e\u0027 osservato - induce oltre una determinata  soglia  effetti  (non\nprogressivi bensi\u0027)  regressivi  e  mina  l\u0027indipendenza  dell\u0027azione\namministrativa svolta dall\u0027AGCM. \n    Infine, la disciplina in esame introduce  effetti  discriminatori\ntra imprese «sopra soglia»  con  sede  in  Italia  e  imprese  «sopra\nsoglia» estere operanti sul medesimo mercato interno. \n    Tale  strutturazione  del  contributo  risulta  sfornita  di  una\nragionevole giustificazione ed appare, per tali motivi, in  contrasto\ncon il disposto costituzionale (art. 3 Cost.) sotto il profilo  della\nragionevolezza e proporzione e non discriminazione  della  disciplina\nsottoposta al vaglio di costituzionalita\u0027. \n    16. Contrasto con l\u0027art.117 della Costituzione,  quest\u0027ultimo  in\nrelazione al diritto dell\u0027Unione, con riferimento in  particolare  al\nprincipio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1\ndel Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018  (specie\nil suo «considerando» n. 8 e l\u0027art. 2 n. 10), agli artt. 101,  102  e\n103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre\n2002 concernente l\u0027applicazione delle regole di  concorrenza  di  cui\nagli artt. 81 e 82 del Trattato  CE  (ora  artt.  101  e  102  TFUE),\nall\u0027art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par.  1  della  Carta  dei\ndiritti  fondamentali  dell\u0027Unione   europea:   la   disciplina   del\nfinanziamento dell\u0027AGCM in esame appare contrastante altresi\u0027 con  la\nnormativa di fonte unionale, configurandosi dunque una violazione del\ndisposto costituzionale di cui all\u0027art. 117 Cost. 18.1. La disciplina\ninterna qui censurata, nella misura in cui costituisce attuazione del\ndiritto dell\u0027Unione - ponendosi  quale  meccanismo  di  finanziamento\ndell\u0027AGCM,  organismo  che  vigila  sulla  materia  disciplinata  dal\nregolamento (CE)  n.  1/2003  del  Consiglio  del  16  dicembre  2002\n(«concernente l\u0027applicazione delle regole di concorrenza di cui  agli\nartt. 81 e 82 del Trattato CE» oggi, artt. 101 e 102 TFUE), dall\u0027art.\n1, comma 2, legge  n.  287/1990;  dalla  direttiva  (UE)  2019/1  del\nParlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre  201826  «che\nconferisce alle  autorita\u0027  garanti  della  concorrenza  degli  Stati\nmembri poteri  di  applicazione  piu\u0027  efficace  e  che  assicura  il\ncorretto  funzionamento  del  mercato  interno»  («direttiva  ECN+»),\nadottata  sulla  base  dell\u0027art.  103,  in  tema   di   finanziamento\ndell\u0027attivita\u0027  delle  Autorita\u0027  antitrust  nazionali   -   dovrebbe\nconformarsi ai principi enunciati dalle disposizioni della CDFUE. \n    17. Al contrario, essa appare in  contrasto,  anzitutto,  con  il\nprincipio di non discriminazione che,  nella  gerarchia  delle  fonti\nunionali, ha valenza di principio generale di diritto e che impone di\nnon trattare in modo diverso situazioni omogenee. \n    Come si e\u0027 gia\u0027 osservato, il  contributo  per  il  finanziamento\ndell\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM  grava  esclusivamente  su  imprese  che  si\ntrovano in una situazione fattuale e giuridica del  tutto  analoga  a\nquelle che ne sono esentate  e  cio\u0027  unicamente  sulla  base  di  un\nelemento (il loro fatturato) che non appare -  anche  alla  luce  dei\ndati  oggettivi  di  natura  statistica  --un  ragionevole  parametro\ndiscretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva. \n    Come si e\u0027 gia\u0027  rilevato,  infatti,  il  contributo  de  quo  e\u0027\nimposto  solo  ad   alcuni   soggetti   di   una   platea   coinvolta\ndall\u0027attivita\u0027 dell\u0027organismo di garanzia,  cosi\u0027  