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(Resistenza a un pubblico ufficiale), se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell\u0027esercizio delle proprie funzioni – Irragionevolezza a fronte dell’applicabilità della causa di non punibilità in questione con riguardo ai reati di cui all’art. 338, primo comma, cod. pen. (Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti) e all’art. 143 cod. pen. militare di pace (Resistenza alla forza armata) e agli stessi delitti ex artt. 336 e 337 cod. pen. nell’ipotesi in cui il reato sia commesso nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale della scuola nonché nell’ipotesi in cui il reato sia commesso in danno di esercenti professioni sanitarie e sociosanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Codice penale, art. 131-bis, terzo comma.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Costituzione, art. 3.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u0026nbsp;\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eIn subordine: Reati e pene – Circostanze aggravanti ex art. 339 cod. pen. - Previsione che le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche ove si tratti di manifestazioni di natura politica – Lesione\u0026nbsp;della libertà di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Disparità di trattamento in considerazione del fatto che circostanze analoghe non sono state previste con riguardo ad altri reati, quali i reati contro la persona e taluni reati dei pubblici ufficiali.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Codice penale, art. 339.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Costituzione, artt. 3, 17 e 21.\u003c/p\u003e","prima_parte":"A. 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M.. \n \nReati e pene - Esclusione della punibilita\u0027 per particolare  tenuita\u0027\n  del fatto - Previsione che l\u0027offesa non  puo\u0027  essere  ritenuta  di\n  particolare tenuita\u0027 quando si procede per i delitti previsti dagli\n  artt. 336 e 337 cod. pen., se il fatto e\u0027 commesso nei confronti di\n  un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o  di  un  ufficiale  o\n  agente  di  polizia  giudiziaria   nell\u0027esercizio   delle   proprie\n  funzioni. \n- Codice penale, art. 131-bis, terzo comma. \nIn subordine: Reati e pene - Circostanze aggravanti ex art. 339  cod.\n  pen. - Previsione che le pene stabilite nei tre articoli precedenti\n  sono aumentate se la violenza o la minaccia e\u0027 commessa  nel  corso\n  di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, anche ove\n  si tratti di manifestazioni di natura politica. \n- Codice penale, art. 339. \n\n\r\n(GU n. 28 del 10-07-2024)\n\r\n \n                        TRIBUNALE DI FIRENZE \n \n \n                        Prima sezione penale \n \n    Il Giudice, dott. Franco Attina\u0027, nel procedimento sopra indicato\na carico di M A nata a il res. in via ; \n        libera assente; \n        difesa dall\u0027avv. di fiducia Giampaolo D\u0027Eugenio del  foro  di\nNapoli (nomina depositata il 20 luglio 2020); \n        imputata: per il reato previsto e punito dall\u0027art.  337,  339\ndel codice penale in quanto, durante la manifestazione politica «  »,\nper opporsi a un atto del  suo  ufficio  e\\o  servizio,  segnatamente\nl\u0027azione  di  presidio   per   impedire   l\u0027accesso   a   causa   del\nraggiungimento della capienza massima,  tentava  a  piu\u0027  riprese  di\nentrare e usava violenza nei confronti dell\u0027Ag. in servizio presso la\nQuestura di , colpendolo piu\u0027 volte al torace, poi raggiungendolo con\nuno schiaffo al volto. Commesso  in  ,  (imputazione  cosi\u0027  corretta\nall\u0027udienza del 12 dicembre 2022); \n    Sentite le parti; \n    Premesso che: \n        con decreto del Gup del 14 settembre 2021 A M era rinviata  a\ngiudizio davanti al Tribunale di Firenze per rispondere del reato  di\nresistenza a pubblico  ufficiale  ex  art.  337  del  codice  penale,\naggravato ex art. 339 del codice penale (perche\u0027 commesso durante una\nmanifestazione), in ipotesi commesso il (data poi corretta in « »); \n        il processo si e\u0027 svolto nell\u0027arco di piu\u0027 udienze, nel corso\ndelle quali sono  stati  sentiti  la  persona  offesa  (agente  della\nPolizia di Stato) e i testi (ispettore della Polizia di Stato), e ; \n        all\u0027udienza del 22 gennaio 2024  il  Pm  e  la  parte  civile\nrassegnavano le rispettive conclusioni. Il Pm  chiedeva  la  condanna\ndell\u0027imputato alla pena finale di mesi sei di  reclusione;  la  parte\ncivile ha chiesto la condanna dell\u0027imputata al risarcimento del danno\nnella misura di 1.500 euro; \n        dopo un  mero  rinvio  all\u0027udienza  del  22  aprile  2024  in\nrelazione  alle  condizioni  di  salute  dell\u0027imputata,   all\u0027udienza\nodierna la difesa dell\u0027imputata chiedeva l\u0027assoluzione  dell\u0027imputata\nex art. 530, comma 1 del codice di procedura  penale,  l\u0027applicazione\ndelle scriminanti ex art. 393-bis del codice penale e 59, comma 4 del\ncodice penale,  in  subordine  il  riconoscimento  delle  circostanze\nattenuanti  generiche  in  misura  prevalente  sull\u0027aggravante  e  la\nconcessione dei doppi benefici di legge; \n    Rilevato che: \n        l\u0027istruttoria svolta  ha  consentito  di  accertare  i  fatti\nascritti all\u0027imputata e il richiesto elemento soggettivo; \n        quanto alla pronuncia  nei  confronti  dell\u0027imputata  per  il\nreato contestatogli, pare pero\u0027 necessario  il  pronunciamento  della\nCorte costituzionale in ordine alla legittimita\u0027 costituzionale - per\nviolazione dell\u0027articolo 3 della Costituzione  -  dell\u0027art.  131-bis,\ncomma 3 del codice penale nella parte in cui prevede che l\u0027offesa non\npuo\u0027 essere ritenuta di particolare tenuita\u0027 quando si procede per  i\ndelitti previsti dagli articoli 336 e 337 del codice  penale,  se  il\nfatto e\u0027 commesso nei confronti di un ufficiale o agente di  pubblica\nsicurezza  o  di  un  ufficiale  o  agente  di  polizia   giudiziaria\nnell\u0027esercizio delle proprie  funzioni;  nonche\u0027,  in  subordine,  in\nordine  alla  legittimita\u0027  costituzionale  -  per  violazione  degli\narticoli 3, 17 e 21 della Costituzione -  dell\u0027art.  339  del  codice\npenale nella parte in cui prevede  che  le  pene  stabilite  nei  tre\narticoli precedenti sono aumentate se la violenza o  la  minaccia  e\u0027\ncommessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico  o  aperto  al\npubblico, anche ove si tratti di manifestazioni di natura politica; \n    Cio\u0027 premesso, \n \n                               Osserva \n \n1. Il procedimento a quo. La rilevanza delle questioni \n    1.1 L\u0027imputata e\u0027 accusata di  avere  -  in  data  ,  durante  la\nmanifestazione politica c.d. «della »  -  opposto  resistenza  ad  un\npubblico  ufficiale.  l\u0027Ag.  della  Polizia  di  Stato  (Questura  di\nFirenze). \n    1.2 Dalle testimonianze della persona offesa e dell\u0027ispettore  e\u0027\nemerso che il citato giorno era in corso la  manifestazione  politica\nc.d. «della »; gli agenti della Polizia di Stato  -  tra  cui  i  due\ntestimoni - erano schierati all\u0027esterno della sede in cui si svolgeva\nl\u0027evento per controllare gli accessi; ad un certo punto  i  dirigenti\ndavano istruzioni perche\u0027 non fossero piu\u0027  consentiti  accessi  alla\nstruttura, posto che era stata gia\u0027 raggiunta la capienza massima  di\npersone. \n    Gli operanti quindi - che erano in  abiti  civili,  ma  portavano\ncomunque legata al collo la propria placca distintiva,  oltre  ad  un\npass con scritto «forze dell\u0027ordine» -  precludevano  nuovi  accessi,\nsia avvalendosi di transenne, sia schierandosi fisicamente a  braccia\naperte in modo da creare un cordone.  