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D.L.. \n \nReati e pene - Cause di non punibilita\u0027 - Particolare tenuita\u0027 del\n fatto - Omessa previsione che l\u0027offesa non possa essere ritenuta di\n particolare tenuita\u0027 quando si procede per il delitto, consumato o\n tentato, previsto dall\u0027art. 629, primo comma, cod. pen. \n- Codice penale, art. 131-bis, terzo comma, numero 3. \n\n\r\n(GU n. 38 del 17-09-2025)\n\r\n \n TRIBUNALE DI CASSINO \n \n \n Sezione penale \n \n Il giudice monocratico Marco Gioia, nel procedimento penale\nindicato in intestazione a carico di D. L. D., difeso di fiducia\ndagli avv. Gianluca Bellano e avv. Maddalena Lombardi, imputato, «in\nordine al reato di cui agli articoli 81 del codice penale 56 e 629\ndel codice penale perche\u0027 con piu\u0027 azioni esecutive di un medesimo\ndisegno criminoso con minacce consistite nel trasmettere a ... due\nlettere raccomandante con le quali richiedeva il pagamento delle\nspese relative alla consulenza tecnica e giuridica effettuata dal\nprevenuto sul fucile da caccia tipo doppietta, marca Beretta, calibro\n12, nonche\u0027 sul relativo munizionamento detenuti dalla p.o., con\nparticolare riferimento alla stima del valore di mercato dell\u0027arma e\nalle modalita\u0027 di detenzione delle armi e delle munizioni stabilite\ndalla normativa vigente, e altresi\u0027 nel prospettare alla p. o. che le\nmodalita\u0027 con le quali la stessa deteneva i predetti compendi non\nerano regolari e che in caso di mancata corresponsione dell\u0027importo\nrichiesto, peraltro non quantificato dal prevenuto, avrebbe\nesercitato nei confronti della p. o. un\u0027azione legale, nonostante il\n... detenesse regolarmente il fucile da caccia, non fosse in possesso\ndi cartucce e non avesse mai richiesto alcuna consulenza al\nprevenuto, poneva in essere atti idonei diretti in maniera non\nequivoca a costringere ... a corrispondergli le spese di consulenza,\nin modo da procurarsi un ingiusto profitto con pari danno per la p.\no., non riuscendo nell\u0027intento per cause indipendenti dalla propria\nvolonta\u0027. \n In ... il ... e il ... »; \n Parte civile: ... , difeso di fiducia dall\u0027avv. Eleonora Raviele; \n sentite le parti all\u0027udienza dibattimentale del 7 luglio 2025,\nnella pubblica udienza del 14 luglio 2025, alla presenza del pubblico\nministero e delle parti, adotta la seguente ordinanza con cui solleva\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale, per violazione degli\narticoli 3 e 27, comma 1 e 3 della Costituzione, dell\u0027art. 131-bis,\ncomma 3, n. 3, del codice penale, nella parte in cui prevede che\nl\u0027offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuita\u0027 per il\ndelitto, consumato o tentato, di cui all\u0027art. 629, comma 1 del codice\npenale e non limita, al pari di quanto avviene per il delitto di cui\nall\u0027art. 628, comma 3, codice penale, l\u0027esclusione all\u0027ipotesi\naggravata di cui all\u0027art. 629, comma 2, codice penale. \n1. Sulla ammissibilita\u0027 della questione. \n La presente questione di legittimita\u0027 costituzionale e\u0027 sollevata\ndel Tribunale di Cassino, in composizione monocratica, giudice Marco\nGioia, nel corso del giudizio penale di primo grado pendente in fase\ndibattimentale nei confronti dell\u0027imputato D. D. L. Ricorrono quindi\ni requisiti di ammissibilita\u0027 della questione indicati dall\u0027art. 23,\nlegge n. 87 del 1953, poiche\u0027 la questione e\u0027 sollevata d\u0027ufficio,\ndall\u0027autorita\u0027 giudiziaria nel corso di un giudizio. \n2. Sulla rilevanza della questione. \n Il processo in cui viene sollevata la questione ha ad oggetto\nun\u0027imputazione per estorsione tentata, in cui all\u0027imputato D. L. e\u0027\ncontestato di aver formulato, attraverso due lettere inviate alla\npersona offesa, la minaccia di un male ingiusto consistente\nnell\u0027esercizio di un\u0027azione legale per ottenere compensi per\nun\u0027attivita\u0027 di consulenza mai prestata e una denuncia per fatti non\nveritieri (consistenti nella detenzione non denunciata di munizioni),\nqualora la persona offesa non avesse aderito alla pretesa creditoria\ndell\u0027imputato. \n L\u0027istruttoria ha visto i testi del pubblico ministero (persona\noffesa e suoi familiari) confermare la tesi accusatoria, sostenendo\nche la minaccia di azioni legali e denunce fosse pretestuosa e\ncostituisse una ritorsione per le controversie civili intercorse tra\nle parti, e l\u0027imputato difendersi sostenendo la spettanza di quanto\nrichiesto nelle lettere indicate nell\u0027imputazione. \n Nella discussione la difesa dell\u0027imputato ha richiesto, in\nsubordine rispetto alla richiesta di assoluzione, l\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto di\ncui all\u0027art. 131-bis del codice penale. \n 2.1 Si ritiene quindi che la decisione nel presente giudizio\nprincipale coinvolga necessariamente l\u0027applicazione della norma di\ncui all\u0027art. 131-bis del codice penale che si assume viziata da\nillegittimita\u0027 costituzionale. \n La causa di non punibilita\u0027 in questione, infatti, se non fosse\nper l\u0027espressa esclusione di cui all\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3 