HTTP Client
1
Total requests
0
HTTP errors
Clients
http_client 1
Requests
POST | https://ws.cortecostituzionale.it/servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/62 | |
---|---|---|
Request options | [ "headers" => [ "Content-Type" => "application/json" ] "auth_basic" => [ "corteservizisito" "corteservizisito,2021+1" ] ] |
|
Response |
200
[ "info" => [ "header_size" => 166 "request_size" => 300 "total_time" => 0.372246 "namelookup_time" => 0.000457 "connect_time" => 0.030748 "pretransfer_time" => 0.067933 "size_download" => 84962.0 "speed_download" => 228392.0 "starttransfer_time" => 0.067956 "primary_ip" => "66.22.43.24" "primary_port" => 443 "local_ip" => "65.108.230.242" "local_port" => 32818 "http_version" => 3 "protocol" => 2 "scheme" => "HTTPS" "appconnect_time_us" => 67849 "connect_time_us" => 30748 "namelookup_time_us" => 457 "pretransfer_time_us" => 67933 "starttransfer_time_us" => 67956 "total_time_us" => 372246 "start_time" => 1757483432.7968 "original_url" => "https://ws.cortecostituzionale.it/servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/62" "pause_handler" => Closure(float $duration) {#830 : "Symfony\Component\HttpClient\Response\CurlResponse" : { : CurlHandle {#809 …} : Symfony\Component\HttpClient\Internal\CurlClientState {#797 …} : -9223372036854775808 } } "debug" => """ * Trying 66.22.43.24...\n * TCP_NODELAY set\n * Connected to ws.cortecostituzionale.it (66.22.43.24) port 443 (#0)\n * ALPN, offering h2\n * ALPN, offering http/1.1\n * successfully set certificate verify locations:\n * CAfile: /etc/pki/tls/certs/ca-bundle.crt\n CApath: none\n * SSL connection using TLSv1.3 / TLS_AES_256_GCM_SHA384\n * ALPN, server accepted to use h2\n * Server certificate:\n * subject: C=IT; ST=Roma; O=Corte Costituzionale; CN=*.cortecostituzionale.it\n * start date: Nov 19 00:00:00 2024 GMT\n * expire date: Dec 20 23:59:59 2025 GMT\n * subjectAltName: host "ws.cortecostituzionale.it" matched cert's "*.cortecostituzionale.it"\n * issuer: C=IT; ST=Roma; L=Pomezia; O=TI Trust Technologies S.R.L.; CN=TI Trust Technologies OV CA\n * SSL certificate verify ok.\n * Using HTTP2, server supports multi-use\n * Connection state changed (HTTP/2 confirmed)\n * Copying HTTP/2 data in stream buffer to connection buffer after upgrade: len=0\n * Using Stream ID: 1 (easy handle 0x26fe090)\n > POST /servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/62 HTTP/2\r\n Host: ws.cortecostituzionale.it\r\n Content-Type: application/json\r\n Accept: */*\r\n Authorization: Basic Y29ydGVzZXJ2aXppc2l0bzpjb3J0ZXNlcnZpemlzaXRvLDIwMjErMQ==\r\n User-Agent: Symfony HttpClient (Curl)\r\n Accept-Encoding: gzip\r\n Content-Length: 0\r\n \r\n * Connection state changed (MAX_CONCURRENT_STREAMS == 128)!\n < HTTP/2 200 \r\n < content-type: application/json;charset=UTF-8\r\n < cache-control: no-cache\r\n < pragma: no-cache\r\n < content-encoding: UTF-8\r\n < date: Wed, 10 Sep 2025 05:50:33 GMT\r\n < \r\n * 35 data bytes written\n """ ] "response_headers" => [ "HTTP/2 200 " "content-type: application/json;charset=UTF-8" "cache-control: no-cache" "pragma: no-cache" "content-encoding: UTF-8" "date: Wed, 10 Sep 2025 05:50:33 GMT" ] "response_content" => [ "{"dtoOrdinanza":{"anno":"2025","numero":"62","numero_parte":"1","autorita":"Corte dei conti","localita_autorita":"","data_deposito":"10/02/2025","data_emissione":"","data_gazzetta":"16/04/2025","numero_gazzetta":"16","anno_decisione":"","numero_decisione":"","data_seduta":"3 dicembre 2025","descrizione_fissazione":"Udienza Pubblica","stato_fissazione":"2","relatore":"BUSCEMA","oggetto_lungo":"\u003cp\u003eResponsabilità amministrativa e contabile – Comuni, province e città metropolitane – Dichiarazione di dissesto – Conseguenze per gli amministratori che sono stati riconosciuti, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, al verificarsi del dissesto finanziario – Sanzioni interdittive – Divieto di ricoprire per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati – Incandidabilità, per un periodo di dieci anni, per i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili per la medesima fattispecie, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo – Irragionevolezza della previsione di una misura interdittiva (incandidabilità o divieto di ricoprire cariche) in misura fissa (dieci anni) per una condotta, anche di natura gravemente colposa, che non abbia determinato ma anche solo contribuito, peraltro senza limiti di tempo, al dissesto dell’ente – Contrasto con i principi di gradualità sanzionatoria, proporzionalità, ragionevolezza ed eguaglianza – Irragionevole parificazione, sotto il profilo sanzionatorio, di condotte sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo, sia in relazione all’incidenza del loro contributo al dissesto o alla loro durata – Lesione del diritto di elettorato passivo – Disparità di trattamento con riferimento a fattispecie che incidono o sulle condizioni morali degli amministratori o riguardano responsabilità relative a infiltrazioni mafiose per le quali sussiste la possibilità di limitare la durata dell’incandidabilità tramite l’istituto della riabilitazione –\u0026nbsp;Irragionevolezza di un termine fisso di incandidabilità (o divieto di ricoprire determinate cariche) sotto il profilo della mancata differenziazione o graduazione della colpa grave rispetto al dolo, nonché delle condotte “determinanti” rispetto ai quelle che esprimono un mero “contributo” – Irragionevolezza del divieto di ricoprire alcune cariche non preclusivo della possibilità di essere eletti per l’esercizio di funzioni non riguardanti la singola attività delegata ma l’intera amministrazione locale.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"D. L.P. e altri","altre_parti":"ASMEL, E. G., M. D. A., V. S. ed altro, Procuratore Generale presso la Corte dei conti, Lo Polito Domenico","testo_atto":"N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza del 10 febbraio 2025 della Corte dei conti sezione\ngiurisdizionale per la Regione Calabria sul ricorso proposto da D.\nL.P. e altri. \n \nResponsabilita\u0027 amministrativa e contabile - Comuni, province e\n citta\u0027 metropolitane - Dichiarazione di dissesto - Conseguenze per\n gli amministratori che sono stati riconosciuti, anche in primo\n grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o\n gravemente colpose, al verificarsi del dissesto finanziario -\n Sanzioni interdittive - Divieto di ricoprire, per un periodo di\n dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti\n locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti,\n istituzioni ed organismi pubblici e privati - Incandidabilita\u0027, per\n un periodo di dieci anni, per i sindaci e i presidenti di provincia\n ritenuti responsabili per la medesima fattispecie, alle cariche di\n sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta\n regionale, nonche\u0027 di membro dei consigli comunali, dei consigli\n provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del\n Parlamento e del Parlamento europeo. \n- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi\n sull\u0027ordinamento degli enti locali), art. 248, comma 5. \n\n\r\n(GU n. 16 del 16-04-2025)\n\r\n \n LA CORTE DEI CONTI \n Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria \n \n Composta dai seguenti magistrati: \n Carlo Efisio Marre\u0027 Brunenghi - Presidente f.f.; \n Sabrina Facciorusso - Giudice; \n Guido Tarantelli - Giudice relatore; \n \n Ordinanza \n \n Nel ricorso in opposizione ex art. 135 c.g.c. relativo a giudizio\nsanzionatorio iscritto al n. 23983 del registro di Segreteria,\npromosso da: \n D. L. P., nato a il e ivi residente ; \n A. V., nato a il e ivi residente ( ); \n G. R., nato a il e ivi residente ( ); \n P. P., nato a il e ivi residente ( ), \n tutti rappresentati e difesi, come da procura alle liti in atti,\ndall\u0027avv. Gaetano Callipo (CLLGTN64R11E041M) del foro di Palmi, con\ndomicilio digitale eletto all\u0027indirizzo di posta elettronica\ncertificata gaetano.callipo@pec.it - ricorrenti \n contro: \n Procura presso la Sezione giurisdizionale per la Regione\nCalabria della Corte dei conti, PEC:\ncalabria.procura@corteconticert.it - resistente \n esaminati gli atti e i documenti di causa; \n nella pubblica udienza del 31 ottobre 2024, data per letta la\nrelazione sul consenso delle parti e udito per il ricorrente l\u0027Avv.\nGaetano Callipo, e per la Procura resistente il V.P.G. dott. Giovanni\nDi Pietro, i quali concludevano come da verbale di udienza. \n \n Fatto \n \n 1. Con ricorso del 28 maggio 2024, la Procura regionale ha\nchiesto l\u0027emissione di un decreto per l\u0027applicazione delle sanzioni\npreviste dall\u0027art. 248, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto\n2000, n. 267 (di seguito TUEL) - e, dunque, ferma restando\nl\u0027applicazione delle misure interdittive afferenti allo status,\nl\u0027irrogazione di una sanzione pecuniaria pari a dieci volte la\nretribuzione mensile lorda dovuta al momento della commissione della\nviolazione - nei confronti dei signori L. P. D. (per euro ), D. F.\n(per euro ), V. A. (per euro ), R. G. (per euro ), P. P.