Rimanevano  cosi\u0027  fuori  dalla\nstruttura circa 200-300 persone. \n    Tra  queste  vi  era  l\u0027attuale  imputata,   che   si   rivolgeva\ninsistentemente all\u0027agente chiedendo di  poter  entrare.  Al  diniego\ndella Polizia, che  spiegava  come  non  fosse  possibile,  la  donna\ntoccava con un dito il torace del pubblico ufficiale; quest\u0027ultimo le\nintimava di smettere, ma lei continuava a toccarlo nello stesso modo,\nchiedendo di poter entrare; l\u0027agente allora le bloccava il polso;  la\ndonna lo colpiva con uno schiaffo al  volto,  sempre  pretendendo  di\nentrare. \n    Interveniva quindi l\u0027ispettore che procedeva  all\u0027identificazione\ndell\u0027imputata. \n    Dopo l\u0027identificazione, la donna tornava in coda  nella  speranza\ndi poter accedere alla struttura. \n    In base alla deposizione del teste ,  la  M  riusciva  infine  ad\naccedere   all\u0027evento   (entrambi   si   incontravano   in    seguito\nall\u0027interno). \n    1.3 La citata ricostruzione dei fatti non puo\u0027  essere  messa  in\ndubbio in ragione delle deposizioni dei testi a difesa e . \n    Il  primo  si  e\u0027  limitato  a  riportare  il  racconto  fattogli\ndall\u0027imputata, circa il fatto che  la  stessa  sarebbe  stata  spinta\naddosso ad un poliziotto. \n     ha dichiarato di avere visto - nell\u0027ambito della ressa  presente\nall\u0027esterno della struttura - che la M ,  per  effetto  delle  spinte\ndella folla, sul punto di cadere si era aggrappata  ad  una  persona;\npoi il teste la perdeva di vista. \n    Tali deposizioni - a fronte di dichiarazioni precise  e  puntuali\ndei due testi di Polizia Giudiziaria - non  valgono  a  confutare  la\ncitata ricostruzione. In particolare, non e\u0027 possibile che  la  scena\nriferita dai testi (nel caso del , de relato)  sia  la  stessa  scena\ndescritta dai pubblici ufficiali; il reiterato toccamento del  torace\ncon un dito e lo schiaffo al  volto,  accompagnati  dalla  insistente\nrichiesta a voce di poter entrare, non sono infatti  suscettibili  di\nessere confusi con il gesto di una persona che si  aggrappi  per  non\ncadere. \n    1.4 Sussiste quindi  il  fatto  contestato.  Risulta  pero\u0027  piu\u0027\ncorretto qualificarlo ai sensi dell\u0027art.  336,  comma  1  del  codice\npenale, avendo l\u0027imputata commesso atti di violenza (lo schiaffo, non\npotendo considerarsi violenza il semplice toccamento - pur molesto  e\nreiterato - del torace  con  un  singolo  dito)  per  costringere  il\npubblico ufficiale a fare un atto contrario ai propri doveri (lasciar\nentrare l\u0027imputata nella struttura ove si  svolgeva  l\u0027evento)  o  ad\nomettere un atto dell\u0027ufficio (impedire  il  passaggio  di  ulteriori\npersone). \n    Non pare viceversa potersi ravvisare  l\u0027opposizione  ad  un  atto\ndell\u0027ufficio. \n    La Corte di cassazione in tema di differenze tra  le  due  figure\ncriminose di cui agli articoli 336 e 337 del codice  penale  ha  piu\u0027\nvolte affermato che «quando la violenza o la minaccia dell\u0027agente nei\nconfronti del pubblico  ufficiale  e\u0027  posta  in  essere  durante  il\ncompimento dell\u0027atto d\u0027ufficio, per impedirlo, si  ha  resistenza  ai\nsensi dell\u0027art. 337 del codice penale, mentre si  versa  nell\u0027ipotesi\ndi cui all\u0027art. 336 del codice penale se la violenza o la minaccia e\u0027\nportata contro il pubblico ufficiale per costringerlo a  omettere  un\natto  del  suo  ufficio  anteriormente  all\u0027inizio   dell\u0027esecuzione»\n(cosi\u0027, tra le altre Cass. Sez. 6 - , n.  51961  del  02/10/2018  Rv.\n274509 - 01). La distinzione risulta peraltro piu\u0027 sottile e delicata\nallorche\u0027 l\u0027atto  dell\u0027ufficio  sia  -  come  nel  caso  in  esame  -\nun\u0027attivita\u0027 di presidio, volta a mantenere inalterata la situazione.\nIn casi simili, pare si debba privilegiare il profilo  del  tentativo\ndell\u0027agente di modificare la situazione esistente in contrasto con la\ncitata attivita\u0027 di presidio. \n    1.5 Non possono trovare applicazione le invocate  esimenti  della\nreazione ad atto arbitrario del pubblico ufficiale e della  legittima\ndifesa, neppure in termini putativi. \n    E\u0027 infatti evidente come  la  condotta  dell\u0027agente  -  che,  per\nimpedire che l\u0027imputata  continuasse  a  premere  col  dito  sul  suo\ntorace, mentre egli era  impegnato  nell\u0027attivita\u0027  di  presidio,  le\nbloccava il  polso  -  fosse  del  tutto  legittima  e  nient\u0027affatto\narbitraria. La circostanza inoltre  che  la  donna,  nel  colpire  il\npubblico ufficiale, continuasse a  pretendere  di  entrare,  comprova\nulteriormente che lo schiaffo non costituisse la reazione ad un  atto\narbitrario o un modo di difendersi dell\u0027imputata, bensi\u0027 un  atto  di\nviolenza volto a costringere l\u0027agente a consentirle l\u0027accesso. \n    1.6 Sussiste la contestata circostanza aggravante di cui all\u0027art.\n339 del codice penale: la condotta  violenta  era  infatti  posta  in\nessere nel corso di una manifestazione in luogo aperto al pubblico. \n    Piu\u0027 precisamente, la manifestazione di natura  politica  era  in\ncorso all\u0027interno dell\u0027ex stazione , polo congressuale cui chiunque a\ndeterminate condizioni poteva accedere; trattavasi  quindi  di  luogo\naperto al pubblico. La Corte di cassazione a  Sezioni  unite  con  la\nsentenza  46595/2019   ha   ribadito   e   chiarito   che   ai   fini\ndell\u0027ordinamento penale «e\u0027 in luogo  pubblico  la  riunione  che  si\ntenga in un luogo in cui ogni persona puo\u0027 liberamente  transitare  e\ntrattenersi senza che  occorra  in  via  normale  il  permesso  della\nautorita\u0027 (ad es., piazza, strada); e\u0027 in luogo aperto al pubblico la\nriunione che si tenga in luogo chiuso (ad es., cinema,  teatro),  ove\nl\u0027accesso, anche se subordinato ad apposito biglietto di ingresso, e\u0027\nconsentito  ad  un  numero  indeterminato  di  persone;  e\u0027,  invece,\nprivata, la riunione che si tenga in luogo chiuso con la  limitazione\ndell\u0027accesso a persone gia\u0027 nominativamente  determinate»  (punto  20\ndella motivazione). \n    La  condotta  violenta  dell\u0027imputata   si   e\u0027   invece   svolta\nall\u0027esterno della struttura, nel piazzale circostante,  e  quindi  in\nluogo pubblico, ove peraltro vi era una moltitudine di persone (circa\n200-300 secondo i testi di P.G.) che volevano partecipare  all\u0027evento\nin senso stretto. \n    Si deve peraltro rilevare che la  citata  condotta  violenta  era\nstrettamente  connessa  sul  piano  finalistico  alla  manifestazione\npolitica in corso, posto che l\u0027imputata la poneva in  essere  proprio\nper partecipare alla manifestazione. \n    Con   riguardo   all\u0027analoga   locuzione   «in    occasione    di\nmanifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al\npubblico», in relazione  al  reato  di  danneggiamento  la  Corte  di\ncassazione ha ritenuto che «il nesso di derivazione tra  la  condotta\ndi danneggiamento e  la  manifestazione  [...]  