del\ncodice penale sarebbe applicabile ai fatti in contestazione. \n Il delitto di estorsione tentata prevede infatti un minimo\nedittale inferiore ai due anni di pena detentiva previsti per\nl\u0027applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 all\u0027art. 131-bis del\ncodice penale \n Il fatto in contestazione ha prodotto un\u0027offesa che puo\u0027 essere\nvalutata come particolarmente tenue rispetto ai beni giuridici\ntutelati e con modalita\u0027 di aggressione portatrice di un altrettanto\ntenue disvalore di azione, posto che la minaccia di esercitare\nun\u0027azione legale non offende beni primari della persona e che la\npretesa era comunque indeterminata sotto il profilo patrimoniale. \n Il comportamento dell\u0027autore non puo\u0027 essere considerato\nabituale, posto che l\u0027imputato e\u0027 incensurato, e la contestazione del\nfatto come reato continuato (si tratterebbe di due missive di\ncontenuto asseritamente estorsivo mandate a breve distanza di tempo\nl\u0027una dall\u0027altra) non impedirebbe l\u0027applicazione della causa di non\npunibilita\u0027 (si veda in questo senso, da ultimo, Cass pen.,Sez. U, n.\n18891 del 27 gennaio 2022, ... Rv. 283064 - 01, ove si afferma che\n«La pluralita\u0027 di reati unificati nel vincolo della continuazione non\ne\u0027 di per se\u0027 ostativa alla configurabilita\u0027 della causa di\nesclusione della punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto la\nquale puo\u0027 essere riconosciuta dal giudice all\u0027esito di una\nvalutazione complessiva della fattispecie concreta, che - salve le\ncondizioni ostative tassativamente previste dall\u0027art. 131-bis del\ncodice penale per escludere la particolare tenuita\u0027 dell\u0027offesa o per\nqualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie\ndi indicatori rappresenti, in particolare, dalla natura e dalla\ngravita\u0027 degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni\ngiuridici protetti dall\u0027entita\u0027 delle disposizioni di legge violate,\ndalle finalita\u0027 e dalle modalita\u0027 esecutive delle condotte, dalle\nloro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal\nperiodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si\ncollocano, dall\u0027intensita\u0027 del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai\ncomportamenti successivi ai fatti)». \n Ricorrerebbero dunque tutti i presupposti per la applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 in questione, la cui applicazione e\u0027\ntuttavia impedita dalla previsione di cui all\u0027art. 131-bis, comma 3,\nn. 3 del codice penale. \n Dunque, nell\u0027ambito della decisione da adottare nel giudizio\ncertamente occorre dare applicazione della norma oggetto della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale, la cui applicazione e\u0027\nstata peraltro espressamente richiesta dalla difesa nelle sue\nconclusioni. \n Si tratta di una necessita\u0027 di applicazione attuale e non\nmeramente ipotetica e l\u0027eventuale accoglimento della questione\nsollevata, incidendo sull\u0027applicabilita\u0027 della causa di non\npunibilita\u0027 di cui all\u0027art. 131-bis del codice penale ai fatti in\ncontestazione, avrebbe un effetto immediato sull\u0027esito del giudizio\nprincipale. \n Si ritiene quindi che la questione sia rilevante e che il\ngiudizio non possa essere definito indipendentemente dalla\nrisoluzione della questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata. \n3. Sulla non manifesta infondatezza della questione. \n Il dubbio di costituzionalita\u0027 ha ad oggetto la previsione di cui\nall\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3 del codice penale nella parte in cui\nesclude l\u0027applicazione della causa di non punibilita\u0027 per particolare\ntenuita\u0027 del fatto al delitto, consumato o tentato, di estorsione di\ncui all\u0027art. 629 del codice penale, e non limiti l\u0027esclusione alle\nipotesi di estorsione aggravata di cui all\u0027art. 629, comma 2 del\ncodice penale. Cio\u0027 a differenza di quanto avviene per il contiguo\ndelitto di rapina, per il quale e\u0027 esclusa l\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art.\n131-bis del codice penale per le sole ipotesi aggravate di cui\nall\u0027art. 628, comma 3 del codice penale. \n Tale diversita\u0027 di trattamento, per le ragioni che si esporranno\ndi qui a breve, appare irragionevole, stante le analogie di struttura\ne disciplina tra le due fattispecie, e ingiustificata sotto il\nprofilo politico-criminale, precludendo l\u0027individualizzazione della\nrisposta ordinamentale rispetto a fatti particolarmente tenui e\nrisolvendosi in questo modo in possibili applicazioni di pene\ningiuste e irragionevoli, in quanto tali inidonee a tendere alla\nrieducazione delle persone cui sono applicate. \n 3.1 La causa di non punibilita\u0027 di cui all\u0027art. 131-bis del\ncodice penale per particolare tenuita\u0027 del fatto, introdotta con il\ndecreto legislativo n. 28 del 2015, e\u0027 stata riformata con decreto\nlegislativo n. 150 del 2022 che, da una parte, ne ha esteso la\nportata applicativa ampliando i limiti edittali stabiliti al primo\ncomma e, dall\u0027altra, ha