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Liguria  n.   688/2022\ndepositata il 22 agosto 2022. \n    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del\n9 aprile 2025 dal Consigliere Milena Balsamo. \n    Udita la requisitoria del procuratore generale nella persona  del\ncons. Stefano Pepe che ha concluso  per  l\u0027accoglimento  del  ricorso\nprincipale e la rimessione della controversia  alla  CGT  di  secondo\ngrado della Liguria, in diversa composizione. \n    Udito l\u0027avvocato dello Stato che ha concluso  per  l\u0027accoglimento\ndel ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale. \n \n                           Fatti di causa \n \n    1. Il  giudizio  ha  ad  oggetto  l\u0027impugnazione  dell\u0027avviso  di\nliquidazione dell\u0027imposta principale di successione recante l\u0027importo\ndi euro 199.715,81, di cui alla  dichiarazione  del  27  luglio  2017\n(successione aperta il 22 luglio 2016), dovuta ex art. 17, lettera c)\ndel decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (T.U.S.), in  ragione\ndella rendita vitalizia devoluta per legato dal de cuius  a  Geronima\nFabbri di cui  l\u0027erede  Silvia  Cuneo  e\u0027  onerata;  atto  impositivo\nnotificato  sia  alla  beneficiaria   che   alla   legataria,   quali\ncoobbligate in solido. \n    L\u0027importo veniva  calcolato  ai  sensi  dell\u0027art.  17,  comma  1,\nlettera c), del T.U.S., attraverso il metodo di attualizzazione della\nrendita. \n    L\u0027erede e la legataria impugnavano l\u0027atto  impositivo  lamentando\nl\u0027erroneita\u0027 del calcolo della  base  imponibile  e  sollevando,  con\nriguardo al coefficiente di cui al prospetto allegato al decreto  del\nPresidente  della   Repubblica   n.   131/1986   (T.U.R.),   in   via\npregiudiziale,  questione  di   legittimita\u0027   costituzionale   degli\narticoli 17 del decreto legislativo n. 346/1990 e 46, comma  c),  del\ndecreto del Presidente della Repubblica 26  aprile  1986,  n.  131  -\nconcernenti la determinazione della  base  imponibile  della  rendita\nvitalizia - per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione. \n    2. La Commissione Tributaria Provinciale di Genova respingeva  il\nricorso della contribuente, con sentenza n.  147/04/2021,  depositata\nil 10 marzo 2021. \n    Sull\u0027appello della  contribuente  Silvia  Cuneo,  la  Commissione\nTributaria Regionale della  Liguria,  con  sentenza  n.  688/01/2022,\ndepositata il 22 agosto 2022, nel riformare parzialmente la pronuncia\ndi primo grado, disapplicava il decreto  Mef  21  dicembre  2015  che\nindividuava, per il relativo anno, nella misura dello 0,2  per  cento\nl\u0027interesse legale da applicarsi per la  quantificazione  della  base\nimponibile della rendita vitalizia,  affermando  che  il  sistema  di\nadeguamento dei coefficienti basati sul saggio  legale  di  interesse\nriferito  all\u0027usufrutto  vitalizio,   se   applicato   alla   rendita\nvitalizia,  produceva  un  effetto  distorsivo  ed   esorbitante   e,\npertanto, ne rideterminava il valore  attraverso  l\u0027applicazione  del\ntasso di interesse di cui al precedente decreto Mef del  23  dicembre\n2013. \n    Avverso  la  suindicata  sentenza,  l\u0027Agenzia  delle  entrate  ha\nproposto ricorso affidato a due motivi. \n    Silvia Cuneo  ha  depositato  controricorso,  proponendo  ricorso\nincidentale. \n    In  prossimita\u0027  dell\u0027udienza,  la  contribuente  ha   depositato\nmemorie difensive. \n    Il Procuratore Generale, nel ribadire la requisitoria scritta, ha\nconcluso per l\u0027accoglimento del ricorso principale e il  rinvio  alla\nCGT di secondo grado della Liguria. \n \n                          Motivi di diritto \n \n    1. Il ricorso principale dell\u0027Agenzia delle entrate e\u0027 affidato a\ndue motivi. \n    2. Il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell\u0027art. 360,\nprimo comma, n. 4, del codice di procedura civile, reca la  deduzione\ndella «violazione e/o falsa  applicazione  dell\u0027art.  113  codice  di\nprocedura civile e dell\u0027art. 7, comma 5, del decreto  legislativo  31\ndicembre 1992, n.  546  con  riferimento  alla  inammissibilita\u0027  del\ngiudizio equitativo»; per avere il decidente disapplicato il  decreto\nministeriale dell\u0027Economia e finanze  del  21  dicembre  2015  (nella\nGazzetta Ufficiale 30 dicembre 2015, n. 302)  per  ragioni  puramente\nequitative». Si assume che l\u0027art. 7, comma 5, del decreto legislativo\n31 dicembre 1992, n. 546, attribuisce al Giudice tributario il potere\ndi disapplicare «un regolamento o un atto generale rilevante ai  fini\ndella decisione», qualora lo ritenga «illegittimo». Si  osserva  che,\ntuttavia, il  giudizio  di  illegittimita\u0027  dell\u0027atto  amministrativo\npresuppone l\u0027esistenza di una norma giuridica violata e mai  potrebbe\nfondarsi su valutazioni di carattere meramente equitativo. Del resto,\nl\u0027art. 113 del codice di procedura civile,  ritenuto  applicabile  al\nprocesso tributario, stabilisce che il Giudice deve decidere  secondo\ndiritto, «salvo che la legge gli attribuisca il  potere  di  decidere\nsecondo equita\u0027». Si conclude, pertanto,  che  l\u0027equita\u0027  sostitutiva\n(che surroga l\u0027equita\u0027 alle norme) non e\u0027  ammissibile  nel  giudizio\ntributario,  perche\u0027  tale  possibilita\u0027  deve  essere  espressamente\nprevista dalla legge. \n    Si  soggiunge  che  i  giudici  distrettuali  hanno  erroneamente\nritenuto  «illogica  ed  eccessiva»  la  determinazione  della   base\nimponibile e compiuta dall\u0027Ufficio, sebbene generata  dalla  puntuale\napplicazione dei criteri contenuti nel decreto  ministeriale  del  21\ndicembre 2015, cosi\u0027 sostituendosi al legislatore e creando una nuova\nregula iuris, partendo da un quantum  di  imponibile  apoditticamente\nreputato  equo,  per  poi  fare  applicazione  di  una   disposizione\nministeriale  che,  sebbene   pacificamente   inapplicabile   ratione\ntemporis,  consentisse  egualmente  di  pervenire  ad  un   risultato\naprioristicamente reputato «equo». \n    3. Il secondo strumento del ricorso principale deduce «violazione\ne/o falsa  applicazione  dell\u0027art.  17  del  decreto  legislativo  31\nottobre 1990, n. 346, e dell\u0027art. 7, comma 5, del decreto legislativo\n31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all\u0027art. 360, primo comma,  n.\n3, del codice di procedura  civile,  con  riferimento  alla  ritenuta\nillegittimita\u0027 del decreto ministeriale economia  e  finanze  del  21\ndicembre 2015». \n    Osserva l\u0027amministrazione finanziaria che la  sentenza  impugnata\ne\u0027 illegittima per violazione dell\u0027art. 17 del decreto legislativo n.