puo\u0027  esprimersi  sia\nattraverso la rilevazione di una contiguita\u0027 logistica del luogo dove\nsi consuma il danneggiamento rispetto a  quello  dove  si  svolge  la\nmanifestazione, sia attraverso la rilevazione di  altre  connessioni,\nsicche\u0027 si ritengono  comprese  nell\u0027area  del  penalmente  rilevante\nanche le condotte di danneggiamento che non si  sarebbero  verificate\nse la manifestazione non ci fosse stata» (Cass. Sez. 2 -  ,  Sentenza\nn. 29588 del 04/04/2019 Rv. 277494 - 02). \n    Si deve dunque ritenere  sussistente  la  contestata  circostanza\naggravante. \n    1.7 Potrebbe trovare applicazione la causa di non punibilita\u0027  di\ncui all\u0027art. 131-bis del codice penale. \n    L\u0027offesa sarebbe infatti di speciale tenuita\u0027. \n    In proposito, si consideri che  l\u0027imputata,  nata  nel  e  quindi\nall\u0027epoca dei fatti, per come descritta sia dagli  operanti  sia  dai\ntesti a difesa, e\u0027 donna di corporatura  minuta  (alta  circa  metri,\npeso di circa kg). In base alla  documentazione  sanitaria  prodotta,\ninoltre, la stessa - in ragione di una  patologia  oncologica  -  era\nstata sottoposta nel e nel giugno a piu\u0027 interventi  chirurgici,  cui\nseguivano nella seconda meta\u0027 del terapia citostatica e radioterapia;\nla terapia farmacologica proseguiva fino al . Era inoltre interessata\nda  ulteriori   problematiche   sanitarie   (osteopenia   vertebrale,\nosteoporosi femorale dx, ipercolesterolemia, celiachia). \n    Alla luce del citato quadro generale, si  deve  ritenere  che  la\nprestanza fisica della prevenuta all\u0027epoca dei fatti fosse  piuttosto\nlimitata e che quindi parimenti limitata fosse  l\u0027energia  dispiegata\nnel colpire l\u0027operante. In  effetti,  quest\u0027ultimo  a  seguito  dello\nschiaffo ricevuto non riportava alcun tipo di lesioni. \n    Inoltre la persona offesa agiva da sola, e non  in  concorso  con\naltre persone. \n    Sotto il profilo soggettivo, infine, ella agiva non  per  turbare\nil regolare svolgimento della manifestazione in corso, bensi\u0027 al fine\ndi partecipare alla stessa. \n    Il comportamento dell\u0027imputata non e\u0027 abituale. La stessa risulta\ninfatti del tutto incensurata. \n    I limiti edittali del reato ex  art.  336,  comma  1  del  codice\npenale (ma anche del reato ex art. 337 del codice penale, qualora  si\noptasse  per  tale  diversa  qualificazione)  sono  compatibili   con\nl\u0027applicazione della causa di non punibilita\u0027 in questione,  sia  che\nsi abbia riguardo alla disciplina in  vigore  al  momento  del  fatto\n(massimo  edittale  non  superiore  a  cinque  anni,  non   dovendosi\nconsiderare la circostanza aggravante ad effetto comune ex  art.  339\ndel codice  penale),  sia  che  si  abbia  riguardo  alla  disciplina\nattuale, come modificata dal decreto legislativo n. 150/2022  (minimo\nedittale non superiore a due anni). \n    L\u0027applicazione  della  causa  di  non  punibilita\u0027  trova   pero\u0027\nostacolo nell\u0027esclusione  espressa  prevista  dall\u0027art.  131-bis  del\ncodice penale per le fattispecie di cui  agli  articoli  336,  337  e\n341-bis del codice penale, quando il fatto e\u0027 commesso nei  confronti\ndi un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di  un  ufficiale  o\nagente di polizia giudiziaria nell\u0027esercizio delle proprie  funzioni,\nnonche\u0027 per il delitto previsto dall\u0027articolo 343 del codice penale. \n    Piu\u0027  precisamente,  all\u0027epoca  dei  fatti  la  preclusione   era\nprevista per i delitti di cui agli articoli 336, 337  e  341-bis  del\ncodice penale, quando il reato  era  commesso  nei  confronti  di  un\npubblico ufficiale nell\u0027esercizio delle proprie funzioni;  a  seguito\ndelle  modifiche  apportate  dal   decreto-legge   n.   130/2020   la\npreclusione opera allorche\u0027  i  citati  delitti  siano  commessi  nei\nconfronti di un ufficiale o agente di  pubblica  sicurezza  o  di  un\nufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  nell\u0027esercizio  delle\nproprie funzioni. Pur a seguito di tale ultimo intervento  normativa,\nche ha limitato maggiormente l\u0027ipotesi ostativa, nella fattispecie in\nesame la causa di non punibilita\u0027 non puo\u0027 trovare  applicazione:  la\npersona offesa era infatti un agente di pubblica  sicurezza,  nonche\u0027\nagente di polizia giudiziaria, nell\u0027esercizio delle proprie funzioni. \n    1.8 Se viceversa  fosse  accolta  la  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale qui sollevata in via principale,  sarebbe  applicabile\nl\u0027indicata causa di non punibilita\u0027. \n    1.9  Qualora  fosse  accolta  la  questione  sollevata   in   via\nsubordinata, si dovrebbe escludere la citata  circostanza  aggravante\nex art. 339 del codice penale. \n2. Non  manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata  in  via\nprincipale \n    2.1 Questo giudice  sospetta  dell\u0027illegittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 131-bis 1, comma 3 del codice penale (nell\u0027attuale versione\ndel citato articolo, a seguito  della  riorganizzazione  operata  dal\ndecreto legislativo n. 150/2022), per violazione  dell\u0027art.  3  della\nCostituzione, nella parte in cui prevede che l\u0027offesa non puo\u0027 essere\nritenuta di particolare tenuita\u0027 quando  si  procede  per  i  delitti\nprevisti dagli articoli 336 e 337 del codice penale, se il  fatto  e\u0027\ncommesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza\no di un ufficiale o  agente  di  polizia  giudiziaria  nell\u0027esercizio\ndelle proprie funzioni. \n    2.2 Si ritiene opportuno premettere che la  questione  viene  qui\nsollevata in relazione alla ipotesi ostativa  prevista  dalla  citata\nnorma sia con riguardo al delitto di  cui  all\u0027art.  336  del  codice\npenale, sia con riguardo all\u0027art. 337 del codice penale. \n    Si tratta infatti di due fattispecie di  reato  contigue,  aventi\nuna struttura e un\u0027oggettivita\u0027 giuridica molto simili, tra le  quali\ne\u0027  spesso  difficile  tracciare  la  linea  discretiva.  Si  ritiene\npertanto che la  qui  auspicata  pronuncia  di  illegittimita\u0027  debba\nriguardare la citata previsione ostativa in relazione ad entrambe  le\nfigure di reato, non essendovi motivo di distinguere tra le stesse. \n    2.3  La  norma  qui  censurata  pare  violare  l\u0027art.   3   della\nCostituzione sotto plurimi profili. \n    La Corte  costituzionale  e\u0027  gia\u0027  intervenuta  piu\u0027  volte  con\nriguardo alla citata norma dell\u0027art. 131-bis del codice penale. \n    In particolare, nella  sentenza  n.  30  del  2021  la  Corte  ha\naffermato  che  «Per  giurisprudenza  costante,  le  cause   di   non\npunibilita\u0027  costituiscono  altrettante  deroghe   a   norme   penali\ngenerali, sicche\u0027 la  loro  estensione  comporta  strutturalmente  un\ngiudizio di ponderazione a soluzione aperta  tra  ragioni  diverse  e\nconfliggenti, in primo luogo quelle che  sorreggono  da  un  lato  la\nnorma generale  e  dall\u0027altro  la  norma  derogatoria,  giudizio  che\nappartiene primariamente al legislatore (sentenze n. 156 del 2020, n.