\n(per euro ) e S. M. (per euro ), nella qualita\u0027 di componenti\ndella Giunta comunale di , i quali, dopo l\u0027approvazione del piano\ndi riequilibrio, non avrebbero posto in essere in modo effettivo le\nmisure e gli interventi necessari per realizzare il risanamento\ndell\u0027ente e, come accertato dalla sezione di Controllo nella\ndeliberazione n. 24 del 6 marzo 2019, avrebbero aggravato la\nsituazione economico finanziaria dell\u0027ente, perche\u0027 responsabili di\navere contribuito, con le proprie condotte gravemente colpose, al\nverificarsi del dissesto finanziario dell\u0027ente locale, poi deliberato\ndal consiglio comunale. \n La domanda della Procura regionale seguiva la citata\ndeliberazione n. 24/2019 della Sezione di controllo per la Regione\nCalabria nella quale non veniva approvato il piano di riequilibrio\nfinanziario predisposto dall\u0027ente locale sussistendo rilevanti\ncriticita\u0027 dovute alla mancata copertura del disavanzo secondo le\nprevisioni del piano, alla presenza di una situazione debitoria non\ncorrispondente a quella descritta nel piano e ritenuta di maggiore\nconsistenza, anche in considerazione della mancata definizione di\naccordi transattivi e di rateizzazione con i creditori, ad\nun\u0027evidente e rilevante difficolta\u0027 di riscossione delle entrate, al\nmancato e insufficiente recupero dell\u0027evasione tributaria, alle\ndiscrasie e anomalie riscontrate nella gestione del fondo cassa\ndell\u0027ente, ad irregolarita\u0027 contabili, al ritardo nella definizione\ndei pagamenti conseguenti ai piani di rientro dal debito sottoscritti\ncon la Regione Calabria. \n La deliberazione di mancata approvazione del piano di\nriequilibrio veniva confermata, in sede d\u0027impugnazione, dalla\nsentenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale\ncomposizione n. 18/2019 con conseguente adozione da parte del\nconsiglio comunale di della deliberazione n. del di dissesto\ndell\u0027ente. \n In particolare, nella prospettazione della Procura la\ndichiarazione dello stato di dissesto esprimeva una situazione di\nirreversibile precarieta\u0027 finanziaria che trovava nelle gestioni\nprotratte per anni le cause (e concause) dell\u0027evento poi accertato.\nSicche\u0027, gia\u0027 nel momento di ricorso alla procedura di riequilibrio\nfinanziario pluriennale si presuppone vi fosse una situazione di\ngrave criticita\u0027 dell\u0027ente, tale da fare apparire non adeguato il\nricorso alle misure di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di\nriconoscimento di legittimita\u0027 di debiti fuori bilancio, previste\ndagli articoli 193 e 194 del TUEL. \n Pertanto, approvato il piano di riequilibrio, gli amministratori\ndovevano attuare il risanamento ed applicare tutte le misure previste\nper assicurare l\u0027incameramento delle risorse destinate a finanziarlo\ned agire per evitare di aggravare la massa passiva come determinata\nal momento della sua approvazione. \n Rispetto a tali premesse, secondo la Procura, il Comune di non\naveva rispettato le condizioni fissate al momento dell\u0027approvazione\ndel piano di riequilibrio, poiche\u0027 la massa passiva risultava piu\u0027\nconsistente di quella stimata (anche per la sopravvenienza di nuovi e\nulteriori debiti e voci passive), le risorse individuate per il\nripiano dello squilibrio non erano state effettivamente conseguite e\nalcune leve di risanamento, avevano contribuito ad ampliare il\ndisavanzo complessivo dell\u0027ente, anziche\u0027 ridurlo. \n Pertanto, veniva contestata ai convenuti una responsabilita\u0027 per\nle condotte tenute rispetto agli interventi necessari per attuare le\nmisure previste dal piano di riequilibrio pluriennale, rappresentando\nche la quantificazione della massa passiva da ripianare era stata\neffettuata senza svolgere la rigorosa ricognizione dei debiti\npreesistenti, richiesta dall\u0027art. 243-bis del Tuel, e che, anche\ndurante l\u0027attuazione del piano, le condotte assunte, attive ed\nomissive, avevano concorso ad ampliare ed estendere la massa passiva\nrealmente gravante sull\u0027ente. \n 2. I resistenti si costituivano in giudizio sollevando eccezioni\ndi difetto di giurisdizione (poiche\u0027 l\u0027effetto interdittivo e\u0027\nprevisto come automatico dall\u0027art. 248, quinto comma, del TUEL, la\ncui applicazione compete all\u0027autorita\u0027 amministrativa), di\ninammissibilita\u0027 della domanda, e di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art\n248, quinto comma, (per violazione dei principi costituzionali di\nragionevolezza e di gradualita\u0027 di cui all\u0027art. 3 della Costituzione\nrispetto alla previsione della sanzione interdittiva fissa decennale\ndinanzi a un diverso grado di responsabilita\u0027, anche confrontandola\ncon la gradualita\u0027 della sanzione prevista per i componenti del\ncollegio sindacale). \n Nel merito, sotto diversi profili, veniva eccepita l\u0027infondatezza\ndel ricorso per difetto di prova, carenze istruttorie, inesistenza\ndel nesso di causalita\u0027 e dell\u0027elemento psicologico, chiedendone il\nrigetto. \n In particolare, veniva contestato che l\u0027applicazione delle\nsanzioni (pecuniarie e interdittive) fosse stata richiesta senza\nindicare le azioni od omissioni poste in essere dall\u0027organo di\nindirizzo, con dolo o colpa grave, oltre alla circostanza che lo\nstato di decozione finanziaria dell\u0027ente, a cui non si e\u0027 riusciti a\novviare, risaliva ad un periodo in cui nessuno dei resistenti era in\ncarica, ne\u0027 veniva indicato come gli amministratori vi avessero\ncontribuito. \n Inoltre, la difesa rappresentava che il Comune di era stato\namministrato da un Commissario Prefettizio da a e che per il\nperiodo in contestazione ( ) i convenuti avevano amministrato per\nun limitato e differente periodo di tempo, rispetto al quale non\nerano state differenziate le varie responsabilita\u0027. \n Veniva dunque contestato l\u0027asserito apporto causale degli\namministratori alle criticita\u0027 economico-finanziarie foriere del\ndissesto, avuto specifico riguardo al ripiano del disavanzo, alla\nsituazione debitoria dell\u0027ente, alla gestione delle entrate, alla\nrevisione della spesa, alle anticipazioni di liquidita\u0027, alle\nanticipazioni di tesoreria e ai disallineamenti di cassa. \n 3. Ad esito della Camera di consiglio del 18 luglio 2024 il\nGiudice Monocratico, con decreto n. 4/2024 (depositato in data 20\nagosto 2024 e notificato al procuratore costituito in data 28 agosto\n2024), ha cosi\u0027 statuito: \n «1) rigetta il ricorso nei confronti delle convenute signore\nD. F. e S. M.; \n 2) accerta, ai sensi e per gli effetti dell\u0027art. 248, quinto\ncomma, del decreto legislativo n. 267/2000, la responsabilita\u0027 dei\nconvenuti signori L. P. D., V. A., R. G. e P. P., a titolo di colpa\ngrave, in relazione al dissesto finanziario del Comune di ,\ndichiarato con la deliberazione del consiglio comunale n. del ; \n 3) condanna i convenuti al pagamento della sanzione\npecuniaria in favore del Comune di determinata per ciascuno come\nsegue: L. P. D. in euro ; V. A. in euro ; R. G. in euro P.\nP. in euro ; \n 4) assegna il termine di quaranta giorni dalla notificazione\ndel presente decreto ai fini del pagamento immediato, in favore del\nComune di , delle suindicate sanzioni pecuniarie nella misura\nridotta, pari al 30%, ai sensi dell\u0027art. 134, secondo comma, c.g.c.; \n 5) condanna i convenuti L. P. D. V. A. R. G. e P. P. al\npagamento, in solido, delle spese di giudizio in favore dell\u0027Erario,\nche si quantificano come da nota segretariale a margine; \n 6) condanna il Comune di al pagamento della complessiva\nsomma di euro oltre IVA, CPA e spese generali, a titolo di onorari\ne diritti spettanti alla difesa delle convenute D. F. e S. M.; \n 7) Dispone la trasmissione del provvedimento alle autorita\u0027\ncompetenti, a cura della Procura Regionale presso questa Sezione\ngiurisdizionale, come indicato in motivazione». \n 4. Avverso tale decreto gli odierni ricorrenti formulavano\nricorso in opposizione ex art. 135 c.g.c. replicando, in via\npreliminare, le eccezioni gia\u0027 formulate nel giudizio dinanzi al\ngiudice monocratico. \n 4.1 Nello specifico veniva eccepito il difetto di giurisdizione\ndella Corte dei conti in relazione alla domanda di applicazione delle\nsanzioni interdittive, come formulata dalla Procura regionale,\nrichiamava i principi di diritto (Cassazione n. 13205 del 14 maggio\n2024) secondo cui «In tema di enti locali, in caso di dichiarazione\ndi dissesto del Comune, le sanzioni interdittive per gli\namministratori, previste ex art. 248 TUEL, conseguono di diritto\nall\u0027accertamento dei relativi presupposti da parte del giudice\ncontabile, senza che quest\u0027ultimo possa procedere alla loro\napplicazione diretta, riservata all\u0027autorita\u0027 amministrativa\ncompetente, determinandosi altrimenti un eccesso di potere\ngiurisdizionale» e lamentava che il rigetto dell\u0027eccezione nel\ndecreto opposto sarebbe infondata, atteso che nel ricorso\nintroduttivo la Procura Regionale aveva richiesto proprio la diretta\nirrogazione delle sanzioni interdittive carico degli amministratori\n(cfr. pag. 38 ricorso) e il Giudice avrebbe dovuto rigettare la\ndomanda sulle sanzioni interdittive, chieste in via di diretta\napplicazione, risultando cosi\u0027 una pronuncia viziata da ultra\npetizione. \n 4.2 Veniva poi sollevata eccezione di incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 248, comma 5, TUEL, per difetto di motivazione e violazione\ndell\u0027art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, avendo previsto\nper gli amministratori comunali una sanzione interdittiva in misura\nfissa decennale, impedisce di considerare il diverso grado di\nresponsabilita\u0027 - colpa grave o dolo - e di commisurare la sanzione\nrispetto alla gravita\u0027 del fatto, con evidente violazione dei\nprincipi costituzionali di gradualita\u0027 sanzionatoria,\nproporzionalita\u0027, ragionevolezza, e parita\u0027 di trattamento previsti\ndall\u0027art. 3 della Costituzione. \n La violazione dei principi costituzionali veniva prospettata\nanche in considerazione della disparita\u0027 di trattamento rispetto ai\ncomponenti del collegio dei revisori, nei cui confronti la misura\ninterdittiva puo\u0027 essere graduata entro la durata massima di dieci\nanni, come previsto dal comma 5-bis dello stesso art. 248 TUEL,\naggiunto dall\u0027art. 3 del decreto-legge n. 174 del 2012, convertivo\ndalla legge 7 dicembre 2012, n. 213. \n In particolare, il decreto opposto aveva rigettato l\u0027eccezione\nrichiamando la giurisprudenza costituzionale che ha qualificato il\nbilancio come bene pubblico e le sentenze n. 236/2015, n. 276/2016 e\nn. 230 del 2021 - con cui erano gia\u0027 state dichiarate non fondate le\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale riguardanti le norme\ncontenute nel decreto legislativo n. 235/2012 in tema di\nincandidabilita\u0027 - sul presupposto che le norme del citato decreto\nlegislativo n. 235/2012 fossero «sovrapponibili» alle disposizioni\nsanzionatorie dell\u0027art. 248 comma 5 TUEL. \n Secondo gli opponenti non vi sarebbe sovrapponibilita\u0027 tra le\ndisposizioni del decreto legislativo n. 235/2012 (che riguarda\nesclusivamente cause speciali di incandidabilita\u0027 e di divieto di\nricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze\ndefinitive di condanna per (gravi) delitti non colposi, a norma\ndell\u0027art. 