GET https://cc.strategiedigitali.net/scheda-ordinanza/2025/165

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D.L.. \n \nReati e pene - Cause di non punibilita\u0027 -  Particolare  tenuita\u0027  del\n  fatto - Omessa previsione che l\u0027offesa non possa essere ritenuta di\n  particolare tenuita\u0027 quando si procede per il delitto, consumato  o\n  tentato, previsto dall\u0027art. 629, primo comma, cod. pen. \n- Codice penale, art. 131-bis, terzo comma, numero 3. \n\n\r\n(GU n. 38 del 17-09-2025)\n\r\n \n                        TRIBUNALE DI CASSINO \n \n \n                           Sezione penale \n \n    Il giudice  monocratico  Marco  Gioia,  nel  procedimento  penale\nindicato in intestazione a carico di D.  L.  D.,  difeso  di  fiducia\ndagli avv. Gianluca Bellano e avv. Maddalena Lombardi, imputato,  «in\nordine al reato di cui agli articoli 81 del codice penale  56  e  629\ndel codice penale perche\u0027 con piu\u0027 azioni esecutive  di  un  medesimo\ndisegno criminoso con minacce consistite nel trasmettere  a  ...  due\nlettere raccomandante con le  quali  richiedeva  il  pagamento  delle\nspese relative alla consulenza tecnica  e  giuridica  effettuata  dal\nprevenuto sul fucile da caccia tipo doppietta, marca Beretta, calibro\n12, nonche\u0027 sul relativo  munizionamento  detenuti  dalla  p.o.,  con\nparticolare riferimento alla stima del valore di mercato dell\u0027arma  e\nalle modalita\u0027 di detenzione delle armi e delle  munizioni  stabilite\ndalla normativa vigente, e altresi\u0027 nel prospettare alla p. o. che le\nmodalita\u0027 con le quali la stessa deteneva  i  predetti  compendi  non\nerano regolari e che in caso di mancata  corresponsione  dell\u0027importo\nrichiesto,  peraltro  non   quantificato   dal   prevenuto,   avrebbe\nesercitato nei confronti della p. o. un\u0027azione legale, nonostante  il\n... detenesse regolarmente il fucile da caccia, non fosse in possesso\ndi  cartucce  e  non  avesse  mai  richiesto  alcuna  consulenza   al\nprevenuto, poneva in  essere  atti  idonei  diretti  in  maniera  non\nequivoca a costringere ... a corrispondergli le spese di  consulenza,\nin modo da procurarsi un ingiusto profitto con pari danno per  la  p.\no., non riuscendo nell\u0027intento per cause indipendenti  dalla  propria\nvolonta\u0027. \n    In ... il ... e il ... »; \n    Parte civile: ... , difeso di fiducia dall\u0027avv. Eleonora Raviele; \n    sentite le parti all\u0027udienza dibattimentale del  7  luglio  2025,\nnella pubblica udienza del 14 luglio 2025, alla presenza del pubblico\nministero e delle parti, adotta la seguente ordinanza con cui solleva\nquestione  di  legittimita\u0027  costituzionale,  per  violazione   degli\narticoli 3 e 27, comma 1 e 3 della Costituzione,  dell\u0027art.  131-bis,\ncomma 3, n. 3, del codice penale, nella  parte  in  cui  prevede  che\nl\u0027offesa non possa essere ritenuta di  particolare  tenuita\u0027  per  il\ndelitto, consumato o tentato, di cui all\u0027art. 629, comma 1 del codice\npenale e non limita, al pari di quanto avviene per il delitto di  cui\nall\u0027art.  628,  comma  3,  codice  penale,  l\u0027esclusione  all\u0027ipotesi\naggravata di cui all\u0027art. 629, comma 2, codice penale. \n1. Sulla ammissibilita\u0027 della questione. \n    La presente questione di legittimita\u0027 costituzionale e\u0027 sollevata\ndel Tribunale di Cassino, in composizione monocratica, giudice  Marco\nGioia, nel corso del giudizio penale di primo grado pendente in  fase\ndibattimentale nei confronti dell\u0027imputato D. D. L. Ricorrono  quindi\ni requisiti di ammissibilita\u0027 della questione indicati dall\u0027art.  23,\nlegge n. 87 del 1953, poiche\u0027 la questione  e\u0027  sollevata  d\u0027ufficio,\ndall\u0027autorita\u0027 giudiziaria nel corso di un giudizio. \n2. Sulla rilevanza della questione. \n    Il processo in cui viene sollevata la  questione  ha  ad  oggetto\nun\u0027imputazione per estorsione tentata, in cui all\u0027imputato D.  