\n140 del 2009 e n. 8 del 1996). \n    Da tale premessa discende che le scelte del legislatore  relative\nall\u0027ampiezza applicativa  della  causa  di  non  punibilita\u0027  di  cui\nall\u0027art. 131-bis del codice  penale  sono  sindacabili  soltanto  per\nirragionevolezza manifesta (sentenze n. 156 del 2020  e  n.  207  del\n2017)». \n    La Corte ha poi ritenuto che «L\u0027esclusione del titolo di reato di\ncui  all\u0027art.  337  del  codice  penale   dalla   sfera   applicativa\ndell\u0027esimente  di  tenuita\u0027  corrisponde(sse)  quindi  -  secondo  un\napprezzamento discrezionale non manifestamente irragionevole  -  alla\npeculiare  complessita\u0027  del  bene  giuridico  protetto  dalla  norma\nincriminatrice, peraltro rimarcata anche dalle  Sezioni  unite  della\nCorte  di  cassazione,  laddove  hanno  osservato  che   il   normale\nfunzionamento della pubblica amministrazione tutelato  dall\u0027art.  337\ndel codice penale va inteso \"in senso ampio\", poiche\u0027  include  anche\n\"la sicurezza e la liberta\u0027 di determinazione\" delle persone  fisiche\nche  esercitano  le  pubbliche  funzioni  (sentenza  22   febbraio-24\nsettembre 2018, n. 40981)». \n    Sulla base di tali premesse la Corte ha concluso che «in presenza\ndi un fatto-reato intrinsecamente offensivo di un bene  giuridico  di\ntale complessita\u0027, l\u0027opzione legislativa di escludere la  valutazione\ngiudiziale   di   particolare   tenuita\u0027   dell\u0027offesa»   non   fosse\nmanifestamente irragionevole. \n    La Corte ha infine ritenuto che i tertia comparationis  all\u0027epoca\nindicati  dai  giudici  remittenti  non  fossero  idonei,  in  quanto\nsprovvisti  dell\u0027omogeneita\u0027  necessaria  a  impostare  il   giudizio\ncomparativo. \n    2.4 Si intende qui sottoporre nuovamente alla Corte la  questione\nindicando diversi tertia - si spera sufficientemente omogenei  -  che\npossano evidenziare la  manifesta  irragionevolezza  della  norma  in\nquestione. \n    2.5 In primo luogo, l\u0027esclusione dell\u0027applicabilita\u0027 della  causa\ndi non punibilita\u0027 con riguardo ai delitti ex  art.  336  e  337  del\ncodice penale pare irragionevole nella misura in cui detta  causa  di\nnon punibilita\u0027 puo\u0027 viceversa trovare applicazione con  riguardo  al\nreato di cui all\u0027art. 338, comma 1 del codice penale. \n    2.5.1 Il delitto di violenza o minaccia  ad  un  corpo  politico,\namministrativo o  giudiziario  o  ai  suoi  singoli  componenti  pare\ncostituire un termine di paragone omogeneo posto che e\u0027  disciplinato\nnello stesso capo II del  titolo  secondo  dedicato  ai  delitti  dei\nprivati contro la pubblica amministrazione, subito dopo il  reato  di\nviolenza o minaccia a un pubblico ufficiale e il reato di  resistenza\na un pubblico ufficiale. \n    E\u0027 inoltre un reato con base violenta esattamente come i reati di\ncui agli articoli 336 e 337 del codice penale. \n    La struttura del  reato  e\u0027  inoltre  analoga,  contemplando  una\ncondotta di violenza o minaccia nei confronti di un  corpo  politico,\namministrativo o  giudiziario  o  di  singoli  componenti  o  di  una\nrappresentanza dello stesso (o di una  qualsiasi  pubblica  autorita\u0027\ncostituita in collegio o dei suoi  singoli  componenti)  al  fine  di\nimpedirne o turbarne comunque l\u0027attivita\u0027, con una  formulazione  che\nanche dal punto di vista lessicale  risulta  molto  simile  a  quella\ndegli articoli 336 e 337 del codice penale. \n    Altresi\u0027 l\u0027oggettivita\u0027 giuridica dei  citati  reati  risulta  la\nmedesima, essendo tutti i delitti in questione volti  a  tutelare  un\nbene giuridico complesso costituito dal regolare funzionamento  della\npubblica amministrazione, «inteso in senso ampio, in quanto  in  esso\nsi ricomprende anche la sicurezza e la liberta\u0027 di  determinazione  e\ndi azione degli organi pubblici, mediante la protezione delle persone\nfisiche che singolarmente o in collegio ne esercitano le  funzioni  o\nne adempiono i servizi, cosi\u0027 come previsto dagli articoli 336, 337 e\n338 del codice penale» (Cass. Sez. Un. Sentenza n. 40981 del 2018). \n    E\u0027 poi sintomatico il fatto che  l\u0027art.  339  del  codice  penale\npreveda  le  medesime  circostanze  aggravanti  speciali  (talune  ad\neffetto comune, altre ad effetto speciale) con riguardo ai tre  reati\ndi cui agli articoli 336, 337 e 338 del codice penale. \n    2.5.2 A seguito delle modifiche normative apportate  dal  decreto\nlegislativo n. 150/2022, la causa di non punibilita\u0027 di cui  all\u0027art.\n131-bis del codice penale puo\u0027 ora trovare applicazione per il  reato\ndi cui all\u0027art. 338 del codice penale:  ai  fini  dell\u0027applicabilita\u0027\ndel citato istituto e\u0027 infatti ora richiesto che il  minimo  edittale\nnon sia superiore a due anni di pena detentiva, laddove in precedenza\nrilevava il massimo edittale (che non doveva eccedere i cinque anni);\nil delitto ex art. 338 del codice penale (sempreche\u0027 non  ricorra  la\ncircostanza aggravante ad effetto speciale di cui all\u0027art. 339, comma\n2 del codice penale) soddisfa quindi il requisito ora previsto. \n    Il delitto di cui all\u0027art.  338  del  codice  penale  non  figura\ninoltre tra le ipotesi per le quali e\u0027 esclusa l\u0027applicabilita\u0027 della\ncausa di non punibilita\u0027 di cui all\u0027art. 131-bis del  codice  penale.\nNe\u0027 pare possibile ritenere che la preclusione prevista con  riguardo\nai reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale operi anche\ncon riguardo al delitto di cui all\u0027art. 338 del codice  penale  sulla\nbase  delle  strette  analogie  sussistenti  tra  detti   reati:   si\ntratterebbe infatti di un\u0027applicazione analogica in malam partem, non\nconsentita in sede penale. \n    2.5.3 Si deve concludere quindi che allo stato la  causa  di  non\npunibilita\u0027 della particolare tenuita\u0027 del fatto possa applicarsi con\nriguardo al reato ex art. 338 del codice penale, mentre  e\u0027  preclusa\nin relazione ai reati di cui agli  articoli  336  e  337  del  codice\npenale, allorche\u0027 gli stessi  siano  commessi  nei  confronti  di  un\nufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale  o  agente\ndi polizia giudiziaria nell\u0027esercizio delle proprie funzioni. \n    Alla luce delle analogie sopra evidenziate con riguardo ai  reati\nin questione, tale situazione normativa pare del tutto irragionevole,\ntanto piu\u0027 ove si consideri che il delitto ex  art.  338  del  codice\npenale si connota rispetto agli altri due delitti  per  una  maggiore\ngravita\u0027, come testimoniato dalla pena decisamente piu\u0027 severa per lo\nstesso prevista (reclusione da uno a sette anni  anziche\u0027  reclusione\nda sei mesi a cinque anni, o addirittura reclusione fino a  tre  anni\nnel caso dell\u0027art. 336, comma 3 del codice penale) e  dal  fatto  che\nper il medesimo non e\u0027 praticabile neppure la  messa  alla  prova  (a\ndifferenza che per i reati ex art. 336 e 337 del codice  penale,  per\nil reato ex art. 338 del codice penale l\u0027esercizio dell\u0027azione penale\nnon puo\u0027 avvenire mediante decreto di citazione diretta a giudizio  e\nquindi non opera la previsione dell\u0027art. 168-bis, comma 1 del  codice\npenale in relazione all\u0027art. 550, comma 2  del  codice  di  procedura\npenale). \n    2.5.4 Ne\u0027  pare  possibile  sostenere  che  tale  previsione  sia\nragionevole in considerazione  del  fatto  che  