\n346/1990 e del decreto ministeriale 21 dicembre 2015,  in  quanto  la\nprima norma stabilisce come determinare la  base  imponibile  per  le\nrendite e le pensioni incluse nell\u0027attivo ereditario,  prevedendo  il\ncalcolo del valore attuale dell\u0027annualita\u0027 in base al  saggio  legale\ndi interesse, con un limite massimo che dipende dal tipo  di  rendita\n(a tempo determinato o  vitalizia).  Si  osserva  che  il  valore  e\u0027\ndeterminato tramite coefficienti legati all\u0027eta\u0027 del  beneficiario  e\nviene aggiornato periodicamente in base alle oscillazioni del  saggio\nlegale   degli   interessi.   Nel   caso    sub    iudice,    secondo\nl\u0027amministrazione trova applicazione il decreto ministeriale  del  21\ndicembre 2015 che ha stabilito il  saggio  legale  di  interesse  per\nl\u0027anno 2016, anno di  apertura  della  successione,  determinando  il\nvalore del  multiplo  per  il  calcolo  delle  rendite  a  500  volte\nl\u0027annualita\u0027. \n    4. Con ricorso incidentale la contribuente insiste nel  devolvere\nalla Corte costituzionale la questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndegli articoli 17, comma 1, lettera c), del  decreto  legislativo  n.\n346 del 1990, 3, comma 164, della legge 23  dicembre  1996,  n.  662,\nnonche\u0027 46, comma 2, lettera c), del  decreto  del  Presidente  della\nRepubblica 26 aprile 1986, n. 131, oltre che del prospetto allegato a\ndetto ultimo decreto  legislativo  (questione  gia\u0027  formulata  nelle\nconclusioni del giudizio di primo grado e di appello). \n    Si rileva che  l\u0027art.  17,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto\nlegislativo n. 346/1990 stabilisce che  la  base  imponibile  per  le\nrendite  e  pensioni  incluse  nell\u0027attivo  ereditario  deve   essere\ndeterminata   moltiplicando   l\u0027annualita\u0027   per   il    coefficiente\napplicabile in base all\u0027eta\u0027 del beneficiario al momento della  morte\ndel de cuius; che il prospetto dei coefficienti, allegato al  decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 131 del 1986,  e\u0027  utilizzato  per\ncalcolare il valore dell\u0027usufrutto e della rendita vitalizia e  viene\naggiornato periodicamente in relazione alla modifica del tasso legale\ndegli interessi. \n    Si  aggiunge  che,  tuttavia,  l\u0027interpretazione  del   prospetto\nimplica la risoluzione di  questioni  concernenti  l\u0027assenza  di  una\nnorma che stabilisca esplicitamente come il  prospetto  debba  essere\nelaborato. In particolare, il calcolo del  valore  della  rendita  si\nfonda su due elementi: da un lato, la stima del numero di  annualita\u0027\nche il beneficiario avra\u0027  diritto  a  percepire  e,  dall\u0027altro,  la\ndifferenza tra il valore presente (somma immediatamente percepita)  e\nil valore futuro della rendita; per stimare la differenza tra  valore\npresente e valore futuro  di  una  rendita,  si  utilizza  il  metodo\ndell\u0027attualizzazione,  che  consiste  nel  «riportare»   al   momento\npresente il valore di un certo numero  di  pagamenti  futuri.  Questo\nprocesso si basa su una formula matematica, la quale tiene conto  del\ntasso  di  interesse   che   influisce   direttamente   sul   calcolo\ndell\u0027attualizzazione; in particolare, l\u0027art. 3, comma 164 della legge\n23 dicembre 1996, n.  662  stabilisce  che  il  valore  del  multiplo\ndell\u0027annualita\u0027 ed il prospetto dei coefficienti, utilizzati  per  il\ncalcolo del valore della rendita, devono essere  aggiornati  in  base\nalla variazione del tasso di interesse legale. \n    In altri termini,  il  prospetto  dei  coefficienti  allegato  al\ndecreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  131  del  1986  viene\nperiodicamente  modificato  «in  ragione  della  modificazione  della\nmisura del saggio legale degli interessi» con decreto ministeriale ai\nsensi dell\u0027art. 3, comma 164, della legge n. 662 del 1996. \n    Al momento del decesso della de cuius, avvenuto  nell\u0027anno  2016,\nil prospetto dei coefficienti per la determinazione  dei  diritti  di\nusufrutto a vita e delle rendite o pensioni  vitalizie,  allegato  al\ntesto unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica  26\naprile 1986, n.  131,  e  successive  modificazioni,  e\u0027  variato  in\nragione della misura del saggio legale degli interessi  fissata  allo\n0,2 per cento. \n    L\u0027applicazione del dettato normativo  ha  condotto  l\u0027Ufficio,  a\nfronte di una rendita annua pari ad euro 18.000,00 (euro  1500/mese),\na  determinare  in  euro  2.700.000,00   la   base   imponibile   per\nl\u0027applicazione dell\u0027aliquota dell\u00278 per  cento  sui  cespiti  legati,\ncalcolata alla stregua del coefficiente pari a 150 per  l\u0027anno  2016,\ntenendo conto dell\u0027eta\u0027 della beneficiaria - 77 anni - all\u0027epoca  del\ndecesso del testatore. \n    Si obietta che la base imponibile su cui applicare  l\u0027imposta  di\nsuccessione e\u0027 pari a 120 volte il valore annuo della rendita, il che\nfarebbe presumere che la  beneficiaria  vivra\u0027,  per  accumulare  una\nsomma pari alla base imponibile presa a riferimento, almeno ulteriori\n120 anni dopo  l\u0027apertura  della  successione;  anzi,  posto  che  il\ncoefficiente 120 e\u0027 utilizzato per la fascia d\u0027eta\u0027  57-60  anni,  la\nbeneficiaria dovrebbe vivere 180 anni per  percepire  interamente  la\nsomma tassata. \n    Considerato,  tuttavia,  che  il  presupposto   dell\u0027imposta   di\nsuccessione e\u0027 rappresentato dall\u0027arricchimento del beneficiario (per\ntutte,  Corte  costituzionale,  23  giugno  2020,  n.  120)  la  base\nimponibile sopra individuata non puo\u0027 rispecchiare, ad  avviso  della\ncontribuente, tale arricchimento. \n    La disciplina contestata viene, dunque, ritenuta illeggittima per\ncontrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, in  quanto  non\nrispetta il principio  di  coerenza  tra  la  base  imponibile  e  il\npresupposto dell\u0027imposta, atteso che la base imponibile  dell\u0027imposta\nsulle successioni dovrebbe essere rappresentata dal valore dei beni e\ndiritti trasferiti  al  momento  della  successione,  come  stabilito\ndall\u0027art. 8 del decreto legislativo  n.  346  del  1990,  e  dovrebbe\nriflettere l\u0027arricchimento reale del beneficiario. Si  evidenzia  che\nl\u0027applicazione  dei   coefficienti   stabiliti   nel   1986,   quando\nl\u0027interesse legale era al 5%, non e\u0027 piu\u0027 coerente  con  i  tassi  di\ninteresse attuali, pari al  3%,  rendendo  irragionevole  il  calcolo\ndella rendita vitalizia. In particolare, con la diminuzione dei saggi\ndi interesse, la base imponibile delle rendite vitalizie e\u0027 aumentata\nin modo ingiustificato ed irrazionale,  in  quanto  non  tiene  conto\ndella reale