compensato tale estensione inserendo, al\nterzo comma, numerose nuove ipotesi di esclusione della sua\napplicazione. \n L\u0027individuazione delle ipotesi di esclusione dell\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027, secondo quanto puo\u0027 leggersi nella\nrelazione illustrativa del Governo al decreto legislativo n. 150 del\n2022, risponde ai due criteri indicati dalla legge delega: «Una prima\ndirettiva, specifica, mira a evitare che l\u0027ampliamento dell\u0027ambito di\napplicazione della causa di non punibilita\u0027 interessi i reati\nriconducibili alla Convenzione del Consiglio d\u0027Europa sulla\nprevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e\nla violenza domestica, fatta a Istanbul l\u002711 maggio 2011, ratificata\nai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77. Una seconda direttiva,\ngenerica, rimette poi al legislatore delegato la valutazione circa\nl\u0027opportunita\u0027 di «ampliare conseguentemente, se ritenuto opportuno\nsulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di\ncoerenza sistematica, il novero delle ipotesi in cui, ai sensi del\nsecondo comma dell\u0027art. 131-bis del codice penale, l\u0027offesa non puo\u0027\nessere ritenuta di particolare tenuita\u0027». \n Da quanto si legge nella relazione, il legislatore ha tentato di\nbilanciare il generale ampliamento dell\u0027ambito di applicabilita\u0027\ndell\u0027istituto «evitando che lo stesso attragga nella sfera della\ncausa di non punibilita\u0027 figure di reato di particolare gravita\u0027 o\nallarme sociale, rispetto alle quali valutazioni di opportunita\u0027,\nancorate a evidenze criminologiche o sistematiche, suggeriscono\nl\u0027opportunita\u0027 di ulteriori esclusioni in via di eccezione». \n Senza ulteriormente approfondire le «evidenze criminologiche o\nsistematiche», sempre nella relazione si elencano, tra gli altri: \n «[...] \n Delitto di rapina aggravata (art. 628, comma 3 del codice\npenale). Si tratta della stessa ipotesi per la quale opera il regime\ndi cui all\u0027art. 4-bis della legge sull\u0027ordinamento penitenziario\n(legge n. 354/1975); \n Delitto di estorsione (art. 629 del codice penale); \n [...]». \n 3.2 Dunque, mentre l\u0027applicazione della causa di non punibilita\u0027\ne\u0027 esclusa per il delitto di estorsione (che nella fattispecie\ntentata rientrerebbe sotto il profilo sanzionatorio nell\u0027ambito\napplicativo tracciato dall\u0027art. 131-bis, comma 1 del codice penale)\ntanto nella forma semplice di cui all\u0027art. 629, comma 1 del codice\npenale, quanto nella forma aggravata di cui all\u0027art. 629, comma 2 del\ncodice penale, per il delitto di rapina l\u0027esclusione e\u0027 prevista per\nle sole ipotesi aggravate di cui all\u0027art. 628, comma 3 del codice\npenale. \n Occorre premettere che, benche\u0027 nella manualistica tradizionale\nla rapina e\u0027 classificata tra i reati di aggressione unilaterale\ncontro il patrimonio mentre l\u0027estorsione tra i reati di cooperazione\nartificiosa con la vittima, le analogie strutturali e di disciplina\ntra le due fattispecie sono tali da rendere irragionevole tale\ndisparita\u0027 di trattamento sotto il profilo dell\u0027applicabilita\u0027 della\ncausa di non punibilita\u0027 in questione. \n Le due fattispecie, infatti, sono sovrapponibili sotto il profilo\ndei beni giuridici tutelati, dovendosi entrambe qualificare come\nreati plurioffensivi che offendono i beni del patrimonio e della\nliberta\u0027 di autodeterminazione della persona offesa. \n Sotto il profilo della condotta, entrambe le fattispecie\nprevedono, quali elementi alternativi, la violenza o la minaccia\nposta in essere dall\u0027autore quale strumento per coartare la volonta\u0027\ndella vittima e ottenere il vantaggio patrimoniale a suo danno. \n Sotto il profilo soggettivo entrambi i reati ricomprendono\nnell\u0027oggetto del dolo l\u0027ingiusto profitto per l\u0027autore. Cio\u0027 sebbene\nla rapina sia reato a dolo specifico, mentre l\u0027estorsione sia reato a\ndolo generico che pero\u0027 include, quale evento, l\u0027ingiusto profitto\ndell\u0027autore. Tale elemento, come tutti gli elementi della fattispecie\noggettiva, deve essere coperto dal coefficiente psicologico richiesto\nper la fattispecie. \n A riprova della contiguita\u0027 tra le due fattispecie tipiche, va\nevidenziato che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diversi\ncriteri di distinzione tra le stesse. Uno dei primi, ad esempio,\nponeva l\u0027accento sull\u0027identificazione del soggetto che consegnava la\ncosa mobile: ove questi fosse la vittima, si aveva estorsione, mentre\nnei casi in cui l\u0027agente si appropriava della cosa mobile senza una\nprevia traduzione da parte del soggetto passivo, si configuravano gli\nestremi della rapina (c.d. criterio della adprehensio e traditio). \n Altri autori sostengono che mentre nell\u0027estorsione e\u0027 minacciato\nun male futuro (con la conseguenza che alla vittima residuerebbe un\ncerto margine di autodeterminazione), nella rapina e\u0027 prospettato un\nmale di verificazione pressoche\u0027 immediata. \n In dottrina e in giurisprudenza si e\u0027 affermato il criterio della\ntipologia (o intensita\u0027) della coazione, secondo cui «La rapina si\ndifferenzia dall\u0027estorsione in virtu\u0027 del fatto che in essa il reo\nsottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o una minaccia\ndiretta e ineludibile, mentre nell\u0027estorsione la coartazione non\ndetermina il totale annullamento della capacita\u0027 del soggetto passivo\ndi determinarsi diversamente» (Sez. 2, n. 15564 dell\u00278 aprile 2021,\n... , Rv. 281102 - 01; nello stesso senso cfr. Sez. 2, sentenza n.