l\u0027applicazione  della\ncausa di non punibilita\u0027 in esame e\u0027 preclusa con riguardo  ai  reati\nex articoli 336 e 337 del codice penale  solo  allorche\u0027  gli  stessi\nsiano commessi nei confronti di un ufficiale  o  agente  di  pubblica\nsicurezza  o  di  un  ufficiale  o  agente  di  polizia   giudiziaria\nnell\u0027esercizio delle proprie funzioni. \n    Quanto all\u0027esercizio attuale delle funzioni, si tratta di un dato\nche  puo\u0027  ricorrere  anche  nell\u0027ambito  della  fattispecie  di  cui\nall\u0027art. 338 del codice penale. \n    Quanto alle  qualifiche  soggettive  di  ufficiale  o  agente  di\npubblica sicurezza o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, si\ntratta di elementi che nell\u0027economia delle fattispecie  di  cui  agli\narticoli 336 e 337 del codice penale hanno una valenza marginale, non\nassumendo nell\u0027ambito dei  citati  articoli  una  rilevanza  autonoma\nespressa,  neppure  in  termini  di  elemento  circostanziale   della\nfattispecie. \n    Inoltre, in talune ipotesi  il  corpo  o  la  pubblica  autorita\u0027\ncollegiale destinataria della violenza o minaccia ai sensi  dell\u0027art.\n338 del codice penale potrebbe  avere  tra  i  propri  componenti  un\nufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale  o  agente\ndi polizia giudiziaria, come ad es. il prefetto,  il  questore  o  il\nsindaco. \n    Del resto, ulteriore conferma del  fatto  che  la  disparita\u0027  di\ntrattamento tra i reati ex articoli 336,  337  e  338  non  trovi  la\npropria  giustificazione  nelle  citate  qualifiche  soggettive   (di\nufficiale o agente di pubblica sicurezza o di ufficiale o  agente  di\npolizia giudiziaria) si ricava indirettamente dal fatto che la  causa\ndi non punibilita\u0027 ex art. 131-bis del codice penale non puo\u0027 trovare\napplicazione neppure rispetto alla figura criminosa dell\u0027oltraggio  a\nmagistrato in udienza di cui all\u0027art. 343 del codice penale. In  tale\nreato le qualifiche soggettive di  ufficiale  o  agente  di  pubblica\nsicurezza  o  di  ufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  non\nrilevano, posto che soggetto passivo del reato e\u0027 il  magistrato  (in\nudienza).  Ebbene,  la  causa  di  non   punibilita\u0027   puo\u0027   trovare\napplicazione  rispetto  alla  violenza  o  minaccia   ad   un   corpo\ngiudiziario (ad es. il Tribunale collegiale, anche  dopo  la  lettura\ndella sentenza: cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 16487  del  04/02/2020\nRv. 278890 - 01), ma del tutto irragionevolmente non puo\u0027  applicarsi\nall\u0027oltraggio al magistrato in udienza, fattispecie posta a tutela di\nbene giuridico analogo ma chiaramente di minor gravita\u0027. \n    2.6 Un secondo tertium comparationis che si intende offrire  alla\nvalutazione della Corte e\u0027 costituito dal delitto di resistenza  alla\nforza armata di cui all\u0027art. 143 del codice penale militare di  pace,\nai sensi del cui  primo  comma  «Il  militare,  che  usa  violenza  o\nminaccia per  opporsi  alla  forza  armata  militare,  mentre  questa\nadempie i suoi doveri, e\u0027 punito con la reclusione  militare  da  sei\nmesi a cinque anni.» \n    2.6.1 La struttura del reato in questione e\u0027 del tutto analoga  a\nquella del reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art.  337  del\ncodice penale («Chiunque usa violenza o minaccia  per  opporsi  a  un\npubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre\ncompie un atto di ufficio o di servizio»). \n    Il   discrimine   e\u0027   costituito   dalla   qualita\u0027   soggettiva\ndell\u0027agente: «chiunque» nel delitto ex art. 337  del  codice  penale,\n«il militare» nel reato ex art. 143 del  codice  penale  militare  di\npace. Inoltre, soggetto passivo della condotta di cui a  quest\u0027ultimo\nreato  e\u0027  necessariamente  un  appartenente   alla   «forza   armata\nmilitare»; a tale riguardo, occorre pero\u0027 rilevare che  nel  concetto\ndi «forza armata militare», rientrano anche i militari  impegnati  su\nrichiesta dell\u0027autorita\u0027 di pubblica sicurezza in servizi  di  ordine\npubblico  o  i  normali  carabinieri  impegnati  nei  servizi  propri\ndell\u0027Arma; potrebbe dunque trattarsi di  soggetti  che  rivestono  la\nqualifica non solo di pubblico ufficiale, ma altresi\u0027 di ufficiale  o\nagente di pubblica sicurezza o  di  ufficiale  o  agente  di  polizia\ngiudiziaria. \n    Analogo e\u0027 anche il bene giuridico tutelato, ovvero l\u0027interesse a\ngarantire il regolare svolgimento dei  compiti  affidati  alla  forza\narmata a fronte di ingerenze violente o minacciose poste in essere da\nsoggetti appartenenti anch\u0027essi alle forze armate. \n    2.6.2 Per il  reato  di  resistenza  alla  forza  armata  di  cui\nall\u0027art. 143 del codice penale militare di pace  risulta  applicabile\nla causa di non punibilita\u0027 ex art. 131-bis del codice penale. \n    La Corte di cassazione ha affermato espressamente che «l\u0027istituto\ndella non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027,  introdotto  all\u0027art.\n131-bis del codice penale dall\u0027art.  1  del  decreto  legislativo  16\nmarzo 2015, n. 28, e\u0027 applicabile ai reati militari» (Cass.  Sez.  1,\nSentenza n. 30694 del 05/06/2017 Rv. 270845 - 01, richiamata anche da\nCass. Sez. 1, Sentenza  n.  17503  del  2023).  Nello  stesso  senso,\nimplicitamente, si sono espresse anche altre sentenze della Corte  di\ncassazione, che  presuppongono  necessariamente  l\u0027applicabilita\u0027  di\ndetto istituto ai reati militari (si vedano ad es. Cass. Sez.  1,  n.\n459 del 02/12/2020 Rv. 280226 - 01 e Cass. Sez. 1, n. 38664 del 2023. \n    Ne\u0027 pare potersi sostenere che la  preclusione  prevista  per  il\nreato di cui all\u0027art. 337 del  codice  penale  si  estenda  anche  al\ndelitto di cui all\u0027art.  143  del  codice  penale  militare  di  pace\n(allorche\u0027 soggetto passivo sia un ufficiale  o  agente  di  pubblica\nsicurezza o un ufficiale o agente di polizia giudiziaria), in ragione\ndelle analogie sussistenti tra i due reati: a fronte di un\u0027esclusione\nespressa per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341-bis, si\ntratterebbe infatti di  un\u0027indebita  applicazione  analogica  di  una\nnorma eccezionale e in malam partem. \n    2.6.3 La causa di non punibilita\u0027 della particolare tenuita\u0027  del\nfatto puo\u0027 dunque applicarsi al reato ex art. 143 del  codice  penale\nmilitare di pace (pur quando lo stesso sia commesso nei confronti  di\nun ufficiale o agente di pubblica  sicurezza  o  di  un  ufficiale  o\nagente di polizia giudiziaria nell\u0027esercizio delle proprie funzioni),\nmentre non puo\u0027 operare in relazione ai reati di  cui  agli  articoli\n336 e 337 del codice penale (allorche\u0027 gli stessi siano commessi  nei\nconfronti di un ufficiale o agente di  pubblica  sicurezza  o  di  un\nufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  nell\u0027esercizio  delle\nproprie funzioni). \n    Considerate le analogie tra reato comune e reato  militare,  tale\ndiverso trattamento pare irragionevole, tanto piu\u0027 ove  si  consideri\nche il reato militare e\u0027 semmai  connotato  da  maggior  gravita\u0027  in\nquanto commesso da un militare (e quindi da soggetto  da  cui  ci  si\nattende maggior disciplina, che ha normalmente  la  disponibilita\u0027  -\nanche se