L.  e\u0027\ncontestato di aver formulato, attraverso  due  lettere  inviate  alla\npersona  offesa,  la  minaccia  di  un  male   ingiusto   consistente\nnell\u0027esercizio  di  un\u0027azione  legale  per  ottenere   compensi   per\nun\u0027attivita\u0027 di consulenza mai prestata e una denuncia per fatti  non\nveritieri (consistenti nella detenzione non denunciata di munizioni),\nqualora la persona offesa non avesse aderito alla pretesa  creditoria\ndell\u0027imputato. \n    L\u0027istruttoria ha visto i testi del  pubblico  ministero  (persona\noffesa e suoi familiari) confermare la tesi  accusatoria,  sostenendo\nche la minaccia di  azioni  legali  e  denunce  fosse  pretestuosa  e\ncostituisse una ritorsione per le controversie civili intercorse  tra\nle parti, e l\u0027imputato difendersi sostenendo la spettanza  di  quanto\nrichiesto nelle lettere indicate nell\u0027imputazione. \n    Nella  discussione  la  difesa  dell\u0027imputato  ha  richiesto,  in\nsubordine rispetto  alla  richiesta  di  assoluzione,  l\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto  di\ncui all\u0027art. 131-bis del codice penale. \n    2.1 Si ritiene quindi che  la  decisione  nel  presente  giudizio\nprincipale coinvolga necessariamente l\u0027applicazione  della  norma  di\ncui all\u0027art. 131-bis del codice  penale  che  si  assume  viziata  da\nillegittimita\u0027 costituzionale. \n    La causa di non punibilita\u0027 in questione, infatti, se  non  fosse\nper l\u0027espressa esclusione di cui all\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3  del\ncodice penale sarebbe applicabile ai fatti in contestazione. \n    Il delitto  di  estorsione  tentata  prevede  infatti  un  minimo\nedittale inferiore  ai  due  anni  di  pena  detentiva  previsti  per\nl\u0027applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 all\u0027art. 131-bis  del\ncodice penale \n    Il fatto in contestazione ha prodotto un\u0027offesa che  puo\u0027  essere\nvalutata  come  particolarmente  tenue  rispetto  ai  beni  giuridici\ntutelati e con modalita\u0027 di aggressione portatrice di un  altrettanto\ntenue disvalore di  azione,  posto  che  la  minaccia  di  esercitare\nun\u0027azione legale non offende beni primari  della  persona  e  che  la\npretesa era comunque indeterminata sotto il profilo patrimoniale. \n    Il  comportamento  dell\u0027autore  non   puo\u0027   essere   considerato\nabituale, posto che l\u0027imputato e\u0027 incensurato, e la contestazione del\nfatto come  reato  continuato  (si  tratterebbe  di  due  missive  di\ncontenuto asseritamente estorsivo mandate a breve distanza  di  tempo\nl\u0027una dall\u0027altra) non impedirebbe l\u0027applicazione della causa  di  non\npunibilita\u0027 (si veda in questo senso, da ultimo, Cass pen.,Sez. U, n.\n18891 del 27 gennaio 2022, ... Rv. 283064 - 01, ove  si  afferma  che\n«La pluralita\u0027 di reati unificati nel vincolo della continuazione non\ne\u0027  di  per  se\u0027  ostativa  alla  configurabilita\u0027  della  causa   di\nesclusione della punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027  del  fatto  la\nquale  puo\u0027  essere  riconosciuta  dal  giudice  all\u0027esito   di   una\nvalutazione complessiva della fattispecie concreta,  che -  salve  le\ncondizioni ostative tassativamente  previste  dall\u0027art.  131-bis  del\ncodice penale per escludere la particolare tenuita\u0027 dell\u0027offesa o per\nqualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie\ndi indicatori rappresenti,  in  particolare,  dalla  natura  e  dalla\ngravita\u0027 degli illeciti in continuazione, dalla  tipologia  dei  beni\ngiuridici protetti dall\u0027entita\u0027 delle disposizioni di legge  violate,\ndalle finalita\u0027 e dalle modalita\u0027  esecutive  delle  condotte,  dalle\nloro motivazioni e  dalle  conseguenze  che  ne  sono  derivate,  dal\nperiodo di tempo e dal contesto  in  cui  le  diverse  violazioni  si\ncollocano, dall\u0027intensita\u0027 del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai\ncomportamenti successivi ai fatti)». \n    Ricorrerebbero dunque tutti i  presupposti  per  la  applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 in questione, la cui  applicazione  e\u0027\ntuttavia impedita dalla previsione di cui all\u0027art. 131-bis, comma  3,\nn. 3 del codice