\n4308 del 17 ottobre 1995 Cc. (dep. 21 gennaio 1996) Rv. 203773,\nsecondo cui «Per la sussistenza del delitto di estorsione non si\nrichiede che la volonta\u0027 del soggetto passivo, per effetto della\nminaccia, sia completamente esclusa, ma che, residuando la\npossibilita\u0027 di scelta fra l\u0027accettare le richieste dell\u0027agente o\nsubire il male minacciato, la possibilita\u0027 di autodeterminazione sia\ncondizionata in maniera piu\u0027 o meno grave dal timore di subire il\npregiudizio prospettato; se la minaccia, viceversa, si risolvesse in\nun costringimento psichico assoluto, cioe\u0027 in un annullamento di\nqualsiasi possibilita\u0027 di scelta, ed il risultato dell\u0027agente fosse\nil conseguimento di un bene mobile, si configurerebbe infatti un vero\ne proprio \"impossessamento\" e, conseguentemente, il diverso reato di\nrapina»). \n Secondo tale criterio prevalente nella giurisprudenza di\nlegittimita\u0027, quindi, nel delitto di rapina si ha un totale\nannichilimento della liberta\u0027 di autodeterminazione della persona\noffesa mentre nella estorsione tale volonta\u0027 e\u0027 solo compressa ma non\nannientata. \n Dall\u0027adozione di tale criterio consegue che vi e\u0027 una maggiore\nintensita\u0027 dell\u0027offesa al bene giuridico della liberta\u0027 di\nautodeterminazione della persona offesa nel reato di rapina, dove la\nvolonta\u0027 e\u0027 annientata, che nel reato di estorsione, dove e\u0027 solo\ncompromessa. \n Tale conclusione, come meglio si dira\u0027 anche in seguito, rende\npalese l\u0027irragionevolezza della scelta legislativa di escludere\nl\u0027applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 di cui all\u0027art.\n131-bis del codice penale per il delitto di estorsione semplice, in\ncui il bene della liberta\u0027 di autodeterminazione e\u0027 solo compresso, e\nammetterlo per il delitto di rapina semplice, in cui la liberta\u0027 e\u0027\ntotalmente annichilita. \n 3.3 Le analogie tra le due fattispecie non riguardano i soli\nprofili dell\u0027offesa e della struttura del fatto tipico ma si\nestendono ad ulteriori aspetti della disciplina. \n In primo luogo, sotto il profilo sanzionatorio, si rileva che la\npena della rapina semplice ha registrato nel corso del tempo un\nprogressivo inasprimento, che ha interessato principalmente il minimo\nedittale della reclusione: originariamente determinato in tre anni,\ntale minimo e\u0027 stato aumentato a quattro anni dall\u0027art. 1, comma 8,\nlettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice\npenale, al codice di procedura penale e all\u0027ordinamento\npenitenziario), e ulteriormente incrementato a cinque anni dall\u0027art.\n6, comma 1, lettera a), della legge 26 aprile 2019, n. 36 (Modifiche\nal codice penale e altre disposizioni in materia di legittima\ndifesa). \n L\u0027aggravamento del trattamento sanzionatorio ora illustrato per\nla rapina e\u0027 analogo a quello che ha interessato l\u0027estorsione di cui\nall\u0027art. 629, primo comma, codice penale, il cui minimo edittale di\ntre anni di reclusione, stabilito originariamente per la forma\nsemplice del reato, e\u0027 stato aumentato a cinque anni (art. 8, comma\n1, del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, recante «Istituzione\ndel Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive»,\nconvertito, con modificazioni, nella legge 18 febbraio 1992, n. 172). \n Dunque, la pena detentiva per le ipotesi di rapina ed estorsione\nsemplici e\u0027 la medesima: da cinque a dieci anni di reclusione. Vi e\u0027\nsolo una minima differenza sanzionatoria relativa alla pena\npecuniaria della multa, che nella rapina va da 927 a 2.500 euro\nmentre nell\u0027estorsione va da 1.000 a 4.000 euro. \n Analogamente, sotto il profilo del trattamento penitenziario,\nsolo per le ipotesi aggravate di rapina (art. 628, comma 3 del codice\npenale) ed estorsione (art. 629, comma 2 del codoce penale) e\u0027\nprevista la particolare disciplina in tema di benefici penitenziari\ndi cui all\u0027art. 4-bis, comma 1-ter, legge n. 354/1975, mentre tale\ndisciplina non si applica alle rispettive ipotesi non aggravate. \n 3.4 Anche le circostanze aggravanti e attenuanti dei due reati\nhanno identica disciplina. \n Quanto alle aggravanti, l\u0027art. 629, comma 2 del codice penale,\nnell\u0027individuare le circostanze aggravanti speciali del delitto di\nestorsione rinvia proprio alle aggravanti previste dall\u0027art. 628,\ncomma 3 del codice penale, per il delitto di rapina. \n Con riferimento alle attenuanti, allo stesso modo, la Corte\ncostituzionale, con le sentenze additive n. 120 del 15 giugno del\n2023 e n. 86 del 16 aprile 2024, ha dichiarato l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale rispettivamente