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190) e quelle\ndell\u0027art. 248 comma 5 TUEL (per ipotesi di incandidabilita\u0027\nconseguenti a condanne per c.d. responsabilita\u0027 da dissesto), ne\u0027\nsarebbe possibile alcuna applicazione analogica per ampliare le cause\nd\u0027incompatibilita\u0027 del decreto legislativo n. 235/2012, stante la\nloro specialita\u0027 (veniva indicata sul punto la sentenza della Corte\ncostituzionale n. 56 dell\u00278 marzo 2022 che ha dichiarato ammissibile\nla richiesta di referendum per abrogare l\u0027intero decreto legislativo\nn. 235/2012). \n Peraltro, la giurisprudenza costituzionale richiamata nel decreto\nnon avrebbe mai riguardato i principi costituzionali di gradualita\u0027\nsanzionatoria, proporzionalita\u0027, ragionevolezza della sanzione,\nnonche\u0027 di parita\u0027 di trattamento previsti dall\u0027art. 3 della\nCostituzione, considerato che l\u0027art. 13 del decreto legislativo n.\n235/2012 prevede la graduazione e la commisurazione della durata\n(quantomeno quella massima) dell\u0027incandidabilita\u0027, rispetto alla\nentita\u0027 della condanna e quindi del delitto commesso, mentre l\u0027art.\n14 consente di estinguere la stessa incandidabilita\u0027 per effetto\ndella riabilitazione; meccanismi di graduazione e superamento della\nincandidabilita\u0027 (che incide sul diritto costituzionale\nall\u0027elettorato passivo) anche a fronte delle ipotesi di condanne\npenale per gravi delitti, che sono invece assenti nella\nresponsabilita\u0027 da dissesto (dove e\u0027 graduata solo la sanzione\npecuniaria e non quella piu\u0027 afflittiva che incide sul diritto\ncostituzionale di elettorato passivo, tenuto anche conto dell\u0027ampia\ngamma di condotte degli amministratori). \n I ricorrenti lamentavano poi la disparita\u0027 di trattamento degli\namministratori rispetto ai componenti dell\u0027organo di revisione, che\ninvece beneficiano della graduazione della sanzione rispetto alla\nloro responsabilita\u0027, pur essendo richiesta la loro compartecipazione\nnecessaria nelle dinamiche di bilancio. \n Rispetto a tali profili, dunque, veniva indicata la\ngiurisprudenza costituzionale espressione della necessaria\napplicazione del principio di proporzionalita\u0027 in sede sanzionatoria\n(sentenza n. 51/2024 secondo cui: «Numerose sentenze di questa Corte\nhanno pero\u0027 ritenuto in contrasto, tra l\u0027altro, con l\u0027art. 3 della\nCostituzione disposizioni che prevedevano l\u0027automatica destituzione\ndi altri pubblici dipendenti, ovvero l\u0027automatica cancellazione di\nprofessionisti dall\u0027albo, in conseguenza della loro condanna in sede\npenale per determinati reati. 3.2.1.- Gia\u0027 la sentenza n. 971 del\n1988 aveva colpito la previsione della destituzione di diritto degli\nimpiegati civili dello Stato e dei dipendenti degli enti locali della\nRegione Siciliana a seguito di condanna per taluni delitti. \n «L\u0027indispensabile gradualita\u0027 sanzionatoria, ivi compresa la\nmisura massima destitutoria» - si era affermato in quell\u0027occasione -\n«importa [...] che le valutazioni relative siano ricondotte, ognora,\nalla naturale sede di valutazione: il procedimento disciplinare, in\ndifetto di che ogni relativa norma risulta incoerente, per il suo\nautomatismo, e conseguentemente irrazionale ex art. 3 della\nCostituzione» (punto 3 del Considerato in diritto). Poco dopo, in\nrelazione ai notai, la sentenza n. 40 del 1990 affermo\u0027 essere\n«indispensabile che il \"principio di proporzione\" che e\u0027 alla base\ndella razionalita\u0027 che domina il \"principio di eguaglianza\", regoli\nsempre l\u0027adeguatezza della sanzione al caso concreto».\nConseguentemente, essa dichiaro\u0027 costituzionalmente illegittimo\nl\u0027«automatismo di un\u0027unica massima sanzione [la destituzione],\nprevista indifferentemente per l\u0027infinita serie di situazioni che\nstanno nell\u0027area della commissione di uno stesso pur grave reato».\nAutomatismo che si ritenne non potesse «reggere il confronto con il\nprincipio di eguaglianza che, come esige lo stesso trattamento per\nidentiche situazioni, postula un trattamento differenziato per\nsituazioni diverse». Identica ratio decidendi si riscontra: - nella\nsentenza n. 158 del 1990, relativa alla radiazione automatica dei\ndottori commercialisti; - nella sentenza n. 16 del 1991, concernente\nla destituzione di diritto del dipendente regionale; - nella sentenza\nn. 197 del 1993, sulla destituzione di diritto del personale\ndipendente delle amministrazioni pubbliche a seguito del passaggio in\ngiudicato della sentenza di condanna per taluni reati, ovvero della\ndefinitivita\u0027 del provvedimento applicativo di una misura di\nprevenzione per appartenenza ad associazione di tipo mafioso; - nella\nsentenza n. 2 del 1999, in materia di radiazione automatica dall\u0027albo\ndei ragionieri e periti commerciali. In epoca piu\u0027 recente, rispetto\nal personale militare, la sentenza n. 268 del 2016 (riprendendo e\napprofondendo principi gia\u0027 espressi nella precedente sentenza n. 363\ndel 1996) ha dichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale di una\ndisciplina che non prevedeva l\u0027instaurazione del procedimento\ndisciplinare per la cessazione dal servizio per perdita del grado,\nconseguente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai\npubblici uffici irrogata dal giudice penale. «[A] causa dell\u0027ampiezza\ndei presupposti a cui viene collegata l\u0027automatica cessazione dal\nservizio», si e\u0027 in questa occasione osservato, «le disposizioni\nimpugnate non possono validamente fondare, in tutti i casi in esse\nricompresi, una presunzione assoluta di inidoneita\u0027 o indegnita\u0027\nmorale o, tanto meno, di pericolosita\u0027 dell\u0027interessato, tale da\ngiustificare una sanzione disciplinare cosi\u0027 grave come la perdita\ndel grado con conseguente cessazione dal servizio. L\u0027automatica\ninterruzione del rapporto di impiego e\u0027, infatti, suscettibile di\nessere applicata a una troppo ampia generalita\u0027 di casi, rispetto ai\nquali e\u0027 agevole formulare ipotesi in cui essa non rappresenta una\nmisura proporzionata rispetto allo scopo perseguito». \n 4.3 Cio\u0027 premesso i ricorrenti si opponevano al decreto per\nviolazione dell\u0027art. 248, comma 5, TUEL sotto diversi profili\n(difetto di motivazione, omessa valutazione di fatti ed atti\nrilevanti ai fini del giudizio, difetto di prova e carenze\nistruttorie, carenza dei presupposti, difetto del nesso di\ncausalita\u0027, difetto dell\u0027elemento psicologico, violazione delle norme\ndi contabilita\u0027). In particolare, lamentavano che il decreto opposto\navesse desunto la sussistenza dell\u0027elemento psicologico della colpa\ngrave unicamente dalla conoscenza sin dal 2012 della condizione di\nsquilibrio strutturale dell\u0027ente locale e la sussistenza del nesso\ncausale dalla deliberazione del dissesto dell\u0027ente locale secondo cui\n«l\u0027aggravamento della condizione economica e finanziaria dell\u0027ente\nlocale nel triennio (periodo in cui i resistenti erano tutti in\ncarica) ha irreversibilmente compromesso l\u0027equilibrio di bilancio\ndell\u0027ente e che parte degli odierni resistenti, quali amministratori\npro tempore, non hanno adottato politiche di bilancio funzionali al\nrisanamento dell\u0027ente, cosi\u0027 contribuendo al dissesto del Comune\ndi », con una responsabilita\u0027 da dissesto che non sarebbe\ndimostrata, ma conseguenza di un mero automatismo del dissesto\nstesso. \n Dunque, sarebbe stata ravvisata la responsabilita\u0027 di (alcuni)\namministratori in quanto i risultati conseguiti a rendiconto nel\ntriennio non hanno rispettato le previsioni contenute nella ultima\nrimodulazione del Piano di Riequilibrio Finanziario. \n In particolare, la Sezione regionale di controllo aveva rilevato: \n a) l\u0027aumento dei debiti fuori bilancio di parte corrente; \n b) il mancato finanziamento dei debiti fuori bilancio di\nparte capitale, attraverso le previste alienazioni di beni immobili\nstante la mancata conclusione delle relative procedure, avviate\nnel ; \n c) la cronica difficolta\u0027 di riscossione delle entrate; \n d) il mancato o insufficiente recupero dell\u0027evasione\ntributaria (con rischio di prescrizione o decadenza dell\u0027ente\nimpositore); \n e) le discrasie e le anomalie riscontrate nel fondo cassa ( \n); \n f) la mancata trasmissione degli accordi transattivi con i\ncreditori, per tutti i debiti fuori bilancio riconosciuti e/o da\nriconoscere e assenza di un piano di rateizzazione; \n g) la mancata comunicazione e documentazione dei pagamenti\neffettuati e dei rimanenti pagamenti da effettuare; \n h) l\u0027irregolare tenuta delle scritture contabili (con risorse\ndel fondo svalutazione crediti ripetutamente inglobate nel fondo di\nriserva, in violazione dei principi di chiarezza e trasparenza); \n i) il mancato miglioramento, per ciascun esercizio\nfinanziario del triennio , della parte disponibile del risultato\ndi amministrazione rispetto all\u0027esercizio precedente, in violazione\ndel decreto del Ministero dell\u0027economia e delle finanze del 2\naprile , e conseguimento di un ulteriore disavanzo nella gestione\nfinanziaria negli esercizi considerati; \n l) il mancato ripiano, a decorrere dal , della quota\nannuale da riaccertamento straordinario, pari a quote annuali di\neuro ; \n m) la mancata approvazione delle misure organizzative per la\ntempestivita\u0027 dei pagamenti richieste dall\u0027art. 9 del decreto-legge\nn. 78/2009, anche in relazione alle previsioni dell\u0027art. 183 del\nTUEL, relative alla compatibilita\u0027 dei pagamenti con i relativi\nstanziamenti di cassa; \n n) la mancata