aspettativa di vita del beneficiario, cosi\u0027 violando i su\nrichiamati principi costituzionali. \n    5. Il primo motivo di ricorso e\u0027 fondato. \n    La Corte territoriale ha affermato che «(...) occorre considerare\nche trattasi di una rendita vitalizia di euro  1.500,00  al  mese  in\nrelazione alla quale il calcolo effettuato  dall\u0027Agenzia  porta  alla\ndebenza  di  una  somma  esorbitante  cui  consegue  una  imposizione\nillogica ed eccessiva, non conferente con il principio  della  giusta\ntassazione. Il d.m.,  che  fa  riferimento  solo  ad  un  sistema  di\nadeguamento dei coefficienti in base alla modifica del saggio  legale\ndi  interesse,  produce  effetti  distorsivi  se,  invece  di  essere\nriferito  all\u0027usufrutto  vitalizio,  viene  riferito   alla   rendita\nvitalizia». In ragione di cio\u0027, il decidente ha applicato il  decreto\nministeriale 23.12.2013 «che porta a determinare valori piu\u0027 equi». \n    Sul punto e\u0027 sufficiente rilevare che,  come  affermato  in  piu\u0027\noccasioni dalla Corte di  legittimita\u0027,  il  potere  di  disapplicare\nl\u0027atto amministrativo in relazione alla decisione del caso  concreto,\npotere che spetta al giudice tributario, puo\u0027  conseguire  solo  alla\ndimostrazione della sussistenza di ben precisi vizi  di  legittimita\u0027\ndell\u0027atto (incompetenza, violazione  di  legge,  eccesso  di  potere)\n(Cass., Sez. U, n.  6265  del  2006;  Sez.  5,  n.  7044  del  2014).\nApplicando tale principio nella specie, il predicato generico effetto\ndistorsivo del decreto ministeriale non e\u0027 sufficiente per  pervenire\nalla dichiarazione (incidentale) d\u0027illegittimita\u0027 del decreto stesso,\ndovendo  al  riguardo   rilevarsi   che,   nell\u0027ambito   degli   atti\nregolamentari, esiste uno spazio di discrezionalita\u0027 di  orientamento\npolitico-amministrativo, insindacabile in sede giudiziaria. L\u0027art. 7,\ncomma 5 del decreto legislativo n. 546 del 1992 subordina, per  vero,\nil potere di disapplicazione  dell\u0027atto  amministrativo  generale  da\nparte del giudice  tributario  ad  un  previo  vaglio  originario  ed\nautonomo dell\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027atto  che,  nella  specie,  non  e\u0027\nstato svolto. \n    Sotto altro versante, e\u0027  d\u0027uopo  osservare  che  allorquando  la\nlegge opera un  rinvio  ricettizio  a  un  decreto  ministeriale,  il\ndecreto diventa parte integrante del sistema normativo che regola  la\nmateria in  questione.  In  sostanza,  il  rinvio  ricettizio  sta  a\nsignificare che il decreto ministeriale, pur non  essendo  una  legge\nformale, viene incorporato nel  sistema  normativo  per  effetto  del\nrinvio espresso nella legge. Il rinvio ricettizio comporta, pertanto,\nche le disposizioni del decreto ministeriale,  una  volta  approvate,\ndevono  essere  applicate  in  quanto  parte  integrante  del  quadro\nnormativo di riferimento, sempre  che  il  decreto  ministeriale  sia\nconforme alle disposizioni della legge e non le contraddica. \n    E\u0027 evidente che, nel caso in esame, il rinvio operato dal decreto\nlegislativo n. 346/1990 al decreto ministeriale del 23 dicembre  2015\nabbia natura ricettizia, non solo per l\u0027espresso  richiamo  contenuto\nnell\u0027art. 17 cit., ma anche in considerazione del  testo  stesso  del\ndecreto ministeriale che, a sua volta, rimanda all\u0027allegato al  testo\ndel decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,  n.  131,\ncontenente il prospetto dei coefficienti per  la  determinazione  dei\ndiritti di usufrutto a vita e delle  rendite  o  pensioni  vitalizie,\nstabilendo che «il coefficiente e\u0027 variato in  ragione  della  misura\ndel saggio legale degli interessi fissata allo 0,2 per cento, come da\nprospetto  allegato  al  presente  decreto».  In  altri  termini,  la\ndisposizione rinviante si e\u0027 «appropriata  in  modo  definitivo»  del\ncontenuto  della   rinviata,   il   che   si   inferisce   dall\u0027esame\ndell\u0027intenzione del legislatore, deducibile dal testo della norma  in\nesame; a favore della  natura  del  rinvio  dinamico,  oltre  che  il\nriferimento alla lettera della legge, rileva il contenuto del decreto\na cui essa rinvia, suscettibile di essere trasposto nell\u0027ambito della\nprima. Dalla natura ricettizia del  rinvio  consegue  il  potere  del\ngiudice di merito di sollevare questione di  costituzionalita\u0027  della\ndisciplina primaria rinviante, ma non certamente di  disapplicare  un\ndecreto che e\u0027 parte integrante di questa. \n    E\u0027 poi indirizzo consolidato di legittimita\u0027  (v.  Cassazione  n.\n13726/2023; n. 10875/2022; n. 16960/2019 ed  altre)  che  il  giudice\ntributario non sia dotato di poteri di equita\u0027  sostitutiva,  dovendo\nfondare la propria decisione su giudizi estimativi di  cui  deve  dar\nconto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio conseguito,\nma sempre nell\u0027ambito di un giudizio in diritto, il che e\u0027 del  resto\nconsono alla natura gius-pubblicistica  ed  imperativa  del  rapporto\ngiuridico tributario. \n    6. La decisione del secondo motivo del ricorso principale  e  del\nricorso incidentale esige un\u0027attenta analisi del compendio  normativo\nche regola il meccanismo  di  determinazione  della  base  imponibile\ndella  rendita  vitalizia,  sulla  quale   applicare   l\u0027imposta   di\nsuccessione. \n    6.1. Nell\u0027ambito civilistico la rendita vitaliza, che puo\u0027 essere\ncostituita anche per testamento  o  per  donazione,  e\u0027  disciplinata\ndagli articoli 1872 segg. cod.civ. \n    6.2. Ebbene, in tutti i casi in cui, a seguito di una successione\nmortis causa, si abbia l\u0027attribuzione (testamentaria o ab  intestato)\na un dato beneficiario del credito alla  percezione  di  una  rendita\n(perpetua, a tempo determinato o  vitalizia),  si  pone  il  problema\ndella tassazione di detta attribuzione. \n    6.3. La materia delle «rendite» (e  delle  «pensioni»)  «comprese\nnell\u0027attivo ereditario» e\u0027 regolamentata  dall\u0027art.  17  del  decreto\nlegislativo n. 346/1990  (la  cui  disciplina  si  applica  ai  sensi\ndell\u0027art. 56, comma 4, TUS, anche alle «rendite»  e  alle  «pensioni»\nche siano costituite a titolo gratuito e, cioe\u0027,  mediante  donazione\noppure in esecuzione di un vincolo di destinazione: ad  esempio,  dal\ntrustee di un trust il cui disponente abbia programmato  una  rendita\nper  il  beneficiario),  il  quale,  nel   testo   ratione   temporis\napplicabile, prevede che  «la  base  imponibile,  relativamente  alle\nrendite e pensioni comprese nell\u0027attivo  ereditario,  e\u0027  determinata\nassumendo:  (...)  