degli articoli 629 e 628, comma 1 e 2,\ncodice penale, nella parte in cui non prevedono che la pena da essi\ncomminata «e\u0027 diminuita in misura non eccedente un terzo quando per\nla natura, la specie, i mezzi, le modalita\u0027 o circostanze\ndell\u0027azione, ovvero per la particolare tenuita\u0027 del danno o del\npericolo, il fatto risulti di lieve entita\u0027». \n 3.5 Appare significativo evidenziare che e\u0027 la stessa Corte\ncostituzionale, nella sentenza 86 del 16 aprile 2024 ad evidenziare\nl\u0027analogia tra le due fattispecie sotto il profilo dell\u0027attitudine a\nricomprendere nel loro ambito applicativo anche fatti dotati di uno\nscarsissimo disvalore sociale, affermando che «la ratio decidendi\ndella sentenza n. 120 del 2023 (in materia di estorsione n.d.r.) vale\nanche per la rapina, come prospettato dal rimettente. Infatti, la\ndescrizione tipica operata dall\u0027art. 628 del codice penale evidenzia\nuna latitudine oggettiva e una varieta\u0027 di condotte materiali non\nmeno ampia di quella del delitto di estorsione, poiche\u0027, anche nella\nrapina, la violenza o minaccia puo\u0027 essere di modesta portata e\nl\u0027utilita\u0027 perseguita, ovvero il danno cagionato, di valore infimo». \n Sulla base di considerazioni che sottolineano la comune\nlatitudine applicativa e la analoga disciplina sanzionatoria, la\nCorte costituzionale nella sentenza citata utilizza la disciplina\ndell\u0027art. 629 del codice penale, risultante dalla sentenza additiva\nn. 120 del 15 giugno del 2023, quale tertium comparationis per\nprevedere la circostanza attenuante del fatto di lieve entita\u0027 anche\nper il reato di rapina. \n Anche con la sentenza n. 141 del 2023, la Corte costituzionale,\npronunciandosi su un fatto di incerta sussunzione tra rapina ed\nestorsione, ha condotto per i due titoli di reato un discorso\nunitario, in tema di bilanciamento tra circostanze, avuto riguardo al\ncomune elevato minimo edittale di pena detentiva e alla pari\nlatitudine dello schema legale. L\u0027ampiezza della descrizione tipica\ndei delitti in parola, si e\u0027 osservato, «fa si\u0027 che essi si prestino\nad abbracciare anche condotte di modesto disvalore: non solo con\nriferimento all\u0027entita\u0027 del danno patrimoniale cagionato alla\nvittima, che puo\u0027 anche ammontare (come nel caso oggetto del giudizio\na quo) a pochi euro»; «ma anche con riferimento alle modalita\u0027 della\ncondotta, che puo\u0027 esaurirsi in forme minimali di violenza» (come,\nnel caso di specie, una lieve spinta), ovvero «nella mera\nprospettazione verbale di un male ingiusto, senza uso di armi o di\naltro mezzo di coazione, che tuttavia gia\u0027 integra la modalita\u0027\nalternativa di condotta costituita dalla minaccia». La Corte ha poi\naggiunto «[a]nche rispetto a simili fatti, la disciplina vigente\nimpone una pena minima di cinque anni di reclusione: una pena che\nrisulterebbe, pero\u0027, manifestamente sproporzionata rispetto alla\ngravita\u0027 oggettiva dei fatti medesimi - anche in rapporto alle pene\npreviste per la generalita\u0027 dei reati contro la persona -, se\nl\u0027ordinamento non prevedesse meccanismi per attenuare la risposta\nsanzionatoria nei casi meno gravi». \n In definitiva, l\u0027orientamento della Corte costituzionale appare\nfondato su una comune considerazione delle due fattispecie, proprio\ncon riferimento alla loro attitudine a ricomprendere, nonostante il\ntrattamento sanzionatorio particolarmente severo, fatti connotati da\nun modesto disvalore d\u0027evento e d\u0027azione, tanto da imporre per\nentrambe l\u0027introduzione di «valvole di sicurezza» che permettano al\ngiudice di adeguare la reazione ordinamentale alla modesta gravita\u0027\ndel fatto (in questi termini nella sentenza 86 del 16 aprile 2024 la\nCorte afferma che «Per l\u0027estorsione come per la rapina, il notevole\ninnalzamento del minimo edittale - a un livello che rende\nsostanzialmente inaccessibile il beneficio della sospensione\ncondizionale della pena - e\u0027 stato realizzato senza introdurre una\n«valvola di sicurezza» che permetta al giudice di temperare la\nsanzione quando l\u0027offensivita\u0027 concreta del fatto di reato non ne\ngiustifichi una punizione cosi\u0027 severa»). \n Chiaramente il ragionamento che la Corte costituzionale ha svolto\nin relazione ai fatti di «lieve entita\u0027», meritevoli di una pena\nmitigata, puo\u0027 e deve essere trasposto anche ai fatti di «particolare\ntenuita\u0027», non meritevoli affatto di una risposta sanzionatoria\nsecondo l\u0027ordinamento penale. \n 3.8 Sulla base delle considerazioni svolte, che hanno evidenziato\nl\u0027analoga struttura e disciplina delle fattispecie di rapina ed\nestorsione non aggravate e la loro eguale attitudine a ricomprendere\nfatti espressivi di un disvalore d\u0027evento e d\u0027azione particolarmente\ntenue, si deve concludere per l\u0027irragionevole disparita\u0027 di\ntrattamento della previsione legislativa che consente l\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto\nsolo per le ipotesi di rapina non aggravata di cui all\u0027art. 628,\ncomma 1 e 2 del codice penale, e non anche per le ipotesi di\nestorsione non aggravata di cui all\u0027art. 