indicazione dei tempi medi di pagamento, in\nviolazione dell\u0027art. 41 del decreto-legge n. 66/2014; \n o) la mancata indicazione sul sito internet dell\u0027ente\ndell\u0027indicatore di tempestivita\u0027 dei pagamenti, come richiesto\ndall\u0027art. 33 del decreto legislativo n. 33/2013; \n p) il ritardo sui pagamenti dei piani di rientro e \n sottoscritti con la Regione Calabria. \n Rispetto a tali contestazioni vi sarebbe un vizio di motivazione,\npoiche\u0027 il decreto ha omesso di considerare i dati oggettivi e le\nrisultanze contabili documentalmente dimostrate dai resistenti. Nello\nspecifico, non sarebbe stato considerato che lo stato di decozione\nfinanziaria dell\u0027ente, a cui non si e\u0027 riusciti ad ovviare, risale ad\nun periodo in cui nessuno degli opponenti era in carica e non viene\nindicato per quale motivo questi amministratori possano avervi\n«contribuito» (il Comune e\u0027 stato amministrato da un Commissario\nPrefettizio da a , quindi durante il periodo dal al , e\nalcuni di essi sono stati in carica solo successivamente al periodo\ndi commissariamento). \n Quanto alla motivazione dell\u0027addebito del decreto viene indicato\nche la deliberazione del dissesto dell\u0027ente locale «ha reso evidente\nche l\u0027aggravamento della condizione economica e finanziaria dell\u0027ente\nlocale nel triennio (periodo in cui i resistenti erano tutti in\ncarica) ha irreversibilmente compromesso l\u0027equilibrio di bilancio\ndell\u0027ente e che (parte de)gli odierni resistenti, quali\namministratori pro tempore, non hanno adottato politiche di bilancio\nfunzionali al risanamento, cosi\u0027 contribuendo al dissesto del\nComune». \n La responsabilita\u0027 per omissione viene contestata dai ricorrenti,\ncome da perizia allegata al ricorso, anche in ragione delle modifiche\nnormative. \n Nello specifico, l\u0027analisi delle risultanze delle singole\ngestioni di competenza dal al indica che il Comune ha generato\nrisparmi attraverso un saldo positivo di parte corrente (avanzo\neconomico di parte corrente) per euro (esercizi finanziari dal \n al ) e i dati nel decreto opposto non terrebbero conto delle\nrisultanze degli equilibri di competenza (considerato che il Comune\ndi aveva approvato il PRFP prima dell\u0027entrata in vigore del\ndecreto legislativo n. 118/2011 con i principi dell\u0027armonizzazione\ncontabile). \n Veniva evidenziato che a fronte di un disavanzo acclarato con\nl\u0027approvazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale\n(PRFP) di euro da ripianarsi in anni dieci, la misura per il\nperiodo contestato (dal al ) era pari ad euro e il maggior\ndisavanzo pari ad ulteriori euro conseguiva al riaccertamento\nstraordinario dei residui al derivato in via principale\ndall\u0027applicazione dei nuovi istituti contabili introdotti\ndall\u0027armonizzazione, ed in particolare del Fondo crediti dubbia\nesigibilita\u0027 (FCDE), la cui composizione viene determinata in modo\naritmetico dal principio contabile di cui all\u0027allegato 4.2 del\ndecreto legislativo n. 118/2011. \n Il metodo di calcolo del FCDE ha fatto si\u0027 che il disavanzo\ndell\u0027amministrazione al si attestasse ad un importo pari a di\ncui di FCDE, a cio\u0027 si sono aggiunti gli ulteriori accantonamenti\nprevisti dalla riforma dell\u0027armonizzazione contabile (fondo\ncontenzioso, riarticolazione della parte vincolata del risultato di\namministrazione, Fondo pluriennale vincolato) assenti nel precedente\nordinamento contabile. \n La conferma della efficacia dell\u0027azione di recupero nei termini\nrisulterebbe anche dai saldi di cassa, ampiamente positivi,\nregistrati dal Comune al di ogni esercizio finanziario dal al \n , rispetto al dato iniziale registrato al allorquando risultava\nun saldo di cassa negativo per euro , con l\u0027effetto che il fondo\ncassa positivo nel periodo di riferimento ha comportato a fine\nesercizio l\u0027assenza di scoperti per anticipazione di tesoreria. \n Non vi sarebbe stata, dunque, alcuna condotta peggiorativa degli\nequilibri di bilancio e quindi di causalita\u0027 aggiuntiva alla\ndichiarazione di dissesto. \n Venivano poi richiamate le norme intervenute dal 2015 al 2019\nfinalizzate al superamento e al ripiano nel tempo delle condizioni di\ndisavanzo, poi dichiarate incostituzionali, con effetti contabili\ndirompenti sui bilanci di tutti gli enti interessati determinandone\nl\u0027inevitabile dissesto in presenza di condizione sociali ed economici\ndi difficolta\u0027. \n Sulla situazione debitoria di euro per debiti non rilevati nel\nPRFP veniva indicato che essi erano emersi successivamente\nall\u0027approvazione del Piano di Riequilibrio (ad eccezione di un\ndebito, di importo oggettivamente trascurabile, di euro circa),\nmentre la rimanente somma di euro era costituita dai debiti\nderivanti da sentenze emesse in epoca successiva al , tramite\nriconoscimento di debiti fuori bilancio. \n Quanto alla mancata definizione del rapporto con la Regione\nCalabria in relazione alla fornitura di acqua potabile per il periodo\n1981/2004 il decreto sarebbe privo di motivazione, considerato che in\nsede di redazione del piano di riequilibrio non era emersa e\nconosciuta dagli amministratori una situazione di debito con la\nRegione Calabria, ne\u0027 il quantum; debito che e\u0027 stato successivamente\ndefinito in via transattiva non producendo scostamenti e squilibri\nnella complessiva gestione amministrativa e finanziaria. \n Quanto alla gestione delle entrate e al recupero dell\u0027evasione\ntributaria rilevatasi scarsamente produttiva richiamavano le azioni\nintraprese, mentre sull\u0027assenza di titolo per il mantenimento in\nbilancio di residui per euro afferenti a trasferimenti (titolo II\ndelle Entrate) dello Stato per il rimborso delle spese sostenute dal\nComune per conto del Ministero della giustizia e relative al\nfunzionamento degli uffici giudiziari, ribadivano che tali residui\nnon potevano essere cancellati in quanto c\u0027era un titolo giuridico\ncerto e la differenza tra i rendiconti approvati e le somme\neffettivamente versate dal Ministero della giustizia era stata\ngiustificata dai verbali approvati dalla Corte di Appello e dai\nmandati di incasso gia\u0027 prodotti (sulla correttezza del mantenimento\ndi residui richiamavano la sentenza del Consiglio di Stato n. 5782\ndel 2020). \n Quanto alla revisione della spesa venivano indicate importanti\nmisure di razionalizzazione richiamando la relazione istruttoria\ndella Commissione Ministeriale sul PRFP e le misure attuate: \n 1) Eliminazione dei fitti passivi; \n 2) Le Strutture comunali a debito per il comune sono\ndiventate remunerative (protoconvento, parco giochi, impianto\nsportivo); \n 3) Azzeramento di incarichi dirigenziali di carattere\nfiduciario; \n 4) Nessun affidamento di incarichi a collaboratori esterni; \n 5) Notevole riduzione spese per amministratori; \n 6) Azzeramento spese per rimborsi e missioni; \n 7) Gestione interna di una serie di servizi prima dati\nall\u0027esterno ad iniziare dalla gestione del canile comunale e dalle\npulizie degli edifici di competenza comunale; \n 8) creazione dell\u0027ufficio interno avvocatura. \n Con riferimento alle criticita\u0027 legate all\u0027anticipazione di\nliquidita\u0027 indicavano che tale facolta\u0027 era prevista dalla legge e il\nComune l\u0027avrebbe correttamente utilizzata. \n In merito ai disallineamenti di cassa, in disparte la mancata\nincidenza ai fini della dichiarazione di disseto, veniva rilevato che\nsi era addivenuti all\u0027accertamento definitivo della situazione di\ncassa, evidenziando che non esistono ne disavanzi e ne avanzi di\ncassa. \n Quanto al debito verso S. veniva indicato che era stato azzerato,\nrichiamando sentenze vittoriose per il Comune (con riconoscimento\ndella non debenza di rilevanti somme di denaro). Quindi i ricorrenti\nlamentavano che non fossero stati considerati gli atti con effetti\npositivi diretti sui bilanci e che non fosse stata considerata la\nposizione degli assessori al bilancio. Quanto all\u0027elemento\npsicologico l\u0027inidoneita\u0027 del piano non potrebbe rappresentare il\ndato da cui far discendere, come conseguenza diretta, la\nresponsabilita\u0027 degli amministratori, determinando una\nresponsabilita\u0027 oggettiva e venivano indicati, a sostegno\ndell\u0027assenza di colpa, alcuni elementi: \n tutti gli atti deliberati dalla giunta sono accettazione\ndella proposta degli uffici, che mettono il relativo parere di\nregolarita\u0027 tecnica; \n ogni atto rilevante, dalla rimodulazione del piano alla\npredisposizione dei bilanci, ha il parere favorevole tanto del\nresponsabile che dei revisori dei conti; \n la rimodulazione dei piani e\u0027 stata effettuata, la prima, nel\nrispetto di una nuova norma di legge e la seconda su invito del\nMinistero dell\u0027interno che, in luogo dei prescritti 5 mesi, ha\nimpiegato 5 anni per il parere sul piano di riequilibrio. \n Rispetto a tali atti ed attivita\u0027 non vi sarebbe la colpa grave\n(«sprezzante trascuratezza dei propri doveri, resa estensiva\nattraverso un comportamento improntato a massima negligenza o\nimprudenza ovvero ad una particolare non curanza degli interessi\npubblici»), tenuto conto che il piano e\u0027 stato rimodulato nel e vi\ne\u0027 stato il giudizio ampiamente favorevole dei revisori dei conti e\nnel parere sull\u0027aggiornamento del piano di riequilibrio del ,\nsuccessivo ai pareri sui bilanci contenenti le «raccomandazioni»,\nl\u0027organo di revisione (nominato della Prefettura) indica con delibera\nn. del i miglioramenti intervenuti. \n I revisori hanno attestato che tutte le misure attuate hanno dato\ni risultati previsti e l\u0027amministrazione ha puntualmente dato seguito\nalle sollecitazioni dell\u0027organo di revisione. \n In particolare, veniva indicato che il punto di partenza e\u0027 la\ndichiarazione di ente strutturalmente deficitario con la delibera\ndella Corte dei conti del , mentre il punto di approdo e\u0027 la\ndelibera della commissione presso il Ministero dell\u0027interno del \n che definisce il comune di ente non strutturalmente