penale. \n    Dunque, nell\u0027ambito della  decisione  da  adottare  nel  giudizio\ncertamente  occorre  dare  applicazione  della  norma  oggetto  della\nquestione di legittimita\u0027  costituzionale,  la  cui  applicazione  e\u0027\nstata  peraltro  espressamente  richiesta  dalla  difesa  nelle   sue\nconclusioni. \n    Si tratta  di  una  necessita\u0027  di  applicazione  attuale  e  non\nmeramente  ipotetica  e  l\u0027eventuale  accoglimento  della   questione\nsollevata,  incidendo  sull\u0027applicabilita\u0027   della   causa   di   non\npunibilita\u0027 di cui all\u0027art. 131-bis del codice  penale  ai  fatti  in\ncontestazione, avrebbe un effetto immediato sull\u0027esito  del  giudizio\nprincipale. \n    Si ritiene quindi  che  la  questione  sia  rilevante  e  che  il\ngiudizio  non   possa   essere   definito   indipendentemente   dalla\nrisoluzione della questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata. \n3. Sulla non manifesta infondatezza della questione. \n    Il dubbio di costituzionalita\u0027 ha ad oggetto la previsione di cui\nall\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3 del codice penale nella parte in  cui\nesclude l\u0027applicazione della causa di non punibilita\u0027 per particolare\ntenuita\u0027 del fatto al delitto, consumato o tentato, di estorsione  di\ncui all\u0027art. 629 del codice penale, e non  limiti  l\u0027esclusione  alle\nipotesi di estorsione aggravata di cui  all\u0027art.  629,  comma  2  del\ncodice penale. Cio\u0027 a differenza di quanto avviene  per  il  contiguo\ndelitto di rapina, per il quale e\u0027 esclusa l\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art.\n131-bis del codice penale  per  le  sole  ipotesi  aggravate  di  cui\nall\u0027art. 628, comma 3 del codice penale. \n    Tale diversita\u0027 di trattamento, per le ragioni che si  esporranno\ndi qui a breve, appare irragionevole, stante le analogie di struttura\ne disciplina tra  le  due  fattispecie,  e  ingiustificata  sotto  il\nprofilo politico-criminale, precludendo  l\u0027individualizzazione  della\nrisposta ordinamentale  rispetto  a  fatti  particolarmente  tenui  e\nrisolvendosi  in  questo  modo  in  possibili  applicazioni  di  pene\ningiuste e irragionevoli, in quanto  tali  inidonee  a  tendere  alla\nrieducazione delle persone cui sono applicate. \n    3.1 La causa di non  punibilita\u0027  di  cui  all\u0027art.  131-bis  del\ncodice penale per particolare tenuita\u0027 del fatto, introdotta  con  il\ndecreto legislativo n. 28 del 2015, e\u0027 stata  riformata  con  decreto\nlegislativo n. 150 del 2022 che,  da  una  parte,  ne  ha  esteso  la\nportata applicativa ampliando i limiti edittali  stabiliti  al  primo\ncomma e, dall\u0027altra, ha  compensato  tale  estensione  inserendo,  al\nterzo  comma,  numerose  nuove  ipotesi  di  esclusione   della   sua\napplicazione. \n    L\u0027individuazione delle ipotesi  di  esclusione  dell\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027, secondo quanto  puo\u0027  leggersi  nella\nrelazione illustrativa del Governo al decreto legislativo n. 150  del\n2022, risponde ai due criteri indicati dalla legge delega: «Una prima\ndirettiva, specifica, mira a evitare che l\u0027ampliamento dell\u0027ambito di\napplicazione  della  causa  di  non  punibilita\u0027  interessi  i  reati\nriconducibili  alla  Convenzione   del   Consiglio   d\u0027Europa   sulla\nprevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e\nla violenza domestica, fatta a Istanbul l\u002711 maggio 2011,  ratificata\nai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77.  