629, comma 1 del codice\npenale. \n Non sussistono infatti ragioni specifiche che valgano a\ngiustificare l\u0027esclusione della causa di non punibilita\u0027 per\nparticolare tenuita\u0027 del fatto per il reato di cui all\u0027art. 629,\nprimo comma, codice penale, esistendo al contrario i parametri\nrichiamati che impongono l\u0027estensione della causa di non punibilita\u0027\nanche a tale reato. \n Tale irragionevole disparita\u0027 di trattamento conduce, attraverso\nil tradizionale sindacato di ragionevolezza fondato sull\u0027art. 3\nCost., utilizzando come termine di comparazione la disciplina\nprevista dall\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3, codice penale per le\nfattispecie di cui all\u0027art. 628, comma 1 e 2 del codice penale, alla\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3, codice penale,\nnella parte in cui prevede che l\u0027offesa non puo\u0027 essere ritenuta di\nparticolare tenuita\u0027 quando si procede per il delitto consumato o\ntentato previsto dall\u0027art. 629, primo comma, codice penale. \n 3.9 Oltre che sotto il profilo della ragionevolezza, la\ndisciplina impugnata risulta contrastante anche con i principi della\npersonalita\u0027 della responsabilita\u0027 penale e del finalismo rieducativo\ndella pena di cui agli articoli 27, comma 1 e 3 Cost. \n Nella giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti, si e\u0027\nchiarito, da un lato, che un trattamento manifestamente\nsproporzionato rispetto alla gravita\u0027 oggettiva e soggettiva del\nfatto, e comunque incapace di adeguarsi al suo concreto disvalore,\npregiudica il principio di individualizzazione della pena (sentenza\nn. 244 del 2022); «\"l\u0027individualizzazione\" della pena, in modo da\ntenere conto dell\u0027effettiva entita\u0027 e delle specifiche esigenze dei\nsingoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi\ncostituzionali» cosi\u0027 da rendere «quanto piu\u0027 possibile \"personale\"\nla responsabilita\u0027 penale, nella prospettiva segnata dall\u0027art. 27,\nprimo comma» (sentenza n. 7 del 2022). Dall\u0027altro, che il precetto di\ncui al terzo comma dell\u0027art. 27 Cost. vale tanto per il legislatore\nquanto per i giudici della cognizione, oltre che per quelli\ndell\u0027esecuzione e della sorveglianza, nonche\u0027 per le stesse autorita\u0027\npenitenziarie: il principio della finalita\u0027 rieducativa della pena e\u0027\normai da tempo diventato patrimonio della cultura giuridica europea,\nin particolare per il suo collegamento con il «principio di\nproporzione» fra qualita\u0027 e quantita\u0027 della sanzione, da una parte,\ned offesa, dall\u0027altra (tra molte, sentenze n. 179 del 2017 e n. 313\ndel 1990). \n In presenza di una fattispecie tipica connotata, come detto, da\nun ambito applicativo amplissimo e variabile, atteso il carattere\nmultiforme che possono assumere in concreto gli elementi della\n«violenza o minaccia», del «danno» e del «profitto ingiusto»,\nescludere a priori, pur sussistendone gli ulteriori requisiti\napplicativi, la possibilita\u0027 per il giudice di qualificare il fatto\ncome di particolare tenuita\u0027 in relazione alle modalita\u0027 della\ncondotta o alla esiguita\u0027 del danno o del pericolo, determina la\nviolazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell\u0027art. 27\nCost. \n Si tratta di una preclusione che non consente al giudice, in\nassenza di una ragione che abbia un comprensibile fondamento logico o\npolitico-criminale, di individualizzare la risposta ordinamentale al\nfatto realizzato dall\u0027autore, posto che tale giudizio, se deve\npermettere al giudice di applicare una pena attenuata per garantire\nla proporzione con il fatto, deve consentire al giudice anche di non\napplicare affatto una pena a quei fatti che, per la loro tenuita\u0027,\nnon appaio affatto meritevoli di un pena. Chiaramente muovendosi nel\ngenerale tracciato definito dal legislatore circa i requisiti\ngenerali di applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 in parola. \n Tale preclusione si traduce in un automatismo sanzionatorio privo\ndi fondamento sia sotto il profilo razionale sia sotto il profilo\nempirico-fattuale. Si e\u0027 evidenziato infatti che nell\u0027estorsione\nsemplice la condotta puo\u0027 essere realizzata con modalita\u0027 portatrici\ndi un disvalore d\u0027azione particolarmente tenue (si pensi, come nel\ncaso in esame, alla minaccia che non riguardi beni primari della\npersona; o alla violenza consistita in una leggera spinta) e\nfinalizzata ad ottenere un profitto, con corrispondente danno\nparticolarmente esiguo (si pensi ad un lucro patrimoniale ammontante\na pochi euro o ancora ad un profitto non direttamente patrimoniale).