c)  Il  valore  che   si   ottiene   moltiplicando\nl\u0027annualita\u0027 per il coefficiente applicabile,  secondo  il  prospetto\nallegato al testo  unico  sull\u0027imposta  di  registro,  approvato  con\ndecreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,  n.  131,  in\nrelazione all\u0027eta\u0027 della persona alla cui morte essa deve cessare, se\nsi tratta di rendita o pensione vitalizia; (...)». In  detto  settore\nimpositivo ed analogamente in quello relativo all\u0027imposta di registro\ndisciplinato dall\u0027art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica\nn. 131/1986, il valore della rendita  vitalizia  e\u0027,  pertanto,  pari\nall\u0027ammontare   calcolato   moltiplicando   l\u0027annualita\u0027    per    il\ncoefficiente indicato nel prospetto allegato  al  T.U.R.,  rapportato\nall\u0027eta\u0027 della persona dalla cui  morte  dipende  l\u0027estinzione  della\nrendita. Il  suddetto  prospetto  viene  modificato,  con  i  decreti\nministeriali annualmente emanati, in ragione della misura del  saggio\nlegale degli interessi. \n    6.4. Difatti, a sua volta, l\u0027art. 3, comma 164,  della  legge  23\ndicembre 1996, n.  662  (poi  abrogato  dal  decreto  legislativo  n.\n139/24) prevedeva nella versione  applicabile  ratione  temporis  che\n«(...) Per le successioni aperte e le  donazioni  fatte  a  decorrere\ndalla stessa data ai fini della determinazione della base  imponibile\nrelativamente alle  rendite  e  alle  pensioni  si  tiene  conto  del\nventuplo dell\u0027annualita\u0027  e  si  applicano  altresi\u0027  i  coefficienti\nprevisti nel prospetto di cui alla Tabella 3 allegata  alla  presente\nlegge. Il valore del multiplo dell\u0027annualita\u0027 indicato nell\u0027art.  46,\ncomma 2, lettere a) e  b),  del  citato  testo  unico  approvato  con\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, e successive\nmodificazioni, nonche\u0027  il  prospetto  dei  coefficienti  allegato  a\nquest\u0027ultimo sono  variati,  in  ragione  della  modificazione  della\nmisura del saggio legale degli interessi, con  decreto  del  Ministro\ndelle finanze di concerto con il Ministro del tesoro,  da  pubblicare\nnella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non  oltre  il  31\ndicembre  dell\u0027anno  in  cui  detta  modifica  e\u0027   intervenuta.   Le\nvariazioni di cui al periodo precedente  hanno  efficacia  anche,  ai\nfini della determinazione della base  imponibile  relativamente  alle\nrendite ed alle pensioni, per le successioni aperte  e  le  donazioni\nfatte a decorrere dal primo gennaio dell\u0027anno successivo a quello  in\ncui e\u0027 pubblicato il decreto di variazione». \n    6.5. Non assume rilevanza, nel presente  giudizio,  l\u0027entrata  in\nvigore, nelle more, dell\u0027art. 1 del decreto legislativo 18  settembre\n2024, n. 139 cit. il quale, al fine di  evitare  le  distorsioni  del\nmeccanismo di determinazione della base imponibile, conseguenti  alle\noscillazioni del saggio legale di interesse, ha inciso sull\u0027art.  17,\ncomma 1, del decreto legislativo n. 346/1990,  prevedendo,  per  quel\nche qui interessa, che la base imponibile, relativamente alle rendite\ne pensioni comprese nell\u0027attivo ereditario, e\u0027 determinata  assumendo\n«...c) il valore che si ottiene  moltiplicando  l\u0027annualita\u0027  per  il\ncoefficiente indicato nel prospetto allegato al presente testo unico,\nin relazione all\u0027eta\u0027 della persona alla cui morte essa deve cessare,\nse si tratta di rendita o pensione vitalizia...» «1-bis. Il prospetto\ndei coefficienti allegato al presente testo unico  e  il  valore  del\nmultiplo dell\u0027annualita\u0027  indicato  al  comma  1,  lettera  a),  sono\nvariati in ragione della modificazione della misura del saggio legale\ndegli interessi, con  decreto  del  Ministro  dell\u0027economia  e  delle\nfinanze, da pubblicare nella  Gazzetta  Ufficiale  non  oltre  il  31\ndicembre  dell\u0027anno  in  cui  detta  modifica  e\u0027   intervenuta.   Le\nvariazioni di cui al primo periodo hanno efficacia per le successioni\naperte e le donazioni fatte a  decorrere  dal  1°  gennaio  dell\u0027anno\nsuccessivo a quello in cui e\u0027 pubblicato il  decreto  di  variazione.\n1-ter. Ai fini della determinazione dei valori di cui ai  commi  1  e\n1-bis non puo\u0027 essere assunto un saggio legale d\u0027interesse  inferiore\nal 2,5 per cento». \n    6.6. Tale modifica e\u0027 intervenuta per effetto dell\u0027art. 1,  comma\n1, lettera r),  n.  3),  decreto  legislativo  n.  139  del  2024,  a\ndecorrere dal 3 ottobre 2024, ai sensi di quanto  disposto  dall\u0027art.\n11, comma 1, del medesimo decreto legislativo, con effetto a  partire\ndal 1° gennaio 2025 e  con  l\u0027applicabilita\u0027  indicata  nell\u0027art.  9,\ncomma 3, dello stesso decreto legislativo». Per  effetto  del  rinvio\ncontenuto nell\u0027art. 14, comma 1, lettera c), del decreto  legislativo\nn. 346/1990,  le  nuove  disposizioni  si  estendono  ai  diritti  di\nusufrutto, uso e abitazione.  Intervento  analogo  e\u0027  stato  operato\ndall\u0027art.  2,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  139/2024  in\nrelazione all\u0027imposta di registro, ai fini della  determinazione  del\nvalore delle rendite e  delle  pensioni  (art.  46  del  decreto  del\nPresidente della Repubblica n. 131/86) e dei  diritti  di  usufrutto,\nuso e abitazione (art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica\nn.  131/86).  Anche  in  tali  casi   e\u0027   stata   infatti   prevista\nl\u0027applicazione di un saggio di interesse legale minimo del 2,5%. \n    6.7. Per le rendite costituite  anteriormente  alla  data  del  3\nottobre 2024, nonche\u0027  per  le  successioni  aperte  e  le  donazioni\nfatte anteriormente a tale data, ai fini della  determinazione  della\nbase imponibile delle  rendite  vitalizie  di  cui  alla  lettera  c)\ndell\u0027art. 17 cit., l\u0027art. 9, comma 4, decreto legislativo n. 139  del\n2024 prevede  che  «...  ai  fini  della  determinazione  della  base\nimponibile delle rendite vitalizie  di  cui  all\u0027art.  46,  comma  2,\nlettera c), del testo unico delle disposizioni concernenti  l\u0027imposta\ndi registro di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26\naprile 1986, n. 131 e di cui all\u0027art. 17, comma 1,  lettera  c),  del\ntesto  unico   delle   disposizioni   concernenti   l\u0027imposta   sulle\nsuccessioni e donazioni di cui  al  decreto  legislativo  31  ottobre\n1990, n. 346, relativamente alle quali i relativi rapporti  non  sono\nesauriti alla data di entrata in vigore del presente decreto, laddove\nil tasso di interesse legale risulta uguale o inferiore allo 0,1  per\ncento, si assumono i coefficienti risultanti dal  prospetto  allegato\nal decreto del Ministero dell\u0027economia e delle  finanze  21  dicembre\n2015,  pubblicato   nella   Gazzetta   Ufficiale   della   Repubblica\nitaliana n. 302 del 30 dicembre 2015». \n    6.8.  