violando  il  gia\u0027\nevocato principio di non discriminazione e le  disposizioni  unionali\nche ne contengono la positiva esplicitazione: l\u0027art. 20 della  «Carta\ndei  diritti  fondamentali  dell\u0027Unione  europea»  che   enuncia   il\nprincipio di eguaglianza; l\u0027art. 21 par.1 della medesima  Carta,  che\nvieta «qualsiasi forma di discriminazione  fondata,  in  particolare,\nsul ... patrimonio...» laddove  tratta  diversamente  i  contribuenti\nsulla base esclusiva del loro fatturato. \n    18. In secondo luogo, la disciplina  interna  de  qua  appare  in\ncontrasto con la direttiva ECN+,  richiamata  dalla  stessa  Delibera\nAGCM 7 marzo 2023,  n.  30499»  con  cui  e\u0027  stato  quantificato  il\n«Contributo  all\u0027onere  derivante  dal  funzionamento  dell\u0027Autorita\u0027\ngarante della Concorrenza e del Mercato per l\u0027anno 2023»). \n    La direttiva 2019/1 (o  ECN+),  recepita  in  Italia  con decreto\nlegislativo 8   novembre   2021,   n.    185,    vieta    trattamenti\ndiscriminatori: il suo «considerando» n. 8  -  proprio  in  relazione\nalle adeguate risorse finanziarie che  gli  Stati  devono  assicurare\nalle Autorita\u0027 garanti - precisa che esse devono  garantire  «parita\u0027\ndi  condizioni  alle   imprese   operanti   nel   mercato   interno»,\nintendendosi per «impresa» «... ai sensi degli  articoli  101  e  102\nTFUE,  qualsiasi  entita\u0027  che  esercita  un\u0027attivita\u0027  economica,  a\nprescindere dal  suo  status  giuridico  e  dalle  sue  modalita\u0027  di\nfinanziamento»  (art.  2,  n.  10,  direttiva  ECN+)   senza   alcuna\ndistinzione tra imprese sulla base del fatturato o di altri criteri. \n    Sotto il profilo del finanziamento,  la  direttiva  prevede  che:\n«Per garantire che  le  autorita\u0027  amministrative  nazionali  garanti\ndella concorrenza dispongano delle risorse necessarie per svolgere  i\nloro compiti, potrebbero essere presi in considerazione diversi mezzi\ndi  finanziamento,  come  il  finanziamento  proveniente   da   fonti\nalternative, diverse dal bilancio dello Stato» e l\u0027art.  5,  par.  1,\nstabilisce che: «Gli Stati membri assicurano almeno che le  autorita\u0027\nnazionali  garanti  della  concorrenza  dispongano   di   sufficiente\npersonale qualificato e di sufficienti risorse finanziarie,  tecniche\ne  tecnologiche  per  l\u0027efficace  svolgimento  dei  loro  compiti   e\nl\u0027esercizio dei loro poteri, ai fini dell\u0027applicazione degli articoli\n101 e 102 TFUE, come definiti al paragrafo 2 del presente articolo»). \n    Pur lasciando ampia  discrezionalita\u0027  al  legislatore  nazionale\nnella determinazione della fonte  del  contributo  stesso,  e  dunque\nessendo lecito  che  gli  Stati  richiedano  anche  alle  imprese  un\ncontributo per il funzionamento dell\u0027Autorita\u0027, e\u0027  altrettanto  vero\nche,  nel  fare  cio\u0027,  gli  Stati  non  possono   adottare   criteri\ndiscriminatori. \n    19. Sotto il profilo della conformita\u0027 della  disciplina  interna\nsottoposta allo scrutinio di costituzionalita\u0027 con  il  principio  di\nnon discriminazione, oltre al dato fattuale di  premessa,  costituito\ndal fatto che tutte le imprese, quale  che  sia  il  loro  fatturato,\npossono violare le regole di  concorrenza  e  sono  quindi  passibili\ndell\u0027attivita\u0027 di  controllo  e  sanzione  esercitata  dall\u0027AGCM,  si\nosserva inoltre che, in un caso del tutto analogo e sovrapponibile  a\nquello che qui occupa, la Corte di giustizia  UE  si  e\u0027  pronunciata\naffermando  una  serie  di  principi  che  appaiono  significativi  e\nrilevanti anche ai presenti fini. \n    Nella causa  Nexive  Commerce  (CGUE,  7  settembre  2023,  causa\nC-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) la Corte di Lussemburgo ha,\ninfatti, affrontato il caso di fornitori privati del servizio postale\nai quali era stato imposto un  «contributo»  uniforme  per  sostenere\nl\u0027attivita\u0027 dell\u0027Autorita\u0027 garante (AGCOM) analoga  all\u0027AGCM.  