\nEsemplificando ancora, l\u0027esclusione prevista dall\u0027art. 131-bis, comma\n3, n. 3 del codice penale impedirebbe al giudice di applicare la\ncausa di non punibilita\u0027 all\u0027estorsione tentata realizzata dal figlio\nappena maggiorenne che dia una leggera spinta alla madre per farsi\nconsegnare le chiavi della macchina per uscire la sera o una modesta\nsomma di denaro per comprare le sigarette (in questo caso, essendovi\nviolenza alla persona, non opererebbe nemmeno la causa di non\npunibilita\u0027 di cui all\u0027art. 649 del codice penale). \n Tale rigida preclusione, risolvendosi in un automatismo\nsanzionatorio, non puo\u0027 che essere ritenuta contrastante con il\n«volto costituzionale dell\u0027illecito penale» che impone la\npossibilita\u0027 di adeguare la risposta ordinamentale al fatto (v., tra\ntutte, Corte costituzionale n. 50 del 1980). \n La Corte costituzionale ha piu\u0027 volte sottolineato come\nl\u0027esigenza che «la pena inflitta al singolo condannato non risulti\nsproporzionata in relazione alla concreta gravita\u0027, oggettiva e\nsoggettiva, del fatto da lui commessa» debba assicurare «che la pena\nappaia una risposta - oltre che non sproporzionata - il piu\u0027\npossibile \"individualizzata\" e dunque calibrata sulla situazione del\nsingolo condannato, in attuazione del mandato costituzionale di\n\"personalita\u0027\" della responsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, primo\ncomma, Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 222 del 2018). \n Si denuncia quindi l\u0027incostituzionalita\u0027 della norma impugnata\nanche con riferimento alla violazione del principio di personalita\u0027\ndella responsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, comma 1 della\nCostituzione. \n 3.10 Infine, si rileva che l\u0027applicazione di una pena per un\nfatto dotato di scarsissima offensivita\u0027 e di altrettanto tenue\ndisvalore d\u0027azione non puo\u0027 che risultare contrastante con la\nfinalita\u0027 rieducativa della pena. \n Il sacrificio del bene inviolabile della liberta\u0027 personale,\nsecondo il nostro ordinamento costituzionale, deve avvenire a fronte\ndi fatti concretamente offensivi di beni giuridici di rango\nproporzionato al bene sacrificato. Quando tale sacrificio, invece,\navviene a fronte di fatti dotati di un\u0027offensivita\u0027 e di un disvalore\nd\u0027azione cosi\u0027 tenue da non apparire meritevole di pena, la sanzione\nnon potra\u0027 che essere percepita come ingiusta e sproporzionata dal\nsuo destinatario, precludendo in questo modo all\u0027origine\nquell\u0027adesione al trattamento sanzionatorio indispensabile per\nraggiungere l\u0027effetto rieducativo (In questi termini, la Corte\ncostituzionale ha affermato che «una pena palesemente sproporzionata\n- e, dunque, inevitabilmente avvertita come ingiusta dal condannato -\nvanifica, gia\u0027 a livello di comminatoria legislativa astratta, la\nfinalita\u0027 rieducativa» (sentenze n. 341 del 1994 e n. 343 del 1993).\nL\u0027applicazione di una sanzione penale a simili fatti potrebbe\nrispondere, al piu\u0027, a logiche di mera deterrenza che si\nrisolverebbero in una strumentalizzazione del singolo per fini di\npolitica criminale, in modo incompatibile con le finalita\u0027 che il\nnostro ordinamento assegna alla pena. \n Cosi\u0027, la previsione dell\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3, codice\npenale che esclude l\u0027applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027\ndel fatto al delitto di estorsione non aggravata di cui all\u0027art. 629,\ncomma 1 del codice penale, imponendo in questo modo l\u0027applicazione di\nuna pena a fatti espressivi di un disvalore cosi\u0027 tenue da non\nmeritare una risposta sanzionatoria, si traduce in una norma che\nconsente l\u0027applicazione di una pena che non puo\u0027 perseguire una\nfinalita\u0027 rieducativa, in questo modo contrastando con il principio\ndi cui all\u0027art. 27, comma 3, Cost. \n 3.11 I principi di portata generale di cui agli articoli 3 (sia\nsotto il profilo della ragionevolezza sia sotto il profilo della\nproporzionalita\u0027), 27, comma 1 e 3 Cost. devono orientare l\u0027intero\nsistema penale e hanno trovato applicazione da parte della Corte\ncostituzionale, in misura crescente negli ultimi decenni, sia in\nmateria di cornici sanzionatorie (v. tra gli altri sentenze n. 218\ndel 1974, 26 del 1979, 176 del 1976, 50 del 1980, 103 del 1982, 49\ndel 1989 e 409 del 1989, 168 del 1994, 341 del 1994, nonche\u0027 da\nultimo, con un significativo passo in avanti verso uno scrutinio di\nragionevolezza intrinseco o un\u0027applicazione del principio di\nproporzionalita\u0027 in senso cardinale sentenze n. 236 del 2016 n. 40\ndel 2019), di circostanze aggravanti (249 del 2010), di circostanze\nattenuanti (n. 68 del 2012, 120 del 2023 e 86 2024), di bilanciamento\ntra circostanze (sentenze n. 251 del 2012, n. 105 del 2014, n. 106\ndel 2014 e n. 207 del 2017, n. 73 del 2020) e da ultimo anche in\nmateria di cause di non punibilita\u0027 (sentenza 156 del 2020). \n In particolare, occorre soffermarsi sulla sentenza da ultimo\ncitata che ha dichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n131-bis del codice penale nella sua precedente formulazione per il\ncontrasto con l\u0027art. 3 Cost. in ragione della mancata estensione\ndella causa di non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto ai\ndelitti (tra i quali la ricettazione «di particolare tenuita\u0027» ai\nsensi dell\u0027art. 648, secondo comma, codice penale, oggetto del\nprocedimento a quo) per i quali non sia previsto alcun minimo\nedittale e sia dunque applicabile, in forza della previsione generale\ndi cui all\u0027art. 23 