La  norma,  nel  regolare  esclusivamente  le  ipotesi  ivi\nindicate,  implica   l\u0027applicazione   della   previgente   disciplina\nnormativa ai rapporti ancora sub iudice in cui il tasso di  interesse\nda applicare non risulti uguale o inferiore allo 0,1 per cento. \n    6.9. Va, in altri termini,  rilevato,  vista  la  chiara  dizione\nnormativa, che la  norma  in  rassegna  ha  previsto  per  il  futuro\nl\u0027applicazione di un preciso tasso  di  interesse,  riferibile  anche\nalle successioni apertesi in epoca antecedente alla entrata in vigore\ndel  decreto  legislativo  n.  139/2024  che  siano  contraddistinte,\ntuttavia, dall\u0027applicazione  di  un  saggio  di  interesse  uguale  o\ninferiore allo 0,1 per cento. \n    6.10. Quest\u0027ultima disposizione dettata per i rapporti non ancora\nesauriti non puo\u0027, pertanto, trovare applicazione  nella  fattispecie\nsub iudice, come richiesto dalla  Procura  Generale,  atteso  che  il\ntasso di interesse nell\u0027anno di apertura della successione (2016) era\npari allo 0,2 per cento in ragione d\u0027anno - come individuato con d.m.\n21 dicembre 2015, ai sensi dell\u0027art. 1284 del codice civile - ,  vale\na dire ne\u0027 uguale ne\u0027 inferiore al saggio di interesse dello 0,1  per\ncento,  individuato  come  criterio  di  sbarramento  per   applicare\nall\u0027imposta di successione relativa alle rendite vitalizie ancora sub\niudice il saggio individuato dal decreto legislativo n. 139/2024. \n    7. Rileva, a questo punto, il rinvio operato dall\u0027art. 17 decreto\nlegislativo  n.  346/1990  al  prospetto  allegato  al  decreto   del\nPresidente della Repubblica n. 131/1986 -  il  quale,  a  sua  volta,\nspecifica  i  coefficienti  per  la  determinazione  dei  diritti  di\nusufrutto a vita, delle rendite o  pensioni  vitalizie  calcolati  al\nsaggio di interesse - e quello disposto dall\u0027art. 3, comma 164, legge\nn. 662/1996 che, nell\u0027individuare i coefficienti di cui al  prospetto\nallegato al cit. d.P.R., rinvia alla percentuale  di  interesse  come\ndeterminato dai decreti ministeriali annuali. A tal ultimo  riguardo,\nvale osservare come l\u0027art. 1284 del codice civile  disponga  che  «il\nsaggio degli interessi legali e\u0027 determinato in misura pari al 5  per\ncento in ragione d\u0027anno. Il Ministro del tesoro, con proprio  decreto\npubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  italiana  non\noltre il 15 dicembre dell\u0027anno precedente a quello cui il  saggio  si\nriferisce, puo\u0027 modificarne annualmente la  misura,  sulla  base  del\nrendimento medio annuo lordo dei  titoli  di\u0027  Stato  di  durata  non\nsuperiore a dodici mesi  e  tenuto  conto  del  tasso  di  inflazione\nregistrato nell\u0027anno. Qualora entro il 15 dicembre  non  sia  fissata\nuna nuova misura del  saggio,  questo  rimane  invariato  per  l\u0027anno\nsuccessivo». \n    7.1. Nella presente fattispecie, il  summenzionato  art.  17  con\nl\u0027inciso  «prospetto  allegato  al  decreto  del   Presidente   della\nRepubblica  n.  131/1986»  rinvia  ad  una  disposizione  precisa  ed\nunivoca, la quale calcola il coefficiente in ragione  del  saggio  di\ninteresse   legale   (individuato   alla   data    di    applicazione\ndell\u0027imposta), come individuato dall\u0027art.  3,  comma  164,  legge  n.\n662/1996, ratione temporis vigente. \n    8.  La  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.  250/2014,   ha\nconfermato la propria giurisprudenza - che risale agli  anni  novanta\ned  e\u0027  stata  poi  ribadita  successivamente  -  che,  recependo  la\ndifferenza fra rinvio recettizio e  rinvio  formale,  chiarisce  che,\nmentre il rinvio formale concerne la fonte e non la norma, per aversi\nrinvio recettizio occorre che il richiamo  sia  indirizzato  a  norme\ndeterminate ed esattamente individuate  dalla  stessa  norma  che  lo\neffettua. Il rinvio e\u0027  recettizio  solo  quando  «sia  espressamente\nvoluto dal  legislatore  o  sia  desumibile  da  elementi  univoci  e\nconcludenti (sentenze n. 258 del 2014 e n. 80 del 2013)» (sentenza n.\n93 del 2019), operando altrimenti una presunzione  della  sua  natura\nformale. Secondo la giurisprudenza costituzionale «mentre  il  rinvio\nrecettizio opera  una  novazione  della  fonte  che  eleva  la  norma\nrichiamata al rango primario, la funzione del rinvio  non  recettizio\nnon e\u0027 quella di incorporare il  contenuto  della  norma  richiamata,\nbensi\u0027 di indicare la fonte competente  a  regolare  una  determinata\nmateria» (sentenza n.  250  del  2014;  n.  44/2025).  Il  rinvio  e\u0027\nrecettizio solo quando «sia espressamente voluto  dal  legislatore  o\nsia desumibile da elementi univoci e concludenti (sentenze n. 258 del\n2014 e  n.  80  del  2013)»  (sentenza  n.  93  del  2019),  operando\naltrimenti una presunzione della sua natura formale. \n    8.1. La disposizione richiamata (il Prospetto allegato al decreto\ndel  Presidente  della  Repubblica  n.  131/1986),   come   integrata\ndall\u0027art. 3, comma 164, legge n. 662/1996,  per  effetto  del  rinvio\noperato dall\u0027art.  17,  decreto  legislativo  n.  346/1990  e\u0027  stata\nrecepita  e  cristallizzata  all\u0027interno  della  norma   richiamante,\nvenendo a formare parte integrante  di  quest\u0027ultima;  dirimente  e\u0027,\ndifatti, il dato testuale: il legislatore ha precisato  che,  per  la\nrendita  vitalizia,  la  base  imponibile  si\u0027   calcola   applicando\nl\u0027annualita\u0027 per il coefficiente risultante dal prospetto allegato al\nd.P.R. n.  131/1986,  il  quale  si  intitola  «coefficienti  per  la\ndeterminazione dei diritti di usufrutto a  vita  e  delle  rendite  o\npensioni vitalizie»,  coefficienti  che,  ai  sensi  della  legge  n.\n662/1996, mutano al variare del tasso di interesse; ne  consegue  che\nla lettera della legge esprime in maniera inequivoca la  volonta\u0027  di\n«riportare» nel decreto legislativo n. 346/1990 le  prescrizioni  del\nprospetto di cui al decreto del  Presidente  della  Repubblica  cit.,\ncome integrato dall\u0027art.  3,  comma  164,  cit.,  stabilendo  che  il\nprospetto dei coefficienti  -  che  prende  in  considerazione  anche\nl\u0027eta\u0027 del beneficiario - muta in  base  alle  variazioni  del  tasso\nlegale come individuato dai decreti ministeriali. \n    8.2. Il corollario che si trae dalla natura recettizia del rinvio\ne\u0027 l\u0027inoperativita\u0027 del potere disapplicativo incidentale del decreto\nministeriale che stabilisce la misura del tasso legale  -  in  quanto\ntasso applicabile  in  ragione  dell\u0027art.  3,  comma  164,  legge  n.