deficitario,\ndando atto del miglioramento sostanziale della situazione; venivano\nrichiamati poi i singoli interventi migliorativi adottati. \n A dimostrazione della riduzione dell\u0027anticipazione di tesoreria e\ndella volonta\u0027 politica di limitarne l\u0027utilizzo veniva indicato il\nparere della commissione del Ministero dell\u0027interno dove sono\nrilevati soltanto euro di interessi per anticipazioni per gli\nanni e del poiche\u0027 vi si e\u0027 fatto ricorso solo per tre mesi nei\nquali si attendevano i trasferimenti statali. \n Quanto ai dati contabili la perizia di parte allegata richiamava\nle modifiche di questi a seguito dell\u0027entrata in vigore del bilancio\narmonizzato. \n Concludevano gli opponenti, dunque, chiedendo di accogliere le\neccezioni preliminari, ed in ogni caso accogliere integralmente\nl\u0027opposizione e per l\u0027effetto riformare integralmente e/ annullare il\ndecreto opposto, con ogni contestuale declaratoria di insussistenza\ndi responsabilita\u0027 in capo agli opponenti. \n 5. Con decreto presidenziale n. 246 del 1° ottobre 2024 veniva\nfissata l\u0027udienza per la discussione il giorno 31 ottobre 2024,\nritualmente notificato alla Procura regionale resistente, unitamente\nal ricorso in opposizione, in data 5 ottobre 2024. \n 6. All\u0027udienza del 31 ottobre 2024 sono comparsi l\u0027Avv. Gaetano\nCallipo per gli opponenti e il V.P.G. dott. Giovanni Di Pietro per la\nProcura opposta che concludevano come da verbale di udienza. \n La causa veniva trattenuta in decisione. \n \n Diritto \n \n 7. In via pregiudiziale viene in rilievo l\u0027eccezione di\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 248, comma 5, TUEL, per difetto di\nmotivazione e violazione dell\u0027art. 3 della Costituzione, nella parte\nin cui, avendo previsto per gli amministratori comunali una sanzione\ninterdittiva in misura fissa decennale, impedisce di considerare il\ndiverso grado di responsabilita\u0027 - colpa grave o dolo - e di\ncommisurare la sanzione rispetto alla gravita\u0027 del fatto, con\nviolazione dei principi costituzionali di gradualita\u0027 sanzionatoria,\nproporzionalita\u0027, ragionevolezza, e parita\u0027 di trattamento previsti\ndall\u0027art. 3 della Costituzione; eccezione prospettata anche\nconfrontando la disparita\u0027 di trattamento con i componenti del\ncollegio dei revisori, nei cui confronti la misura interdittiva puo\u0027\nessere graduata entro la durata massima di dieci anni, come previsto\ndal comma 5-bis dello stesso art. 248 TUEL, aggiunto dall\u0027art. 3\ndecreto-legge n. 174 del 2012, convertivo dalla legge 7 dicembre\n2012, n. 213. \n La questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata deve essere\nesaminata, in via pregiudiziale rispetto ad ogni altra eccezione,\nalla luce della sua rilevanza e non manifesta infondatezza. \n Tali profili devono avere come punto di partenza la disciplina\ndell\u0027art. 248, comma 5, TUEL e la sua portata nell\u0027ordinamento\ninterno come tracciato dalla giurisprudenza. \n In particolare, la norma nella sua formulazione antecedente a\nquella attuale prevedeva che «gli amministratori che la Corte dei\nconti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni\ncagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il\nverificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un\nperiodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti\ndi enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti,\nistituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate\nle circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti\nche questo e\u0027 diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le\nquali l\u0027amministratore e\u0027 stato riconosciuto responsabile», oltre ad\nulteriori specifiche incandidabilita\u0027 per i Sindaci. \n Il legislatore e\u0027 intervenuto con l\u0027art. 3, comma 1, lettera s)\ndel decreto-legge n. 174 del 2012, convertito con modifiche dalla\nlegge n. 213/2012, novellando il comma 5. \n In particolare, la nuova formulazione ha previsto che «gli\namministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo\ngrado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o\ngravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del\ndissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci\nanni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e\ndi rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed\norganismi pubblici e privati», mantenendo le ulteriori\nincandidabilita\u0027 per i Sindaci e specificando che «Ai medesimi\nsoggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali\nregionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari\nad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la\nretribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della\nviolazione.» \n La novella, dunque, oltre ad introdurre la previsione di una\nsanzione pecuniaria, ha eliminato il limite di indagine ai cinque\nanni precedenti al dissesto e ha previsto che la responsabilita\u0027\npossa essere riferita anche a quelle condotte che abbiano\nsemplicemente «contribuito» al verificarsi del dissesto, in luogo\ndella precedente impostazione del dissesto quale «diretta\nconseguenza» delle condotte; quindi, vengono in rilievo quelle azioni\ned omissioni che abbiano anche solo facilitato o aggravato il\ndissesto e, dunque, che si siano poste in termini di contributo\nconcausale e non di necessaria sufficienza alla realizzazione\ndell\u0027evento dissesto. \n Sotto la vigenza della nuova disciplina si e\u0027 registrato un\ncontrasto tra alcune pronunce in cui il giudice contabile, in\napplicazione dell\u0027art. 248, comma 5, TUEL, ha espressamente irrogato\nla sanzione relativa all\u0027incandidabilita\u0027 degli amministratori, a\nfronte di altre nelle quali si e\u0027 limitato all\u0027accertamento della\nresponsabilita\u0027 rimettendo l\u0027irrogazione della sanzione ad altra\nautorita\u0027 amministrativa («Dal medesimo ed unico accertamento\ndiscendono, infatti, due effetti: quello di condanna alla sanzione\npecuniaria, cosi\u0027 come previsto dall\u0027art. 248, comma 5 e 5-bis, e\nquello dichiarativo, automatico e conseguenziale, in ordine alla\nsussistenza dei presupposti per l\u0027applicazione delle sanzioni\ninterdittive o di status previste dai medesimi commi, che verranno\npoi irrogate dall\u0027autorita\u0027 amministrativa competente», Corte dei\nconti, Sez. Giur. Calabria, sentenza n. 122/2021). \n Su tale contrasto sono intervenute le Sezioni Riunite della Corte\ndei conti (sentenza n. 4/2022/QM) che hanno indicato il principio\nsecondo cui «Con il rito sanzionatorio previsto dagli articoli 133 e\nss. del c.g.c. possono valutarsi l\u0027applicazione delle sanzioni\npecuniarie previste dai comma 5 e 5-bis dell\u0027art. 248 del decreto\nlegislativo n. 267/2000 e i presupposti di fatto che determinano le\nconnesse misure interdittive, previste dai medesimi commi quali\neffetto giuridico della condotta sanzionata». \n In particolare, nel corpo delle argomentazioni, la sentenza ha\nritenuto che «le sanzioni interdittive (o \"di status\") conseguono di\ndiritto all\u0027unico accertamento della responsabilita\u0027 alla\ncontribuzione del dissesto, nell\u0027ambito del medesimo rito\nsanzionatorio, in quanto il positivo accertamento della\nresponsabilita\u0027 da contribuzione al dissesto si pone come condizione\nnecessaria per la sussistenza dei presupposti per l\u0027applicazione\ndelle citate sanzioni di status: da tale accertamento discende,\ninfatti, il duplice effetto della condanna alla sanzione pecuniaria e\nquello dichiarativo, automatico e consequenziale, in ordine alla\nsussistenza dei presupposti per l\u0027applicazione delle sanzioni\ninterdittive di cui innanzi; \n il giudice contabile, pertanto, ha cognizione piena su entrambi\ngli effetti che derivano dall\u0027unico accertamento in ordine alla\nresponsabilita\u0027 degli amministratori e dei revisori che abbiano\ncontribuito, con dolo o colpa grave e con condotte omissive o\ncommissive, al verificarsi del dissesto». \n Successivamente sono intervenute anche le Sezioni Unite della\nCorte di cassazione con l\u0027ordinanza n. 13205/2024 sul riparto di\ngiurisdizione rilevando che «la giurisdizione della Corte dei conti\nsi radica, secondo quanto previsto dalla citata norma, sull\u0027unico\naccertamento in ordine alla sussistenza del nesso causale fra la\ncondotta tenuta ed il conseguente dissesto che non richiede piu\u0027 una\ncausalita\u0027 diretta, bensi\u0027 il solo contributo causale, ma da esso\nconsegue l\u0027irrogazione delle sole sanzioni pecuniarie, tra un minimo\ne un massimo stabilito dalla norma. \n Invece, le sanzioni interdittive, stabilite per gli ex\namministratori (differentemente che per i revisori contabili) in\nmisura fissa, sono un effetto automatico previsto dalla legge, cosi\u0027\nda non rendere necessaria una declaratoria (\"comando\") del giudice. \n Dal medesimo ed unico accertamento discendono dunque due effetti:\nquello di condanna alla sanzione pecuniaria, cosi\u0027 come previsto\ndall\u0027art. 248, comma 5 e 5-bis, del TUEL, e quello automatico e\nconseguenziale, di sola \"sussistenza dei presupposti per\nl\u0027applicazione delle sanzioni interdittive o di status previste dai\nmedesimi commi\", che verranno poi applicate dall\u0027autorita\u0027\namministrativa competente. \n In definitiva, il legislatore, con l\u0027art. 248, comma 5, che qui\ninteressa, del TUEL, nel testo risultante dalle modifiche del 2012,\nha inteso attribuire espressamente al giudice contabile il potere di\nvalutare la sussistenza dei presupposti per l\u0027applicazione non solo\ndelle sanzioni pecuniarie ma anche delle sanzioni c.d. interdittive,\nma queste ultime conseguono come effetto automatico dell\u0027accertamento\ndella responsabilita\u0027 per dissesto. \n Le sanzioni c.d. di status discendono dunque non dalla volonta\u0027\ndel giudice, ma dalla volonta\u0027 del legislatore, sulla quale la\nvolizione giudiziale, una volta espressasi sull\u0027an della\nresponsabilita\u0027, non puo\u0027 