Alcuni\noperatori esercenti il  servizio  di  corriere  espresso  sostenevano\npero\u0027 che il contributo dovesse essere gravare solo  a  carico  degli\noperatori esercenti il servizio universale o comunque contestavano di\ndover contribuire  con  la  stessa  percentuale  (1/1000)  in  quanto\nassorbenti meno intensamente l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCOM. A sostegno delle\nloro ragioni invocavano la violazione del divieto di  discriminazione\nin quanto - a loro  avviso  -  erano  trattate  in  maniera  identica\nsituazioni   diverse,   allegando   che   puo\u0027   aversi   trattamento\ndiscriminatorio  tanto  quando  situazioni  omogenee  sono   trattate\ndiversamente, tanto nel caso in cui situazioni diverse siano trattate\nallo stesso modo. \n    Nella evocata sentenza, la Corte UE ha ritenuto legittimo che  il\nfinanziamento dell\u0027AGCOM fosse a carico di tutti  gli  operatori  del\nsettore postale,  dato  che  tutti  beneficiavano  dell\u0027attivita\u0027  di\nregolamentazione di detta Autorita\u0027 (e dunque  si  trovavano  in  una\nsituazione comparabile  e  non  diversa)  affermando,  altresi\u0027,  che\nl\u0027intensita\u0027    dell\u0027attivita\u0027    svolta    da    un\u0027Autorita\u0027     di\nregolamentazione e monitoraggio  non  fosse  rilevante  ai  fini  del\nprincipio di non discriminazione. \n    19.1.  I  principi  enunciati  dalla  sentenza  Nexive   Commerce\nappaiono perfettamente attagliabili alla disciplina del contributo di\nche trattasi, poiche\u0027 il  Giudice  europeo  afferma,  per  un  verso,\nl\u0027omogeneita\u0027  della  situazione  di  tutti  i  soggetti   che   sono\nsottoposti all\u0027attivita\u0027 dell\u0027Autorita\u0027 di controllo e,  per  l\u0027altro\nverso, che l\u0027intensita\u0027 del controllo esercitato  dall\u0027Autorita\u0027  non\ncostituisce  elemento  che  puo\u0027  legittimamente  differenziarne   il\ntrattamento per quanto attiene al finanziamento della medesima. \n    Ora, riportando le affermazioni della CGUE al caso del contributo\nimposto alle  sole  imprese  «sopra  soglia»,  appare  confortata  la\nprospettazione    qui    affacciata,    relativa    al    trattamento\nimmotivatamente  discriminatorio  della  disciplina  interna  che  si\ncensura, imperniato  su  una  distinzione  fondata  sul  fatturato  e\ngiustificata sulla base della (peraltro  presunta  e  -  come  si  e\u0027\ncercato  di  dimostrare  -  infondata)  presunzione  della   maggiore\nincidenza dell\u0027attivita\u0027 dell\u0027organo finanziato proprio nei confronti\ndelle contribuenti su cui grava la contribuzione. \n    20.  La  disciplina  interna  dubitata   di   incostituzionalita\u0027\ncontrasta, infine, con il principio di leale  cooperazione  integrato\nnell\u0027art. 4, par. 3, TUE, ove  e\u0027  stabilito  che  gli  Stati  membri\n«adottano ogni misura di carattere generale  o  particolare  atta  ad\nassicurare l\u0027esecuzione  degli  obblighi  derivanti  dai  trattati  o\nconseguenti  agli  atti  delle  istituzioni  dell\u0027Unione»  e  «devono\nastenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere  in  pericolo  la\nrealizzazione degli obiettivi dell\u0027Unione». \n    L\u0027AGCM opera quale autorita\u0027 garante ai  fini  del  contrasto  di\npratiche  anticoncorrenziali  vigilando  affinche\u0027  le  imprese   non\nconcludano accordi o  mettano  in  atto  pratiche  «...  