\n662/1996 che integra le modalita\u0027 di  calcolo  dei  coefficienti  del\nprospetto allegato al T.U.R. e del disposto dell\u0027art. 1284 del codice\ncivile,  e,   dunque,   componente   costitutivo   del   coefficiente\nindividuato dal prospetto medesimo ai fini  del  calcolo  della  base\nimponibile - , non potendo  il  giudice  «scegliere»,  in  violazione\ndella previsione del cit. art. 3 e del disposto  dell\u0027art.  1284  del\ncodice civile, il tasso di interesse che reputa piu\u0027 «ragionevole»  e\npiu\u0027  «equo»  tra  quelli  individuati  anno  per  anno  dai  decreti\nministeriali richiamati. \n    8.3. Nella presente fattispecie, a fronte di  una  rendita  annua\npari ad euro 18.000,00, il coefficiente per l\u0027anno 2016  -  anno  del\ndecesso del disponente - risulta pari a 150 (considerata l\u0027eta\u0027 -  77\nanni - della beneficiaria alla data di apertura  della  successione),\nderivando una base imponibile di euro 2.700.000,00, su cui  applicare\nl\u0027aliquota  dell\u0027otto  per  cento.  Dunque,  un  coefficiente   cosi\u0027\nstrutturato restituisce una base imponibile non corrispondente ad  un\nvalore economico reale, giacche\u0027 esige una sopravvivenza di 150  anni\ndi una donna di 77 anni. \n    8.4. Ancora prima dell\u0027entrata in vigore del decreto  legislativo\nn. 139/2024 l\u0027Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 51/E del 20\ngennaio 2021, interrogata in merito al calcolo della base  imponibile\ndi una rendita vitalizia costituita mortis  causa,  in  cui  ai  fini\ndell\u0027imposta  sulle  successioni  e  donazioni  l\u0027obbligo  impositivo\nrelativo all\u0027onere a  carico  del  legatario  risultava  abnorme,  ha\nritenuto che la rendita oggetto di eredita\u0027 in realta\u0027 potesse essere\nintesa quale  rendita  a  tempo  determinato,  e  non  quale  rendita\nvitalizia, cio\u0027 al fine di evitare l\u0027effetto  distorsivo  discendente\ndal costante calo del tasso di interesse  legale,  che  a  sua  volta\nincide sui coefficienti utilizzati per calcolare il valore  del  bene\n(in questo caso la rendita vitalizia) e la relativa  base  imponibile\nai fini dell\u0027imposta. \n    8.5.  Quindi,  gia\u0027   precedentemente   al   recente   intervento\nlegislativo che ha fissato nella misura del 2,5 per cento il tasso di\ninteresse per calcolare i coefficienti di cui al  prospetto  allegato\nal decreto legislativo n. 642/1990, la stessa amministrazione, almeno\nin  un  caso,  sovrapponibile  a  quello  in  rassegna,  ha   escluso\nl\u0027applicazione del criterio di attualizzazione per il  calcolo  della\nrendita  vitalizia  di  cui  all\u0027art.   17   del   medesimo   decreto\nlegislativo,  reputando  irragionevole  e  sproporzionata   la   base\nimponibile che si veniva a determinare a causa  della  variazione  in\nribasso del tasso di interesse. \n    8.6. L\u0027unica spiegazione matematicamente sostenibile, quanto alla\nattualizzazione della rendita (nel nostro caso, per il 2016)  e\u0027  che\nil legislatore abbia ipotizzato oscillazioni del tasso  di  interesse\nche avrebbero determinato un valore  attuale  della  somma  percepita\nnettamente inferiore al valore futuro. \n    8.7. In concreto, il valore della rendita e\u0027 il  risultato  della\nmoltiplicazione  dell\u0027annualita\u0027  di  rendita  per  il   coefficiente\nstabilito dalla legge, come determinato dall\u0027art. 3, comma 164  della\nlegge n. 662 del 1996, per stimare il numero di annualita\u0027 che  -  in\nrelazione all\u0027aspettativa di vita di colui alla cui morte la  rendita\ncessa - il beneficiario della rendita avra\u0027 verosimilmente diritto ad\navere, nonche\u0027 della differenza esistente fra la percezione immediata\ndi una somma (quello che si definisce «valore  presente»)  e  la  sua\npercezione in futuro. Il calcolo dell\u0027attualizzazione e\u0027, ovviamente,\ninfluenzato in modo diretto sia dal coefficiente base  (non  ancorato\nad alcuna formula matematica) sia dalla misura del tasso  d\u0027interesse\nche, dal 1986, dopo quaranta anni di tasso superiore al 3 per  cento,\ne\u0027 disceso rapidamente. \n    9. Il complesso di questa disciplina  -  costituito  dalla  norma\nrichiamante e dal prospetto richiamato unitamente all\u0027art.  3,  comma\n164, menzionato - appare palesemente irrazionale,  in  quanto  se  il\nprimo elemento attiene alla stima del numero di  annualita\u0027  che,  in\nrelazione all\u0027aspettativa di vita di colui alla cui morte la  rendita\ncessa, il beneficiario della rendita avra\u0027 verosimilmente diritto  ad\navere, il secondo criterio di determinazione della rendita al fine di\nstabilire «il valore attuale»  dell\u0027annualita\u0027,  oscilla  ogni  anno,\ncosi\u0027 determinando, quando si ha un notevole decremento del tasso  di\ninteresse, una base imponibile che risulta spropositata rispetto alla\nvita media, tanto da condurre a risultati  incongrui,  come  accaduto\nnella presente fattispecie. \n    9.1. Per quanto la valorizzazione di una  rendita  vitalizia  non\npossa che essere effettuata in maniera prospettica ed  astratta,  non\nessendo dato conoscere in anticipo  con  esattezza  per  quanti  anni\nsara\u0027 erogata, e\u0027 altrettanto vero che  tale  valutazione  proiettiva\ndebba necessariamente essere ragionevole e correlata  al  presupposto\nimpositivo ed alle normali  regole  che  presiedono  alla  formazione\ndella base imponibile - considerando l\u0027eta\u0027 media o differenziata per\nuomini e donne, che non puo\u0027 ovviamente  raggiungere  i  227  anni  -\nimponendo  il  rispetto,  ex  art.  53  della  Costituzione,  di  una\nproporzionale corrispondenza tra entita\u0027 dell\u0027imposta e valore  reale\ndella base imponibile. \n    9.2. E\u0027 motivo di irrazionalita\u0027 che la normativa che  regola  la\nmateria non abbia considerato che la flessione del tasso di interesse\ncorrelato al coefficiente di cui  al  summenzionato  prospetto  possa\ngenerare  una  base  imponibile  esorbitante  e  sproporzionata   sia\nrispetto alla stessa volonta\u0027  del  legislatore  che  originariamente\naveva previsto il calcolo  dell\u0027imposta  proporzionale  su  una  base\nimponibile congrua, in quanto calcolata su un tasso di  interesse  al\ntre per cento, sia rispetto alla prevedibile vita del beneficiario. \n    9.3.  