incidere. \n Ne consegue che la decisione del giudice contabile, una volta\naccertata la responsabilita\u0027 dell\u0027ex amministratore dell\u0027Ente locale\nda dissesto, ha e deve avere, riguardo alle misure c.d. interdittive\n(quelle qui in esame), una chiara portata meramente dichiarativa\ndella voluntas legis e dunque deve limitarsi all\u0027accertamento della\nsussistenza dei presupposti per il divieto previsto dalla legge,\nrestando la relativa declaratoria-applicazione compito dell\u0027autorita\u0027\namministrativa competente». \n Cio\u0027 premesso sulla portata dell\u0027azione del giudice contabile\nrispetto agli effetti di legge sullo status, il giudizio sottoposto\nall\u0027esame della Sezione attiene - per la parte di cui si discute -\nall\u0027accertamento di responsabilita\u0027 per «aver contribuito con\ncondotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive,\nal verificarsi del dissesto finanziario» e, dunque, dei presupposti\nper poter poi irrogare (il giudice contabile) la sanzione pecuniaria\nnei termini edittali (da cinque a venti volte la retribuzione mensile\nlorda) previsti dalla norma, mentre l\u0027ulteriore divieto di ricoprire\ncariche e, dunque, quella che viene impropriamente indicata come\nsanzione sullo status politico degli amministratori e\u0027 un effetto\nultroneo ed automatico che consegue all\u0027accertamento dei presupposti\n(responsabilita\u0027) da parte della Corte dei conti, ma che viene poi\nmaterialmente disposto con provvedimento amministrativo da altra\nautorita\u0027 competente, la quale, stando al dato testuale della norma,\nnon ha pero\u0027 alcuna discrezionalita\u0027 in merito all\u0027an e al quantum\ntemporale della sanzione (personale) da irrogare. \n Da questi elementi discende, dunque, l\u0027esame sulla rilevanza\ndell\u0027eccezione. \n A tal fine occorre evidenziare che dalla natura meramente\ndichiarativa del provvedimento (e dal relativo accertamento della\nsussistenza dei presupposti) discende l\u0027effetto automatico relativo\nallo status, rispetto al quale l\u0027autorita\u0027 amministrativa preposta e\u0027\ntenuto ad adottare il relativo provvedimento senza alcun potere\ndecisionale. \n Ora, la circostanza che la pronuncia del giudice contabile incida\nsolo in via mediata sull\u0027irrogazione della sanzione relativa allo\nstatus, non elimina di per se\u0027 la rilevanza della questione ai fini\ndella decisione, considerato che l\u0027effetto primo e diretto e\u0027 proprio\nl\u0027accertamento dei presupposti di legge per l\u0027applicazione delle\ncondizioni di status, rispetto alle quali la Corte di cassazione ha\nappunto chiarito che esse discendono dalla volonta\u0027 del legislatore\n«sulla quale la volizione giudiziale, una volta espressasi sull\u0027an\ndella responsabilita\u0027, non puo\u0027 incidere». \n Dunque, le limitazioni di status cosi\u0027 congeniate si configurano\ndi fatto come un procedimento bifasico, la prima parte\nsull\u0027accertamento dei presupposti di fatto e di diritto di natura\ngiurisdizionale rimessa alla Corte dei conti e quella successiva di\nmera determinazione sull\u0027incandidabilita\u0027 in termini fissi e non\nmodulabili di competenza dell\u0027autorita\u0027 amministrativa. \n In questi termini, l\u0027unico momento nel quale gli effetti\npregiudizievoli dell\u0027accertamento (dell\u0027unico accertamento a duplice\neffetto sanzionatorio, pecuniario e di status) possono essere\ncensurati di incostituzionalita\u0027 e\u0027 proprio il giudizio dinanzi alla\nCorte dei conti che non puo\u0027 non tener conto - ai fini dell\u0027eccezione\n- degli effetti di legge consequenziali al proprio decisum, ancorche\u0027\npoi irrogati da un\u0027autorita\u0027 amministrativa. \n Ne\u0027 potrebbe il giudice contabile scindere i due momenti\ndisconoscendo - ai fini della rilevanza - gli effetti che la legge\ncollega espressamente al proprio accertamento, nel rispetto del\nrapporto necessario tra protasi ed apodosi. \n Peraltro, per come la norma e\u0027 strutturata, emerge che\nl\u0027accertamento della Corte dei conti sul contributo al dissesto\nfinanziario ha come primo effetto voluto dal legislatore e vincolato\nalla pronuncia (seppur poi irrogato da altro soggetto) proprio il\ndivieto di ricoprire determinate cariche pubbliche e solo\nsuccessivamente (ultimo capoverso del comma 5) la sanzione\npecuniaria. \n Quindi, essendo la condizione di status l\u0027elemento principale che\nconsegue alla sentenza che accerta la responsabilita\u0027 delle condotte,\nla questione di legittimita\u0027 costituzionale della norma rileva\nnecessariamente ai fini della decisione, non potendosi separare\nl\u0027accertamento (prima) dai suoi effetti (poi) sulla condizione di\nstatus (sebbene mediati dal provvedimento amministrativo), essendo\neffetto consequenziale e non discrezionale («l\u0027incandidabilita\u0027 non\ne\u0027 una \"sanzione di status\", ma e\u0027 un effetto ex lege che limita il\ndiritto (costituzionalmente garantito a ogni cittadino dall\u0027art. 51\ndella Costituzione) all\u0027elettorato passivo, in un delicato\nbilanciamento con altri principi costituzionali sanciti dagli\narticoli 54 e 97 della Costituzione. Quando la norma che pone il\ndivieto, prescrive, ai fini dell\u0027applicazione, la comunicazione\nall\u0027autorita\u0027 amministrativa, a questa compete il potere-dovere di\nprocedere in conformita\u0027», cfr. Corte dei conti, sentenza Sez. II\nApp., n. 173 del 26 giugno 2023). \n Ne\u0027 potrebbe superarsi la rilevanza della questione - in questa\nsede - sulla considerazione che l\u0027incostituzionalita\u0027 della norma\npotrebbe essere fatta valere successivamente a valle dell\u0027adozione\ndell\u0027atto amministrativo sull\u0027incandidabilita\u0027, nella fase di\neventuale impugnazione. \n Infatti, partendo dal concetto di unicita\u0027 dell\u0027accertamento in\nordine alla sussistenza del nesso causale fra la condotta tenuta\ndall\u0027amministratore ed il conseguente dissesto e all\u0027effetto\n«automatico previsto dalla legge, cosi\u0027 da non rendere necessaria una\ndeclaratoria (\"comando\") del giudice», come indicato dalle Sezioni\nUnite della Corte di cassazione, viene in evidenza che il momento\ntopico nel quale l\u0027eccezione assume rilevanza e\u0027 proprio quello nel\nquale la condotta degli amministratori viene giudicata e rispetto\nalla quale l\u0027eccezione di incostituzionalita\u0027 della norma, per\nviolazione del principio di ragionevolezza non prevedendo una\nsanzione di status con termini differenziati rispetto alle singole\ncondotte in luogo del termine fisso decennale, assume la rilevanza\nnei termini piu\u0027 ampi. \n Infatti, l\u0027eccezione sollevata ha rilievo in questa sede\ncontabile perche\u0027 la violazione dell\u0027art. 3 (in rapporto anche con\nl\u0027art. 51) della Costituzione e\u0027 riferita proprio alla necessita\u0027 di\nancorare l\u0027estensione temporale delle limitazioni sullo status\n(effetto automatico che non necessita del comando del giudice) alle\ncondotte, il cui accertamento unico avviene dinanzi alla Corte dei\nconti e, dunque, in tale momento - anche ai fini accertativi del\ncontributo causale (e delle sue modalita\u0027) - gli effetti di legge (e\nil relativo parametro di costituzionalita\u0027) incidono sulla decisione. \n Peraltro, anche a voler ritenere che l\u0027effetto di legge sullo\nstatus non sia una conseguenza diretta della pronuncia del giudice\ncontabile, ma un effetto «indiretto» dell\u0027accertamento, in ogni caso\nla questione sarebbe rilevante, dovendosi necessariamente riferire la\nvalutazione sulla costituzionalita\u0027 delle norme da applicare a tutti\ngli effetti che la decisione genera. \n Quanto alla non manifesta infondatezza si evidenzia che\ndall\u0027impostazione della «interpretazione adeguatrice» della sentenza\ndella Corte costituzionale n. 356 del 1996 («le leggi non si\ndichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027 possibile darne\ninterpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di\ndarne), ma perche\u0027 e\u0027 impossibile darne interpretazioni\ncostituzionali», cfr. § 4) e dalla successiva previsione della\nnecessita\u0027 di «verificare, prima di sollevare la questione di\ncostituzionalita\u0027, la concreta possibilita\u0027 di attribuire alla norma\ndenunciata un significato diverso da quello censurato e tale da\nsuperare i prospettati dubbi di legittimita\u0027 costituzionale» (ord.\n322/2001, penultimo cpv. della parte in fatto e diritto) si e\u0027\npassati alla tesi contenuta nella sentenza n. 235/2014 (secondo cui\nla non condivisione della possibile soluzione ermeneutica conforme a\nCostituzione, in quanto sufficientemente argomentata, «non rileva\npiu\u0027 in termini di inammissibilita\u0027 - ma solo, in tesi, di eventuale\nnon fondatezza - della questione in esame», cfr. § 5 del considerato\nin diritto) e a quella della sentenza n. 262 del 2015 («ai fini\ndell\u0027ammissibilita\u0027 della questione, e\u0027 sufficiente che il giudice a\nquo esplori la possibilita\u0027 di un\u0027interpretazione conforme alla Carta\nfondamentale e, come avviene nel caso di specie, la escluda\nconsapevolmente», cfr. § 2.3 del considerato in diritto), per\napprodare ai principi indicati nella sentenza n. 42 del 2017 (§ 2.2\ndel considerato in diritto, secondo cui «Se, dunque, \"le leggi non si\ndichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027 possibile darne\ninterpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di\ndarne)\" (sentenza n. 356 del 1996), cio\u0027 non significa che, ove sia\nimprobabile o difficile prospettarne un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente orientata, la questione non debba essere\nscrutinata nel merito. Anzi, tale scrutinio, ricorrendo le predette\ncondizioni, si rivela, come nella specie, necessario, pure solo al\nfine di stabilire se la soluzione conforme a Costituzione rifiutata\ndal giudice rimettente sia invece possibile»). \n Sulla base di tali criteri deve essere scrutinata la domanda\nsulla legittimita\u0027 dell\u0027art. 248, comma 