non immediata - di un\u0027arma, che appartiene ad  un  corpo  di\ncui puo\u0027 compromettere il prestigio, ecc.). \n    2.6.4 La Corte costituzionale in numerose pronunce ha  dichiarato\ncostituzionalmente illegittime norme dalle quali  discendeva  per  il\nmilitare un trattamento sanzionatorio  deteriore  rispetto  a  quello\nriservato al comune cittadino (la sentenza 244 del 2022 ha ripercorso\ntale copiosa giurisprudenza); in altre occasioni la Corte  ha  invece\nritenuto non irragionevole la differenza di trattamento sanzionatorio\ntra reati comuni e militari giustificata da particolari esigenze. \n    Se  «in  linea  di  principio,  una  differenza  di   trattamento\nsanzionatorio tra reati militari e corrispondenti reati comuni  viola\nl\u0027art. 3 della Costituzione allorche\u0027 essa  non  appaia  sorretta  da\nalcuna ragionevole giustificazione, stante la  sostanziale  identita\u0027\ndella condotta punita, dell\u0027elemento soggettivo e del bene  giuridico\ntutelato» (sentenza 244 del 2022), si deve allora ritenere  che  tale\nprincipio comporti - in difetto di una valida giustificazione - anche\nl\u0027illegittimita\u0027 di previsioni dalle quali  discenda  per  il  comune\ncittadino un trattamento sanzionatorio deteriore  rispetto  a  quello\nriservato al militare, non potendo lo status di militare essere fonte\ndi privilegi al riguardo. \n    Del resto, nella sentenza n. 215 del 2017 la Corte costituzionale\nha escluso l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale del differente trattamento\nsanzionatorio  delle   condotte   di   ingiuria   poste   in   essere\nrispettivamente dal militare (penalmente rilevanti ai sensi dell\u0027art.\n226 del codice penale militare di pace) e dal cittadino  comune  (che\normai, a seguito dell\u0027abrogazione dell\u0027art. 594  del  codice  penale,\nincorre nella sola sanzione  pecuniaria  civile),  ponendo  l\u0027accento\nsulla «peculiare posizione del cittadino che entra  (attualmente  per\npropria  scelta)   nell\u0027ordinamento   militare,   caratterizzato   da\nspecifiche regole ed esigenze» e ritenendo non irragionevole  imporre\nal militare «una piu\u0027 rigorosa osservanza di regole di comportamento,\nanche relative al comune senso civico». \n    Come si e\u0027 gia\u0027 evidenziato, il diverso  e  peggiore  trattamento\nriservato  al  comune  cittadino  (e  quindi  ad  un   soggetto   che\nnormalmente non e\u0027 armato, che non appartiene ad un corpo di cui puo\u0027\ncompromettere il prestigio e da  cui  e\u0027  ragionevole  attendersi  un\nminor grado di disciplina rispetto al militare) con riguardo alla non\napplicabilita\u0027 dell\u0027art. 131-bis del codice penale  in  relazione  ai\nreati ex art. 336 e 337 del codice penale (commessi nei confronti  di\nun ufficiale o agente di pubblica  sicurezza  o  di  un  ufficiale  o\nagente  di  polizia  giudiziaria)  non   pare   supportato   da   una\ngiustificazione ragionevole. \n    2.7 Un ulteriore tertium comparationis e\u0027 costituito dagli stessi\ndelitti ex art. 336 e 337 del codice penale nell\u0027ipotesi  in  cui  il\nreato sia commesso nei confronti di un dirigente scolastico o  di  un\nmembro del personale docente, educativo,  amministrativo,  tecnico  o\nausiliario della scuola, nonche\u0027 nell\u0027ipotesi in  cui  il  reato  sia\ncommesso   in   danno   di   esercenti   professioni   sanitarie    e\nsocio-sanitarie nonche\u0027 di chiunque svolga  attivita\u0027  ausiliarie  di\ncura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di\ndette professioni. \n    2.7.1 La prima  ipotesi,  a  seguito  delle  modifiche  apportate\ndall\u0027art. 5 della legge n.  25/2024,  costituisce  l\u0027oggetto  di  una\nnuova circostanza aggravante  speciale  disciplinata  dall\u0027art.  336,\ncomma 2 del codice penale (con riguardo al solo reato ex art. 336 del\ncodice  penale),  sempreche\u0027  il  fatto  sia  commesso  dal  genitore\nesercente la responsabilita\u0027 genitoriale o dal tutore dell\u0027alunno. \n    Si tratta di una circostanza a  effetto  speciale  («La  pena  e\u0027\naumentata fino alla meta\u0027»), come tale  espressiva  di  un  disvalore\npenale notevolmente superiore, tale da  giustificare  il  particolare\nincremento della risposta punitiva  e  tutta  una  serie  di  effetti\nconsequenziali (rilevando le circostanze ad  effetto  speciale  sulla\nindividuazione della pena ai fini  di  plurimi  istituti  di  diritto\nsostanziale   e   processuale:    competenza,    misure    cautelari,\nprescrizione, ecc.). \n    2.7.2 Qualora il soggetto attivo della condotta non rientri nella\nprevisione della nuova norma di cui all\u0027art. 336, comma 2 del  codice\npenale  (non  sia  cioe\u0027  genitore   esercente   la   responsabilita\u0027\ngenitoriale ne\u0027 tutore dell\u0027alunno) oppure venga in esame il  delitto\ndi  resistenza  a   pubblico   ufficiale,   puo\u0027   comunque   trovare\napplicazione l\u0027ulteriore nuova circostanza aggravante di cui all\u0027art.\n61 n. 11-novies del codice penale, prevista con riguardo ai  «delitti\ncommessi con violenza o minaccia, in danno di un dirigente scolastico\no di un  membro  del  personale  docente,  educativo,  amministrativo\ntecnico o ausiliario della scuola, a  causa  o  nell\u0027esercizio  delle\nloro funzioni». \n    Tra i delitti commessi con violenza o  minaccia  rientra  infatti\nanche il delitto ex art. 336 del codice penale (come  il  delitto  ex\nart. 337 del codice  penale).  Ne\u0027  la  citata  qualifica  soggettiva\nspecifica del soggetto passivo del reato e\u0027 elemento costitutivo  del\ndelitto ex art. 336 del codice penale o del delitto ex art.  337  del\ncodice penale, per cui non si applica la clausola di riserva  di  cui\nall\u0027art.  61  del  codice  penale  («quando  non  ne  sono   elementi\ncostitutivi o circostanze aggravanti speciali»). \n    2.7.3 Ebbene, rispetto al reato di violenza o minaccia a pubblico\nufficiale aggravato ai sensi del novellato  art.  336,  comma  2  del\ncodice penale e rispetto ai delitti di cui agli articoli  336  e  337\ndel codice penale aggravati ai sensi dell\u0027art. 61  n.  11-novies  del\ncodice penale e\u0027 applicabile la causa  di  non  punibilita\u0027  ex  art.\n131-bis del codice penale, per quanto gli stessi siano espressione di\nun disvalore ritenuto dallo stesso legislatore superiore  rispetto  a\nquello  della  fattispecie  base,  tanto  da  rendere  necessaria  la\nprevisione di apposite circostanze aggravanti (e addirittura  di  una\ncircostanza speciale e ad effetto  speciale,  quale  quella  prevista\ndall\u0027art. 336, comma 2 del codice penale): la pena detentiva prevista\nnon e\u0027 infatti  superiore  nel  minimo  edittale  a  due  anni;  tali\nfattispecie aggravate non rientrano del resto in alcuna delle ipotesi\nescluse dall\u0027ambito di applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027. \n    2.7.4 Quest\u0027ultima non puo\u0027 viceversa operare con  riguardo  alla\nipotesi in cui lo stesso reato  sia  commesso  nei  confronti  di  un\nufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale  o  agente\ndi polizia giudiziaria nell\u0027esercizio  delle  proprie  funzioni,  per\nquanto  si  tratti  di  ipotesi  molto  simile,  ma  meno  grave  (il\nlegislatore  non  l\u0027ha  ritenuta  meritevole   di   una   circostanza\naggravante, neppure ad effetto comune). \n    2.7.5 Parimenti, nell\u0027ipotesi