La  salvaguardia  dell\u0027ambito   di   discrezionalita\u0027   del\nlegislatore non esime questa Corte dal  dubitare  della  razionalita\u0027\ndel metodo di calcolo, come  dimostra  anche  il  recente  intervento\nlegislativo del 2024 che ha voluto  indicare  una  misura  fissa  del\ntasso di interesse per la determinazione del coefficiente proprio  al\nfine di porre un limite alla lievitazione della  base  imponibile  su\ncui calcolare l\u0027imposta di successione (e quella di registro). \n    10. La Corte costituzionale gia\u0027 da tempo  ha  argomentato  sulla\nincostituzionalita\u0027 di norme in riferimento alla  percezione  comune,\nesprimendo concetti «soggettivi» e «relativi», e vagliando il  canone\ndi  ragionevolezza  in  rapporto  alla  conformita\u0027  dell\u0027ordinamento\ngiuridico con i valori di giustizia ed equita\u0027 (sentenze n.  264  del\n1994 e n. 388  del  1995)  o  con  la  realta\u0027  fattuale  quali  dati\ncondizionanti in modo oggettivo ed incontrovertibile (sentenza n. 114\ndel  1998:  «si  appalesa  irragionevole  siccome   non   rispondente\nall\u0027esigenza di conformita\u0027 dell\u0027ordinamento ai valori  di  giustizia\ned  equita\u0027  connaturati  al  principio  sancito  dall\u0027art.  3  della\nCostituzione...»). \n    10.1. Nel declinare detti principi generali al  caso  di  specie,\nritiene questa Corte che un prelievo fiscale come quello posto a base\ndell\u0027atto  impositivo  impugnato  producendo  una   base   imponibile\nspropositata ed un arbitrario valore fiscale si ponga in contrasto  -\nnella normativa ad esso  sottesa  -  con  i  principi  costituzionali\ncitati. \n    10.2. La disciplina  in  commento  appare  in  conflitto  con  il\nprincipio di ragionevolezza e proporzionalita\u0027 posto a corollario  di\nquello di eguaglianza recato dall\u0027art. 3 della Costituzione  in  modo\ntale  da  risultare  necessario  che  le  distinzioni   operate   dal\nlegislatore  tributario  non  siano  irragionevoli  o  arbitrarie   o\ningiustificate (cfr. Corte costituzionale n. 201 del 2014),  al  fine\ndi verificare la coerenza interna della struttura dell\u0027imposta con il\nsuo  presupposto  economico,   come   pure   la   non   arbitrarieta\u0027\ndell\u0027entita\u0027 dell\u0027imposizione. \n    10.3. L\u0027ampia  ed  indiscussa  discrezionalita\u0027  del  legislatore\ntributario  nella  scelta  degli  indici  rivelatori   di   capacita\u0027\ncontributiva (ex plurimis, sentenza n. 269 del 2017) non  si  traduce\nin  un  potere  d\u0027arbitrio,  sicche\u0027,  una  volta   identificato   il\npresupposto d\u0027imposta,  quest\u0027ultimo  diviene  il  fondamento  ed  il\nlimite delle successive scelte del legislatore. \n    10.4. E\u0027 del resto  principio  consolidato  nella  giurisprudenza\ncostituzionale che il controllo «in ordine alla lesione dei  principi\ndi cui  all\u0027art.  53  della  Costituzione,  come  specificazione  del\nfondamentale  principio  di  uguaglianza  di  cui  all\u0027art.  3  della\nCostituzione, si riconduce a un  «giudizio  sull\u0027uso  ragionevole,  o\nmeno,  che  il  legislatore  stesso  abbia  fatto  dei  suoi   poteri\ndiscrezionali  in  materia  tributaria,  al  fine  di  verificare  la\ncoerenza interna della struttura dell\u0027imposta con il suo  presupposto\neconomico» (sentenza n. 262/2020; sentenza n. 116 del 2013; ma anche,\nex plurimis, sentenze n. 10 del 2015, n. 223 del  2012,  n.  111  del\n1997, nonche\u0027, in senso analogo,  gia\u0027  sentenza  n.  42  del  1980).\nRimarcando il valore della inderogabilita\u0027 del dovere tributario,  la\nCorte costituzionale ha, del resto, precisato  che  «tale  qualifica,\ndato il contesto sistematico in cui si colloca,  si  giustifica  solo\nnella misura in cui il sistema tributario rimanga saldamente ancorato\nal complesso  dei  principi  e  dei  relativi  bilanciamenti  che  la\nCostituzione prevede e consente, tra cui, appunto,  il  rispetto  del\nprincipio di capacita\u0027 contributiva  (art.  53  della  Costituzione).\nSicche\u0027  quando  il  legislatore  disattende  tali   condizioni,   si\nallontana dalle altissime ragioni di civilta\u0027 giuridica  che  fondano\nil dovere tributario: in queste ipotesi si  determina  un\u0027alterazione\ndel  rapporto  tributario,  con  gravi  conseguenze  in  termini   di\ndisorientamento non solo dello stesso sviluppo  dell\u0027ordinamento,  ma\nanche del relativo contesto sociale» (sentenza n. 288 del 2019). \n    10.5. E\u0027 evidente,  inoltre,  la  violazione  dell\u0027art.  3  della\nCostituzione  sotto  il  profilo  della  disparita\u0027  di   trattamento\nrispetto all\u0027imposta di successione sull\u0027usufrutto. \n    10.6. L\u0027art. 17 cit. stabilisce i coefficienti da utilizzare  per\nil  calcolo  della  rendita  vitalizia  oltre  che  per   l\u0027usufrutto\nvitalizio, con  la  conseguenza  che  vengono  considerate  uguali  e\ndisciplinate allo stesso modo due  situazioni  completamente  diverse\ntra loro, tenuto conto che sono innegabilmente differenti i punti  da\ncui  si  deve  muovere  per  giungere   a   determinare   il   valore\ndell\u0027imponibile da  sottoporre  a  tassazione,  ovvero:  -  nel  caso\ndell\u0027usufrutto vitalizio, al valore imponibile si giunge partendo dal\nvalore del capitale (vale a  dire  dal  valore  del  bene  sul  quale\nl\u0027usufrutto e\u0027 impresso);-  nel  caso  della  rendita  vitalizia,  al\nvalore  imponibile  si  giunge  muovendo  dal  valore  della  rendita\nperiodicamente dovuta e operando  la  sua  capitalizzazione  mediante\nattualizzazione. Orbene, i  coefficienti  di  moltiplicazione,  cosi\u0027\ncome previsti nel prospetto allegato al testo unico  dell\u0027imposta  di\nregistro, mentre appaiono ragionevoli laddove si tratta di  calcolare\nil valore dell\u0027usufrutto vitalizio, viceversa appaiono  completamente\nincongrui ed arbitrari allorquando  si  tratta  di  quantificare  (in\nmisura che risulta di  molto  superiore)  la  base  imponibile  della\nrendita vitalizia, generando disparita\u0027  ragguardevoli  in  relazione\nalla entita\u0027 dell\u0027imposta dovuta. \n    10.7. Nel delineare la portata dell\u0027art. 53  della  Costituzione,\nla  Corte  costituzionale  ha,  invero,  individuato  tre   requisiti\nessenziali  (che  vanno  riguardati  anche  alla  luce  dell\u0027art.  1,\nProtocollo 1 Cedu) della capacita\u0027 contributiva:  l\u0027effettivita\u0027,  la\ncertezza e l\u0027attualita\u0027 (cfr. Corte costituzionale, 12  luglio  1967,\nn.  109;  Corte  costituzionale,  28  luglio  1976,  n.  200;   Corte\ncostituzionale, 26 marzo 1980, n. 42; Corte costituzionale, 22 aprile\n1980, n. 54; Corte costituzionale, n. 252/1992; Corte costituzionale,\n29 gennaio 1996, n. 73; Corte  costituzionale,  26  luglio  2000,  n.