5 del TUEL per violazione\ndell\u0027art. 3, della Costituzione, laddove ha previsto l\u0027effetto di\nlegge dell\u0027incandidabilita\u0027 e il divieto di ricoprire determinate\ncariche per un termine determinato e fisso di dieci anni,\nprescindendo dalla natura gravemente colposa o dolosa della condotta\n(o dell\u0027entita\u0027 del contributo causale all\u0027evento dissesto). Sul\npunto occorre premettere che il vaglio di costituzionalita\u0027 richiesto\nha come punto di riferimento indiscutibile l\u0027uso del potere\ndiscrezionale del Parlamento su cui non e\u0027 previsto alcun sindacato\n(art. 28 della legge n. 87 del 1953), quindi ben potrebbe il\nlegislatore prevedere - in linea astratta - la contrazione dei\ndiritti di elettorato passivo per un periodo di dieci anni quale\nmisura afflittiva e, ancor di piu\u0027, special preventiva per il danno\nche gli amministratori hanno provocato (rectius contribuito a\nprovocare) con il dissesto dell\u0027ente. \n Tuttavia, tale limitazione - estremamente pervasiva andando ad\nincidere sui diritti riconosciuti dall\u0027art. 51 della Costituzione -\nin tanto e\u0027 ammissibile in quanto sia conforme al principio di\nragionevolezza, avendo anche riguardo al modo in cui il legislatore\nha normato situazioni simili. \n In questo senso gli opponenti hanno richiamato alcune fattispecie\nrappresentative di casi indicati come simili, con discipline diverse\nche denoterebbero una disparita\u0027 di trattamento. \n In particolare: \n da un lato hanno richiamato la previsione dell\u0027art. 248,\ncomma 5-bis, del TUEL che, con riferimento ai revisori, prevede un\ntermine massimo della sanzione e, dunque, la sua modulabilita\u0027; \n dall\u0027altro lato hanno indicato le previsioni del decreto\nlegislativo n. 235/2012 in tema di incandidabilita\u0027 (la cui relativa\ngiurisprudenza costituzionale era stata addotta dal decreto opposto,\na supporto del rigetto dell\u0027eccezione). \n Quanto alla previsione di un limite massimo del divieto di\nricoprire cariche (e, dunque, modulabile) per i membri del collegio\ndei revisori, si ritiene che il termine di paragone sia privo di\npregio, considerato che diversi sono i ruoli svolti\ndall\u0027amministratore e dal revisore e diversa e\u0027 la responsabilita\u0027\nche le due figure rivestono nelle dinamiche dell\u0027ente. \n Il revisore, infatti, sebbene dotato di specifiche competenze\nprofessionali, e\u0027 comunque un soggetto che svolge funzione di ausilio\ne di controllo dell\u0027attivita\u0027 posta in essere dagli amministratori i\nquali, avvalendosi dell\u0027attivita\u0027 degli uffici tecnici, gestiscono la\ncosa pubblica, avendo il potere e relativo dovere di operare per il\nmeglio, in condizioni ordinarie, e con particolare oculatezza per il\nrisanamento, nella gestione di crisi dell\u0027ente (quale la condizione\ndi predissesto, con piano di riequilibrio approvato, di cui si\ndiscute). \n La diversa qualifica soggettiva (e di funzioni) configura dunque\nfattispecie che non sono in alcun modo sovrapponibili. \n Quanto invece all\u0027eccepita incostituzionalita\u0027 riferita a\ngradualita\u0027 sanzionatoria, proporzionalita\u0027, ragionevolezza della\nsanzione, nonche\u0027 disparita\u0027 di trattamento previsti dall\u0027art. 3\ndella Costituzione, si osserva che il termine fisso decennale\nindicato, di per se\u0027, non ha alcun rilievo o profilo di\nincostituzionalita\u0027, essendo un termine (pari a due consiliature\ncomplete) evidentemente ritenuto congruo dal legislatore\nnell\u0027esercizio della sua discrezionalita\u0027 normativa. \n In merito, peraltro, non puo\u0027 non indicarsi il ruolo centrale che\nassume nell\u0027ordinamento - e, di riflesso nella previsione\nsanzionatoria - il bilancio dello Stato (alla cui tutela la norma e\u0027\norientata), a cui concorre necessariamente quello dei singoli enti\nlocali, anche alla luce del principio di equita\u0027 intragenerazionale e\nintergenerazionale a cui l\u0027equilibrio del bilancio e\u0027 preposto (Corte\ncostituzionale sentenza n. 18/2019, sentenza n. 115/2020, sentenza n.\n246/2021), incidente altresi\u0027 sul legame fiduciario che caratterizza\nil mandato elettorale e la rappresentanza democratica degli eletti\n(Corte costituzionale sentenza n. 228/2017) e in ragione della\nnecessita\u0027 per l\u0027amministratore di porre in essere azioni\nindispensabili ad incentivare il buon andamento dei servizi e\npratiche di amministrazione ispirate a una oculata e proficua\nspendita delle risorse della collettivita\u0027 (in tal senso, Corte\ncostituzionale sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019). \n Quindi, in adesione a tale impostazione la previsione incisiva\nsullo status personale prevista dal legislatore (preclusione a\nricoprire cariche per dieci anni) - confortata dalla giurisprudenza\ncostituzionale - non presenterebbe profili di incostituzionalita\u0027\nladdove messa in relazione solamente con il bilancio dello Stato,\natteso che esso ha comunque un ruolo fondamentale superindividuale\ndestinato ad incidere sulla vita dell\u0027intera cittadinanza e in\ntermini intragenerazionali, rispetto al quale l\u0027interesse del singolo\n(nei cui confronti sono state accertate delle responsabilita\u0027)\nsarebbe recessivo, con l\u0027effetto che la limitazione del diritto\ncostituzionale all\u0027elettorato passivo troverebbe ragionevole\ngiustificazione nell\u0027esigenza di tutelare l\u0027equilibrio di bilancio. \n Tuttavia, se letta nel sistema della incandidabilita\u0027 ex lege,\nallora la previsione dell\u0027art. 248, comma 5, TUEL si evidenzia per\nalcune peculiarita\u0027 di fondo che non sono giustificate dalla\npreminenza del bilancio dello Stato e dell\u0027equilibrio a cui esso e\u0027\norientato (art. 97 della Costituzione) e che stridono con il rispetto\ndei criteri di gradualita\u0027 «sanzionatoria», proporzionalita\u0027,\nragionevolezza, nonche\u0027 di parita\u0027 di trattamento ai quali la stessa\ndiscrezionalita\u0027 del legislatore deve conformarsi. \n In particolare, fermi restando i principi espressi dalla\ngiurisprudenza costituzionale, appare non manifestamente infondata la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale laddove prospetta come\nirragionevole la previsione di una automatica incandidabilita\u0027 (e\ndivieto di ricoprire cariche) per un termine fisso di dieci anni per\nuna condotta, anche di natura gravemente colposa, che abbia non\n«determinato» (come nella versione originaria della disposizione,\nrispetto alla quale l\u0027eccezione d\u0027incostituzionalita\u0027 non avrebbe\navuto rilievo), ma anche solo «contribuito» - peraltro senza limiti\ndi tempo - al dissesto dell\u0027ente. \n Vengono infatti unificate ai fini dell\u0027incandidabilita\u0027, violando\nirragionevolmente il principio di parita\u0027 di trattamento e di\nproporzionalita\u0027, le condotte connotate da dolo che abbiano\ndeterminato con contributo estensivamente incisivo e protratto nel\ntempo il dissesto dell\u0027ente con quelle condotte, invece, connotate da\ncolpa grave, circoscritte magari a singoli episodi risalenti nel\ntempo (anche a consiliature antecedenti un eventuale piano di\nriequilibrio finanziario), ma che secondo la nuova formulazione\nabbiano comunque «contribuito», ancorche\u0027 in maniera minima, al\ndissesto dell\u0027ente. \n La previsione di una incandidabilita\u0027 (divieto di ricoprire\ncariche) decennale, ancorche\u0027 non sia configurabile come sanzione nei\ntermini indicati dalla giurisprudenza, in ogni caso incide\ninevitabilmente nella vita (e, dunque, sui diritti costituzionalmente\ngarantiti) degli amministratori e, pertanto, l\u0027effetto ex lege\nprevisto dal legislatore deve rientrare nel parametro della\nragionevolezza riferita, da un lato, al diritto all\u0027elettorato\npassivo di cui all\u0027art. 51 della Costituzione e, dall\u0027altro, alla\ntutela degli interessi costituzionali protetti dagli articoli 54 e\n97, della Costituzione. \n Inoltre, secondo la prospettazione dei convenuti, tale\nirragionevolezza emergerebbe anche dal raffronto con altre\nfattispecie. \n Sul punto si osserva che lo stesso TUEL prevede, all\u0027art. 143,\ncomma 11, l\u0027ipotesi d\u0027incandidabilita\u0027 per gli amministratori,\nrelativa allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali\nconseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo\nmafioso o similare, disponendo espressamente, fatte salve misure\ninterdittive o accessorie, che «gli amministratori responsabili delle\ncondotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente\narticolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei\ndeputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo\nnonche\u0027 alle elezioni regionali, provinciali, comunali e\ncircoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi\nallo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilita\u0027 sia\ndichiarata con provvedimento definitivo». Tale fattispecie ricorre\nnell\u0027ipotesi, disciplinata dal primo comma dell\u0027art. 143, allorquando\n«emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti\ndiretti o indiretti con la criminalita\u0027 organizzata di tipo mafioso o\nsimilare degli amministratori di cui all\u0027art. 77, comma 2, ovvero su\nforme di condizionamento degli stessi, tali da determinare\nun\u0027alterazione del procedimento di formazione della volonta\u0027 degli\norgani elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon\nandamento o l\u0027imparzialita\u0027 delle amministrazioni comunali e\nprovinciali, nonche\u0027 il regolare funzionamento dei servizi ad esse\naffidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante\npregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica». \n Oltre questa fattispecie viene in rilievo - e richiamata dagli\nopponenti - l\u0027incandidabilita\u0027 di cui al decreto legislativo n.