che  possano\npregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per  oggetto\no per effetto di impedire,  restringere  o  falsare  il  gioco  della\nconcorrenza all\u0027interno del mercato interno...» (art. 101 TFUE) e non\nsfruttino abusivamente la loro eventuale  posizione  dominante  (art.\n102 TFUE), con il potere di applicare sanzioni in caso  di  accertato\nabuso. \n    In altri termini, l\u0027AGCM svolge un servizio  pubblico  che  va  a\nbeneficio dell\u0027intera collettivita\u0027 e non  un  servizio  specifico  a\nvantaggio di singole imprese e, in  ultima  analisi,  avvantaggia  la\ngeneralita\u0027 dei cittadini  in  quanto  consumatori  interessati  alla\nlibera concorrenza delle imprese. \n    In tale contesto, la  disciplina  interna  qui  censurata  appare\nlesiva dell\u0027indipendenza e - dunque  -  dell\u0027efficacia  dell\u0027AGCM  la\nstrutturazione  del  finanziamento  della  medesima,  che  si   fonda\nessenzialmente sul contributo fornito da quegli stessi  soggetti  che\nsono i principali destinatari dell\u0027attivita\u0027 di controllo e  sanzione\ndell\u0027Autorita\u0027 di garanzia. \n    Al fine di garantire l\u0027assoluta indipendenza dell\u0027AGCM e, dunque,\nla piu\u0027 ampia efficacia della sua azione, quest\u0027ultima  non  dovrebbe\ndipendere finanziariamente dalle imprese dato che esse - come  appena\nrilevato - non sono soltanto le beneficiarie della sua attivita\u0027,  ma\ncostituiscono soprattutto i soggetti nei cui confronti si  esercitano\ni  poteri  ispettivi  e  sanzionatori  attribuiti  all\u0027organismo   di\ngaranzia. \n    In definitiva, la disciplina interna che si sottopone  al  vaglio\ndi   costituzionalita\u0027    appare    dunque,    in    quanto    lesiva\ndell\u0027indipendenza dell\u0027AGCM, una misura che  viola  il  principio  di\nleale collaborazione imposto agli Stati membri dall\u0027art. 4,  par.  3,\nTUE, che implica il  divieto  di  adottare  misure  che  rischino  di\nmettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell\u0027Unione. \n    21.  Per  tutti  i  sopra  esposti   profili,   le   disposizioni\ndell\u0027articolo 10, commi 7-ter e  7-quater,  della  legge  10  ottobre\n1990,  n.  287  appaiono  in  contrasto  non   componibile   in   via\ninterpretativa con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 53\ne 117 Cost. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    La Corte di giustizia tributaria di Udine, solleva  la  questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 10, comma 7-ter e  7-quater,\nlegge   n.   287/1990,   aggiunti   dall\u0027art.   5-bis,    comma    1,\ndel decreto-legge 2 n. 1/2012, conv. legge  n. 27/2012, per contrasto\ncon gli artt. 3, 53 e 117 Cost., quest\u0027ultimo in relazione al diritto\ndell\u0027Unione, con riferimento in particolare al principio generale  di\nnon discriminazione; alla direttiva 11  dicembre  2019,  n.  1,  agli\nartt. 101, 102 e 103 TFUE; al  regolamento  (CE)  n.  1/2003  del  16\ndicembre 2002 in riferimento agli artt. 81 e 82 del Trattato CE  (ora\nartt. 101 e 102 TFUE), all\u0027art. 4, par. 3, TUE,  agli  artt.  20,  21\npar. 1 CDFUE, nella parte in cui,  per  assicurare  il  funzionamento\ndell\u0027Autorita\u0027 garante  della  concorrenza  e  del  mercato,  vengono\napplicati contributi a carico dei  soli  imprenditori  con  fatturato\nsuperiore a 50 milioni di euro; \n    Sospende il giudizio e  dispone  l\u0027immediata  trasmissione  degli\natti alla Corte costituzionale; \n    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  a  cura  della\nsegreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia\ncomunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n      Udine, 3 giugno 2025 \n \n                         Il Presidente: 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