\n362). \n    10.8. In ordine  al  primo  requisito,  il  nesso  tra  il  fatto\nrivelatore  di  capacita\u0027  contributiva  e  il  tributo  deve  essere\neffettivo  e  non  apparente  o  fittizio;  l\u0027effettivita\u0027   esprime,\ninfatti,   la   concreta   idoneita\u0027   del    presupposto    rispetto\nall\u0027obbligazione d\u0027imposta, la quale  dovra\u0027  avere  ad  oggetto  una\nmanifestazione  economica   reale,   dovendo   l\u0027imposizione   essere\nrapportata ad una forza economica realmente esistente, non  meramente\nvirtuale o presunta. Alla stregua  dell\u0027impostazione  della  Consulta\n(cfr. Corte costituzionale, 12 luglio 1967, n. 109, cit., 223;  Corte\ncostituzionale, 28 luglio 1976, n. 200, cit.),  va  salvaguardato  il\ndiritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere  alle  spese\npubbliche  solo  in  quanto  in  possesso  di   effettiva   capacita\u0027\ncontributiva, non potendo essere qualificata  capacita\u0027  contributiva\nun\u0027idoneita\u0027 economica che non si basi su fatti reali, ma  abbia  una\nbase fittizia (cfr. Corte costituzionale, 26 marzo 1980, n.  42);  la\ncapacita\u0027 contributiva deve essere effettiva nel senso  di  certa  ed\nattuale, e non meramente  fittizia  (cfr.  Corte  costituzionale,  28\nluglio 1976, n. 200, cit., 1254; Corte costituzionale, 26 marzo 1980,\nn. 42.; Corte costituzionale, n. 252/1992; Corte  costituzionale,  29\ngennaio 1996, n. 73; Corte costituzionale, 26 luglio  2000,  n.  362,\ncit.). Infine, in forza del  parametro  dell\u0027attualita\u0027,  il  tributo\ndeve essere correlato ad una capacita contributiva in  atto,  non  ad\nuna   capacita   contributiva   passata   o   futura   (cfr.    Corte\ncostituzionale,  22  aprile  1980,  n.  54),  ovvero   la   capacita\u0027\ncontributiva deve sussistere  nel  momento  in  cui  si  verifica  il\nprelievo; in tale ottica la capacita\u0027 contributiva risulta, pertanto,\ninscindibilmente  connessa  ai  principi  di  ragionevolezza   e   di\nuguaglianza tributaria, atteso che, in forza del  connubio  normativo\ntra gli articoli 53 e  3  della  Costituzione,  a  situazioni  uguali\ndevono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente,  a\nsituazioni diverse  un  trattamento  tributario  differenziato  (cfr.\nCorte Costituzionale, 6 luglio 1972, n. 120). \n    11.  In  definitiva,  il  Collegio  ritiene  non   manifestamente\ninfondata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, la\nquestione  di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.   17   decreto\nlegislativo n. 346/1990 (nel  testo  applicabile  ratione  temporis),\nnella parte in cui, per il calcolo della base imponibile dell\u0027imposta\ndi  successione,  richiama  il  prospetto  allegato  al  decreto  del\nPresidente della Repubblica  n.  131/1986,  completato  a  sua  volta\ndall\u0027art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 che  ancora  la  variazione\ndel  coefficiente  al  variare  del   tasso   di   interesse,   cosi\u0027\ndeterminando una base imponibile contraria al principio di realta\u0027  e\nproduttiva di effetti praticamente confiscatori. \n    11.1. Ne\u0027, per le ragioni gia\u0027 indicate e la natura stessa  della\ndisciplina censurata, informata a rigidi criteri attuariali, appaiono\nalternativamente   praticabili   interpretazioni   costituzionalmente\ncompatibili che esimano dal sollevare la relativa questione. \n    11.2. Questione che risulta all\u0027evidenza rilevante ai fini  della\ndecisione   della   presente   controversia,   giacche\u0027   l\u0027eventuale\ndeclaratoria  d\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  della   summenzionata\ndisposizione  inciderebbe   sul   calcolo   della   base   imponibile\ndell\u0027imposta di successione dei  rapporti  non  ancora  esauriti.  La\ndecisione del riçorso richiede,  invero,  l\u0027applicazione  del  citato\nart.  17,  di  qui  la   rilevanza   del   dubbio   di   legittimita\u0027\ncostituzionale in considerazione della sussistenza di un effettivo  e\nconcreto rapporto di strumentalita\u0027 fra la definizione  del  giudizio\nprincipale e la risoluzione della  questione  che  viene  oggi  posta\n(cfr. Corte costituzionale 21 dicembre 2021, n. 250). \n    12.  Ai  sensi  dell\u0027art.  23  della  legge  n.   87/1953,   alla\ndichiarazione  di  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza   della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale, segue  la  sospensione  del\ngiudizio  e  l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale.  \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    La Corte: \n        visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11\nmarzo 1953, n. 87; \n        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in\nriferimento all\u0027art. 3, primo comma  ed  all\u0027art.  53,  primo  comma,\ndella  Costituzione,  la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 17 decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (nella  sua\nformulazione originaria, applicabile ratione temporis),  nella  parte\nin cui rinvia al prospetto allegato al decreto del  Presidente  della\nRepubblica 26 aprile 1986, n. 131 cui rimanda anche l\u0027art.  3,  comma\n164, legge 23 dicembre 1996, n. 662; \n        dispone che gli atti, comprensivi dei documenti relativi alle\nnotificazioni  e  comunicazioni  disposte,   vengano   immediatamente\ntrasmessi alla Corte costituzionale; \n        dispone che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza\nsia notificata alle parti in causa, al  Procuratore  generale  presso\nquesta  Corte,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ed  ai\nPresidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; \n        sospende il giudizio. \n    Cosi\u0027 deciso nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione,\nSezione Tributaria, in data 9 aprile 2025. \n \n                       Il Presidente: Stalla","elencoNorme":[{"id":"63817","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto legislativo","data_legge":"31/10/1990","data_nir":"1990-10-31","numero_legge":"346","descrizionenesso":"nella parte in cui rinvia all\u0027","legge_articolo":"17","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1990-10-31;346~art17"},{"id":"63830","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della Repubblica","data_legge":"26/04/1986","data_nir":"1986-04-26","numero_legge":"131","descrizionenesso":"nella parte in cui rinvia all\u0027","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"Prospetto allegato","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.Presidente.della.Repubblica:1986-04-26;131"},{"id":"63831","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"23/12/1996","data_nir":"1996-12-23","numero_legge":"662","descrizionenesso":"","legge_articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"164","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1996-12-23;662~art3"}],"elencoParametri":[{"id":"80103","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80104","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"53","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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