in cui il reato  ex  art.  336  del\ncodice penale o 337 del  codice  penale  sia  commesso  in  danno  di\nesercenti  professioni  sanitarie  e  socio-sanitarie   (nonche\u0027   di\nchiunque svolga attivita\u0027 ausiliarie di cura, assistenza sanitaria  o\nsoccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni),  ricorre\nla circostanza aggravante di cui all\u0027art. 61 n. 11-octies del  codice\npenale (introdotta dalla legge n. 113/2020). \n    Detta aggravante e\u0027 infatti applicabile con riguardo  ai  delitti\ncommessi con violenza o  minaccia,  tra  i  quali  rientra  anche  il\ndelitto ex art. 336 del codice penale, come il delitto  ex  art.  337\ndel codice penale. Ne\u0027 la citata qualifica soggettiva  specifica  del\nsoggetto passivo del reato e\u0027 elemento  costitutivo  dei  delitti  ex\nart. 336 e 337 del codice penale, per cui non si applica la  clausola\ndi riserva di cui all\u0027art. 61 del codice penale («quando non ne  sono\nelementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali»). \n    Viceversa, con riguardo ai delitti ex art. 336 e 337  del  codice\npenale commessi in  danno  di  un  ufficiale  o  agente  di  pubblica\nsicurezza o di un ufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  non\nricorre alcuna circostanza aggravante, ne\u0027 comune ne\u0027  speciale,  ne\u0027\nad effetto comune ne\u0027 ad effetto speciale. In particolare,  non  puo\u0027\ntrovare applicazione la circostanza di cui  all\u0027art.  61  n.  10  del\ncodice penale posto che il fatto che il reato sia commesso contro  un\npubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico  servizio,\nnell\u0027atto o a causa dell\u0027adempimento delle funzioni o  del  servizio,\ne\u0027 gia\u0027 elemento costitutivo dei citati reati. \n    2.7.6 Rispetto  al  reato  di  violenza  o  minaccia  a  pubblico\nufficiale (o di resistenza a pubblico ufficiale) aggravato  ai  sensi\ndel art. 61 n. 11-octies del codice penale e\u0027 applicabile la causa di\nnon punibilita\u0027 ex art. 131-bis del codice penale: la pena  detentiva\nprevista non e\u0027 superiore  nel  minimo  edittale  a  due  anni;  tale\nfattispecie aggravata non rientra in  alcuna  delle  ipotesi  escluse\ndall\u0027ambito di applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027. \n    La causa di non punibilita\u0027 in esame non puo\u0027  viceversa  operare\ncon riguardo alla ipotesi in cui lo stesso  reato  sia  commesso  nei\nconfronti di un ufficiale o agente di  pubblica  sicurezza  o  di  un\nufficiale  o  agente  di  polizia  giudiziaria  nell\u0027esercizio  delle\nproprie funzioni, per quanto si tratti di ipotesi  molto  simile,  ma\nmeno grave (il  legislatore  non  l\u0027ha  ritenuta  meritevole  di  una\ncircostanza aggravante, neppure ad effetto comune). \n    2.7.7 Il quadro complessivo che risulta dall\u0027insieme delle citate\ndisposizioni  normative,  frutto  di   interventi   legislativi   non\ncoordinati, risulta del tutto irragionevole. \n3. Non  manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata  in  via\nsubordinata \n    3.1 In subordine, laddove si  dovesse  ritenere  non  fondata  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata in via principale,\nsi ritiene di sottoporre la questione circa la legittimita\u0027 dell\u0027art.\n339, comma 1 del codice penale nella parte in cui prevede che le pene\nstabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o\nla minaccia e\u0027 commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico\no aperto al pubblico, anche ove si tratti di manifestazioni di natura\npolitica. \n    3.2 La circostanza aggravante qui censurata e\u0027  stata  introdotta\nnell\u0027ordinamento con le modifiche apportate all\u0027art. 339  del  codice\npenale  dall\u0027art.  7  del  decreto-legge  n.  53/2019  («Disposizioni\nurgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica»). \n    Il citato decreto-legge muoveva dalla  dichiarata  «straordinaria\nnecessita\u0027 ed urgenza di rafforzare le norme a garanzia del  regolare\ne pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico  e  aperto\nal pubblico». \n    Con lo stesso art. 7 del decreto-legge n. 53/20l9 tra l\u0027altro era\nprevista  un\u0027analoga  circostanza  aggravante   per   il   reato   di\ninterruzione di pubblico servizio ex art. 340 del codice penale e per\nil reato di devastazione e saccheggio ex art. 419 del codice  penale;\nera inoltre rimodulato l\u0027art. 635 del codice penale si\u0027 da  prevedere\nuna fattispecie piu\u0027 severamente  punita  per  l\u0027ipotesi  in  cui  il\ndanneggiamento fosse posto in essere «in occasione di  manifestazioni\nche si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico». \n    Ulteriori inasprimenti sanzionatori in relazione a reati posti in\nessere nel corso di manifestazioni in  luogo  pubblico  o  aperto  al\npubblico erano disposti dall\u0027art. 6 del decreto-legge n. 53/2019.  In\nparticolare, con la modifica dell\u0027art. 5 della legge n. 152/1975, era\nprevista una nuova  aggravante  (con  la  comminatoria  di  una  pena\ndetentiva anziche\u0027 della sola pena pecuniaria) per chi faccia uso  di\ncaschi  protettivi,  o  di  qualunque  altro  mezzo  atto  a  rendere\ndifficoltoso  il  riconoscimento  della  persona,  in  occasione   di\nmanifestazioni  che  si  svolgano  in  luogo  pubblico  o  aperto  al\npubblico; era inoltre previsto un nuovo reato  in  relazione  all\u0027uso\nillegittimo - nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o  aperto\nal pubblico - di razzi, petardi e simili (art. 5-bis della  legge  n.\n152/1975). \n    3.3 In  altre  disposizioni  dell\u0027ordinamento,  incriminatrici  o\ncircostanziali,  il  termine  «manifestazioni»  e\u0027  accompagnato   da\nun\u0027aggettivazione - spesso «sportive» - che ne delimita  la  portata:\ne\u0027 il caso ad esempio dell\u0027art. 61 n. 11-septies del  codice  penale,\ndell\u0027art. 583-quater del codice penale, dell\u0027art. 635, comma 2, n.  4\ndel codice penale. \n    Nel caso in esame, viceversa, il termine «manifestazioni» non  e\u0027\nulteriormente  specificato,  per  cui  e\u0027  idoneo   a   ricomprendere\nmanifestazioni di vario genere: musicali, artistiche e, per quel  che\npiu\u0027 rileva, politiche. \n    3.5 Con la sentenza n. 119 del 1970 la  Corte  costituzionale  ha\ndichiarato illegittima - per violazione dell\u0027art. 3  e  dell\u0027art.  40\ndella Costituzione - la norma dell\u0027art. 635, comma 2, n. 2 del codice\npenale, nella parte in cui prevedeva come circostanza  aggravante,  e\ncome causa di procedibilita\u0027 d\u0027ufficio, del reato  di  danneggiamento\nil fatto che tale reato fosse commesso da lavoratori in occasione  di\nuno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata. \n    Nella  motivazione  della  sentenza   la   Corte   censurava   in\nparticolare il fatto che la citata  norma  fosse  in  sostanza  stata\ndettata dal legislatore del 1930 per «colpire, sia pure in  occasione\ndel danneggiamento, proprio lo sciopero in quanto tale»;  inoltre  la\ncitata norma era ritenuta discriminatoria a discapito dei lavoratori,\nposto che  in  base  alla  stessa  i  lavoratori  erano  puniti  piu\u0027\nseveramente  rispetto  ad  un  eventuale  terzo  che   nella   stessa\nsituazione si rendesse autore di un danneggiamento. \n    3.6 Ad avviso di chi scrive, con la norma qui censurata -  e  con\nle