\n235/2012, rispetto alla quale ha argomentato il decreto opposto nel\nrigettare l\u0027eccezione d\u0027incostituzionalita\u0027. \n In particolare, con riferimento agli enti locali, l\u0027art. 10\nprevede l\u0027incandidabilita\u0027 alle elezioni provinciali, comunali e\ncircoscrizionali e comunque il divieto di ricoprire la carica di\namministratore (sindaco, assessore, consigliere, etc.), per coloro\nche hanno riportato condanne definitive per fattispecie delittuose di\nparticolare rilievo sociale (associazione di tipo mafioso, traffico\ndi sostanze stupefacenti, in tema di immigrazione e terrorismo,\ndiverse ipotesi di delitti compiuti da pubblici ufficiali contro la\npubblica amministrazione, quali peculato, concussione, corruzione,\netc.), oltre alle ipotesi di condanna definitiva per delitti non\ncolposi con condanna non inferiore a due anni di reclusione e alle\nipotesi di applicazione definitiva di misura di prevenzione per\nappartenenza ad associazioni (tra cui quella di tipo mafioso). \n Rispetto a tali ipotesi, tuttavia, l\u0027art. 15, comma 3, prevede\nche «La sentenza di riabilitazione, ai sensi degli articoli 178 e\nseguenti del codice penale, e\u0027 l\u0027unica causa di estinzione anticipata\ndell\u0027incandidabilita\u0027 e ne comporta la cessazione per il periodo di\ntempo residuo». \n Dunque, viene in rilievo che il legislatore, a fronte di ipotesi\ndi condanna definitiva per delitti che incidono significativamente\nnella vita della pubblica amministrazione (si pensi oltre all\u0027ipotesi\ndell\u0027art. 416-bis del codice penale anche al peculato, concussione o\ncorruzione) prevede la possibilita\u0027 di limitare l\u0027incandidabilita\u0027 e,\ncosi\u0027, restituire al condannato il diritto elettorale passivo,\ntramite l\u0027istituto della riabilitazione. \n Per contro, tale possibilita\u0027 di porre fine all\u0027incandidabilita\u0027\ne\u0027 preclusa nell\u0027ipotesi in cui un amministratore, a titolo di colpa\ngrave, con la propria condotta anche risalente nel tempo, abbia\n«contribuito» al dissesto dell\u0027ente. \n Tale disparita\u0027 di trattamento sembra indicare la non manifesta\ninfondatezza dell\u0027eccezione di incostituzionalita\u0027 della norma,\nrispetto al parametro dell\u0027art. 3 della Costituzione, sollevata dalle\nparti opponenti. \n Se nelle due fattispecie indicate la contrazione del diritto di\nelettorato passivo trova una sua necessaria giustificazione\ncostituzionale con riferimento a quelle omissioni che incidono o\nsulle condizioni morali degli amministratori (incandidabilita\u0027 ai\nsensi del decreto legislativo n. 235/2012, relativa a condanne\ndefinitive) o a responsabilita\u0027 relative a infiltrazioni mafiose\n(art. 143, comma 11, TUEL), la stessa misura appare irragionevole -\nconsiderato che viene applicata in misura fissa e non graduata -\nrispetto ad ipotesi in cui non solo manca l\u0027incisivita\u0027\ndell\u0027infiltrazione mafiosa (elemento che inquina l\u0027intero apparato\namministrativo non solo da un punto di vista economico, ma anche\nmorale e di rispetto della legalita\u0027) o l\u0027accertamento definitivo di\nreati associativi o connessi con la funzione pubblica esercitata a\ndanno dell\u0027amministrazione stessa, ma addirittura si potrebbe\nassistere a condotte risalenti nel tempo (non essendo piu\u0027 previsto\nil termine degli ultimi cinque anni), caratterizzate da colpa grave\n(espressione dell\u0027incapacita\u0027 di amministrare) e che hanno meramente\n«contribuito» al dissesto, eventualmente anche in maniera marginale\n(in luogo del precedente «determinato»). \n Rispetto alla stessa norma, dunque, il termine fisso\nd\u0027incandidabilita\u0027 (o divieto di ricoprire determinate cariche) per\ndieci anni appare irragionevole laddove unifica sia ipotesi di colpa\ngrave che dolo, nonche\u0027 condotte «determinanti» con quelle che\nesprimono un mero «contributo», senza alcuna possibilita\u0027 di\ndistinzione e di graduazione. \n Inoltre, proprio perche\u0027 il profilo di incostituzionalita\u0027 ai\nfini della non manifesta infondatezza deve essere vagliato alla luce\ndi discipline simili, non appare sorretto da proporzionalita\u0027 la\nprevisione di incandidabilita\u0027 per un periodo di dieci anni per gli\namministratori che hanno solo «contribuito» anche in un tempo remoto\ne a titolo di colpa grave, senza alcuna possibilita\u0027 di emendazione,\na fronte di ipotesi in cui pur in presenza di condanna in sede penale\n(es. ex art. 10, decreto legislativo n. 235/2012) con conseguente\nincandidabilita\u0027, e\u0027 prevista la possibilita\u0027 di poter tornare a far\nparte dell\u0027elettorato passivo, grazie alla sentenza di riabilitazione\nex articoli 178 ss. del codice penale. \n In altri termini, il principio di ragionevolezza e\nproporzionalita\u0027 della previsione dell\u0027art. 248, comma 5, TUEL, non\nappare rispettato dalla norma, laddove viene trattata con maggior\nrigore la semplice ipotesi di colpa grave per un mero contributo\ncausale al dissesto, ancorche\u0027 risalente nel tempo (con\nincandidabilita\u0027 assoluta per dieci anni) rispetto alle ipotesi, ad\nesempio, di condanna definitiva per reati di associazione mafiosa o\ncontro la pubblica amministrazione, per le quali e\u0027 prevista la\npossibilita\u0027 di riabilitazione. \n Peraltro, la stessa norma appare irragionevole e contraddittoria\nsotto un altro profilo. \n Infatti, ove si ritenesse non irragionevole il divieto di\nricoprire determinate cariche per dieci anni degli amministratori che\nhanno contribuito al dissesto dell\u0027ente, rispetto a condotte che\nincidono sulla stessa moralita\u0027 ed onesta\u0027 dei medesimi e che vedono\nla possibilita\u0027 di ridurre o far cessare l\u0027incandidabilita\u0027, in\nragione della prevalenza delle esigenze di tutela del bilancio\npotenzialmente pregiudicato dalla mala gestio degli amministratori,\nsi\u0027 da precludere la possibilita\u0027 che continuino ad amministrare,\nviene in rilievo la circostanza che agli stessi sia preclusa la\npossibilita\u0027 per dieci anni di ricoprire la carica di assessore, di\nrevisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali\npresso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ma\npossono essere eletti Sindaci e quindi gestire non la singola\nattivita\u0027 delegata, ma l\u0027intera amministrazione comunale. Per tali\nragioni l\u0027impossibilita\u0027 di interpretare secondo Costituzione la\nnorma induce a prospettare la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 248, comma 5, decreto legislativo n.\n267/2000, laddove dispone per gli amministratori il divieto di\nricoprire incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti\nlocali e di rappresentante di enti locali presso altri enti,\nistituzioni ed organismi pubblici e privati, per un periodo fisso di\ndieci anni e non graduabile, a fronte di condotte che abbiano\ncontribuito al dissesto dell\u0027ente, sia a titolo di dolo che di colpa\ngrave. \n 2. Pertanto, ai sensi e per gli effetti degli articoli 134 della\nCostituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, devono\ndichiararsi rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 248, comma 5, del decreto\nlegislativo n. 267/2000 sopra prospettate, e deve di conseguenza\ndisporsi la sospensione del giudizio in oggetto, ordinando\nl\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e gli\naltri adempimenti a cura della cancelleria di cui al dispositivo. \n 3. Le spese del giudizio saranno liquidate alla definizione\nintegrale del merito della presente controversia. \n\n \n P.Q.M. \n \n La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Calabria, non\ndefinitivamente pronunciando con riferimento al giudizio di\nopposizione ex art. 135 c.g.c. relativo a giudizio sanzionatorio\niscritto al n. 23983 del Registro di Segreteria: \n Visti l\u0027art. 134 della Costituzione e l\u0027art. 23 della legge\n11 marzo 1953, n. 87; \n Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, in\nriferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione, le questioni di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 248, comma 5, del decreto\nlegislativo n. 267/2000, prospettate nei termini di cui in\nmotivazione; \n Ordina la sospensione del giudizio; \n Ordina alla Segreteria della Sezione di provvedere: \n all\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte\ncostituzionale; \n alla notificazione della presente ordinanza alle parti in\ncausa, al pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei\nministri; \n alla comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti\ndelle Camere del Parlamento; \n ad ogni altro adempimento di competenza. \n Spese del giudizio al definitivo. \n Cosi\u0027 deciso in Catanzaro nelle camere di consiglio del 31\nottobre - 11 dicembre 2024. \n \n Il Presidente f.f.: Marre\u0027 Brunenghi","elencoNorme":[{"id":"62402","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto legislativo","data_legge":"18/08/2000","data_nir":"2000-08-18","numero_legge":"267","descrizionenesso":"","legge_articolo":"248","specificaz_art":"","comma":"5","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2000-08-18;267~art248"}],"elencoParametri":[{"id":"79067","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79068","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"51","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54589","num_progressivo":"","nominativo_parte":"ASMEL","data_costit_part":"06/05/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"AC","descrizione_tipologia_parte":"","sigla_parte":""},{"id":"54557","num_progressivo":"","nominativo_parte":"E. G., M. D. A., V. S. ed altro","data_costit_part":"24/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"I","descrizione_tipologia_parte":"Interveniente","sigla_parte":"E. G., M. D. A., V. S. ed altro"},{"id":"54580","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Procuratore Generale presso la Corte dei conti","data_costit_part":"06/05/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"I","descrizione_tipologia_parte":"Interveniente","sigla_parte":""},{"id":"54587","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Lo Polito Domenico","data_costit_part":"06/05/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}" ] ] |