del codice penale, il minimo di soli quindici\ngiorni di reclusione, ancorche\u0027 il massimo edittale fosse superiore\nalla soglia di cinque anni entro la quale era concedibile la causa di\nnon punibilita\u0027. \n Tale sentenza, che ha dichiarato assorbiti - ma non infondati - i\npossibili profili di incostituzionalita\u0027 della previsione per\nviolazione degli articoli 27, comma 1 e 3 Cost., e\u0027 significativa ai\nfini della presente decisione poiche\u0027 applica il giudizio di\nragionevolezza estrinseca (o di «proporzionalita\u0027 ordinale», secondo\nl\u0027espressione recentemente utilizzata dalla dottrina piu\u0027 autorevole\ne aggiornata) ad una causa di esclusione della punibilita\u0027. \n Da una parte, la sentenza citata ribadisce l\u0027orientamento della\ngiurisprudenza costituzionale, secondo cui «le cause di non\npunibilita\u0027 costituiscono altrettante deroghe a norme penali\ngenerali, sicche\u0027 la loro estensione comporta strutturalmente un\ngiudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e\nconfliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale\ne quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria, giudizio che\nappartiene primariamente al legislatore (ex multis, sentenze n. 140\ndel 2009 e n. 8 del 1996) [...] Muovendo da tale premessa, questa\nCorte, nella sentenza n. 207 del 2017, ha rilevato che la scelta del\nlegislatore in ordine all\u0027estensione della causa di non punibilita\u0027\ndi cui all\u0027art. 131-bis del codice penale e\u0027 sindacabile soltanto per\n\"manifesta irragionevolezza\"». \n Dall\u0027altra, pero\u0027, la Corte evidenzia che il fondamento della\ncausa di esclusione in questione risieda nei principi di extrema\nratio dell\u0027intervento penale e del finalismo rieducativo della pena. \n Si ritiene che i principi penalistici fondamentali previsti dalla\nCostituzione debbano orientare tutte le forme di esercizio della\npolitica criminale di uno Stato di diritto: sia le norme\nincriminatrici che disciplinano il trattamento sanzionatorio sia le\nnorme che escludono la punibilita\u0027. La preclusione dell\u0027applicazione\ndi una causa di non punibilita\u0027 a fattispecie che ricomprendono nel\nloro spettro applicativo fatti espressivi di un scarsissimo disvalore\nsociale non solo compromette la ragionevolezza intrinseca del sistema\npenale (introducendo una disparita\u0027 di trattamento irragionevole\nrispetto a fatti analoghi in cui la causa di non punibilita\u0027 e\u0027\napplicabile), ma determina anche una violazione del principio di\npersonalita\u0027 della responsabilita\u0027 penale, impedendo\nl\u0027individualizzazione della risposta ordinamentale, e della finalita\u0027\nrieducativa della pena, imponendo l\u0027applicazione della sanzione\npenale a fatti non meritevoli di pena a causa della particolare\ntenuita\u0027 del loro disvalore d\u0027evento e d\u0027azione. \n 3.12 Per le ragioni appena esposte si ritiene che l\u0027esclusione\ndella applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 di cui all\u0027art.\n131-bis del codice penale al delitto di estorsione non aggravata di\ncui all\u0027art. 629, comma 1 del codice penale contrasti con il\nprincipio di ragionevolezza, con riferimento all\u0027irragionevole\ndisparita\u0027 di trattamento rispetto a quanto previsto per il reato di\nrapina non aggravata di cui agli articoli 628, comma 1 e 2 del codice\npenale, e con il principio di proporzione di cui all\u0027art. 3 della\nCostituzione, nonche\u0027 con i principi di personalita\u0027 della\nresponsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, comma 1 Cost. e con la\nfinalita\u0027 rieducativa della pena di cui all\u0027art. 27, comma 3 Cost. \n\n \n P.Q.M. \n \n Visti gli articoli 134 della Costituzione, legge costituzionale\nn. 1/1948 e 23 e ss. legge n. 87/1953; \n Solleva questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n131-bis, comma 3, n. 3), del codice penale nella parte in cui prevede\nche l\u0027offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuita\u0027 quando\nsi procede per il delitto, consumato o tentato, previsto dall\u0027art.\n629, primo comma, del codice penale, per violazione degli articoli 3,\n27, comma 1 e 3, della Costituzione. \n Sospende il giudizio in corso, con conseguente sospensione del\ntermine di prescrizione, fino alla definizione del giudizio\nincidentale davanti alla Corte costituzionale; \n Dispone l\u0027immediata trasmissione degli atti del procedimento alla\nCorte costituzionale; \n Manda alla cancelleria per la notificazione della presente\nordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la\ncomunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della\nCamera dei deputati. \n Cassino, 14 luglio 2025 \n \n Il giudice: Gioia","elencoNorme":[{"id":"63434","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"131","specificaz_art":"bis","comma":"3","specificaz_comma":"n.3)","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79768","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79769","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79770","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}" ] ] |
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