altre analoghe introdotte dal decreto-legge n.  53/2019  -  si  e\u0027\ndeterminata una situazione simile. \n    In sostanza, un reato - la  violenza  a  pubblico  ufficiale,  la\nresistenza a pubblico ufficiale, l\u0027interruzione di pubblico servizio,\nil danneggiamento - e\u0027 punito piu\u0027 severamente per il fatto di essere\nstato posto in essere  nel  corso  di  una  manifestazione  in  luogo\npubblico o aperto al pubblico. Tale aumento  di  pena,  correlato  al\ncompimento del reato nel corso della manifestazione,  si  traduce  in\nuna punizione della  stessa  manifestazione  -  in  violazione  degli\narticoli 17 e 21 della Costituzione, ai sensi dei quali  la  liberta\u0027\ndi  riunione  e  la   liberta\u0027   di   manifestazione   del   pensiero\ncostituiscono  diritti  fondamentali  -  nella  misura  in   cui   la\nrealizzazione del reato nel corso della manifestazione  non  comporta\ndi per se\u0027 una maggior offesa al bene giuridico tutelato. \n    L\u0027interruzione del pubblico servizio e il  danneggiamento  -  per\ntali reati la violazione appare piu\u0027 evidente - non  determinano  una\nmaggior  offesa  al  bene  tutelato  per  il  solo  fatto  di  essere\nrealizzati in occasione di una manifestazione  in  luogo  pubblico  o\naperto al pubblico (addirittura per il danneggiamento la  circostanza\nche la condotta sia  tenuta  in  occasione  di  dette  manifestazioni\npotrebbe  rendere  rilevante  penalmente   fatti   che   diversamente\npotrebbero non esserlo, ove non avvenissero con le modalita\u0027  di  cui\nall\u0027art. 635, comma 1 del codice penale e non avessero ad  oggetto  i\nbeni di cui all\u0027art. 635, comma 2 del codice penale).  Ma  lo  stesso\nvale altresi\u0027 per i reati ex art. 336 e 337  del  codice  penale:  il\nnormale funzionamento della pubblica amministrazione  non  pare  leso\nmaggiormente per il fatto  che  le  condotte  incriminate  ai  citati\narticoli siano tenute nel corso di manifestazioni pubbliche. \n    ln sostanza, il legislatore  e\u0027  intervenuto  sulla  base  di  un\npreconcetto, per  il  quale  la  riunione  e  la  manifestazione  del\npensiero in pubblico - anziche\u0027 essere diritti fondamentali e momenti\nin cui si realizza la personalita\u0027 dell\u0027individuo e si partecipa alla\nvita collettiva del Paese - sono guardati con sospetto,  quali  fonti\ndi rischio per alcuni beni giuridici. \n    3.7 Anche il profilo discriminatorio, gia\u0027 censurato dalla  Corte\nnella sentenza n. 119 del 1970, pare riproporsi - sia pur in  diversa\nforma - nella disposizione  qui  censurata  e  nelle  altre  analoghe\nintrodotte col decreto-legge n. 53/2019. \n    Formalmente i reati di cui agli articoli 336  e  337  del  codice\npenale - cosi\u0027 come i reati di danneggiamento e  di  interruzione  di\npubblico servizio - possono essere commessi da  «chiunque»  (laddove,\nnella norma dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con  la\nsentenza n. 119 del 1970,  soggetto  attivo  poteva  essere  solo  il\nlavoratore). Tuttavia, la discriminazione pare essere  stata  attuata\nnell\u0027individuazione dei  reati  in  relazione  ai  quali  sono  state\nformulate le nuove disposizioni che hanno  inasprito  il  trattamento\nsanzionatorio. \n    Le  circostanze  aggravanti  non  sono  state  previste  in   via\ngenerale, con riguardo a tutti i reati, ma nella forma di circostanze\nspeciali relative a specifici reati,  per  i  quali  il  legislatore,\navuto riguardo all\u0027esperienza storica, e\u0027  intervenuto  prendendo  in\nconsiderazione - quale soggetto attivo dei reati sopra indicati -  il\npartecipante alla manifestazione. \n    Emblematico in tal senso pare  anche  il  fatto  che  circostanze\nanaloghe non siano state previste con riguardo ad altri reati, di cui\n- avuto sempre riguardo all\u0027esperienza storica - i manifestanti  sono\nstati talora vittime in occasione delle  manifestazioni  pubbliche  e\nnon autori: si pensi ai reati contro la persona o a taluni reati  dei\npubblici ufficiali. \n    La norma censurata pare  violare  quindi  anche  l\u0027art.  3  della\nCostituzione. \n4. Possibilita\u0027 di un\u0027interpretazione conforme \n    Tanto con riguardo alla richiesta in via principale,  quanto  con\nriguardo  alla  questione  subordinata,  non  risultano  percorribili\ninterpretazioni conformi delle norme ora censurate, chiaro e  univoco\nessendo il dato letterale. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. della legge  n.\n87/1953,  ritenuta  la  questione  rilevante  e  non   manifestamente\ninfondata, \n    Solleva d\u0027ufficio questione di legittimita\u0027 costituzionale  - per\nviolazione dell\u0027articolo 3 della Costituzione  -  dell\u0027art.  131-bis,\ncomma 3 del codice penale nella parte in cui prevede che l\u0027offesa non\npuo\u0027 essere ritenuta di particolare tenuita\u0027 quando si procede per  i\ndelitti previsti dagli articoli 336 e 337 del codice  penale,  se  il\nfatto e\u0027 commesso nei confronti di un ufficiale o agente di  pubblica\nsicurezza  o  di  un  ufficiale  o  agente  di  polizia   giudiziaria\nnell\u0027esercizio delle proprie funzioni; \n    nonche\u0027, in subordine, \n    Solleva d\u0027ufficio questione di legittimita\u0027 costituzionale  - per\nviolazione degli articoli 3, 17 e 21 della Costituzione  -  dell\u0027art.\n339 del codice  penale  nella  parte  in  cui  prevede  che  le  pene\nstabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o\nla minaccia e\u0027 commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico\no aperto al pubblico, anche ove si tratti di manifestazioni di natura\npolitica. \n    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di\nprescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n    Dispone l\u0027immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della\npresente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della\ndocumentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte\ncomunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. \n    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente\nordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche\u0027  per  la\ncomunicazione ai presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato\ndella Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo\nprocessuale alla Corte costituzionale. \n    Da\u0027 atto, anche ai fini di cui all\u0027art. 23, comma 4  della  legge\nn. 87/1953, che la presente ordinanza e\u0027 stata  letta  in  udienza  e\nche, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro  che  sono  o\ndevono considerarsi presenti, ex art. 148,  comma  5  del  codice  di\nprocedura penale. \n        Firenze, 24 maggio 2024 \n \n                         Il Giudice: Attina\u0027","elencoNorme":[{"id":"62007","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"131","specificaz_art":"bis","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""},{"id":"62008","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"339","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"78191","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"78192","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"17","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"78193","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"21","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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