Una  seconda  direttiva,\ngenerica, rimette poi al legislatore delegato  la  valutazione  circa\nl\u0027opportunita\u0027 di «ampliare conseguentemente, se  ritenuto  opportuno\nsulla base di  evidenze  empirico-criminologiche  o  per  ragioni  di\ncoerenza sistematica, il novero delle ipotesi in cui,  ai  sensi  del\nsecondo comma dell\u0027art. 131-bis del codice penale, l\u0027offesa non  puo\u0027\nessere ritenuta di particolare tenuita\u0027». \n    Da quanto si legge nella relazione, il legislatore ha tentato  di\nbilanciare il  generale  ampliamento  dell\u0027ambito  di  applicabilita\u0027\ndell\u0027istituto «evitando che lo  stesso  attragga  nella  sfera  della\ncausa di non punibilita\u0027 figure di reato di  particolare  gravita\u0027  o\nallarme sociale, rispetto alle  quali  valutazioni  di  opportunita\u0027,\nancorate  a  evidenze  criminologiche  o  sistematiche,  suggeriscono\nl\u0027opportunita\u0027 di ulteriori esclusioni in via di eccezione». \n    Senza ulteriormente approfondire le  «evidenze  criminologiche  o\nsistematiche», sempre nella relazione si elencano, tra gli altri: \n        «[...] \n        Delitto di rapina aggravata (art. 628,  comma  3  del  codice\npenale). Si tratta della stessa ipotesi per la quale opera il  regime\ndi cui all\u0027art.  4-bis  della  legge  sull\u0027ordinamento  penitenziario\n(legge n. 354/1975); \n        Delitto di estorsione (art. 629 del codice penale); \n        [...]». \n    3.2 Dunque, mentre l\u0027applicazione della causa di non  punibilita\u0027\ne\u0027 esclusa per  il  delitto  di  estorsione  (che  nella  fattispecie\ntentata  rientrerebbe  sotto  il  profilo  sanzionatorio  nell\u0027ambito\napplicativo tracciato dall\u0027art. 131-bis, comma 1 del  codice  penale)\ntanto nella forma semplice di cui all\u0027art. 629, comma  1  del  codice\npenale, quanto nella forma aggravata di cui all\u0027art. 629, comma 2 del\ncodice penale, per il delitto di rapina l\u0027esclusione e\u0027 prevista  per\nle sole ipotesi aggravate di cui all\u0027art. 628,  comma  3  del  codice\npenale. \n    Occorre premettere che, benche\u0027 nella  manualistica  tradizionale\nla rapina e\u0027 classificata tra  i  reati  di  aggressione  unilaterale\ncontro il patrimonio mentre l\u0027estorsione tra i reati di  cooperazione\nartificiosa con la vittima, le analogie strutturali e  di  disciplina\ntra le due  fattispecie  sono  tali  da  rendere  irragionevole  tale\ndisparita\u0027 di trattamento sotto il profilo dell\u0027applicabilita\u0027  della\ncausa di non punibilita\u0027 in questione. \n    Le due fattispecie, infatti, sono sovrapponibili sotto il profilo\ndei beni giuridici  tutelati,  dovendosi  entrambe  qualificare  come\nreati plurioffensivi che offendono i  beni  del  patrimonio  e  della\nliberta\u0027 di autodeterminazione della persona offesa. \n    Sotto  il  profilo  della  condotta,  entrambe   le   fattispecie\nprevedono, quali elementi alternativi,  la  violenza  o  la  minaccia\nposta in essere dall\u0027autore quale strumento per coartare la  volonta\u0027\ndella vittima e ottenere il vantaggio patrimoniale a suo danno. \n    Sotto  il  profilo  soggettivo  entrambi  i  reati  ricomprendono\nnell\u0027oggetto del dolo l\u0027ingiusto profitto per l\u0027autore. Cio\u0027  sebbene\nla rapina sia reato a dolo specifico, mentre l\u0027estorsione sia reato a\ndolo generico che pero\u0027 include, quale  evento,  l\u0027ingiusto  profitto\ndell\u0027autore. Tale elemento, come tutti gli elementi della fattispecie\noggettiva, deve essere coperto dal coefficiente psicologico richiesto\nper la fattispecie. \n    A riprova della contiguita\u0027 tra le due  fattispecie  tipiche,  va\nevidenziato che dottrina e  giurisprudenza  hanno  elaborato  diversi\ncriteri di distinzione tra le stesse.  Uno  dei  primi,  ad  esempio,\nponeva l\u0027accento sull\u0027identificazione del soggetto che consegnava  la\ncosa mobile: ove questi fosse la vittima, si aveva estorsione, mentre\nnei casi in cui l\u0027agente si appropriava della cosa mobile  senza  una\nprevia traduzione da parte del soggetto passivo, si configuravano gli\nestremi della rapina (c.d. criterio della adprehensio e traditio). \n    Altri autori sostengono che mentre nell\u0027estorsione e\u0027  minacciato\nun male futuro (con la conseguenza che alla vittima  residuerebbe  un\ncerto margine di autodeterminazione), nella rapina e\u0027 prospettato  un\nmale di verificazione pressoche\u0027 immediata. \n    In dottrina e in giurisprudenza si e\u0027 affermato il criterio della\ntipologia (o intensita\u0027) della coazione, secondo cui  «La  rapina  si\ndifferenzia dall\u0027estorsione in virtu\u0027 del fatto che in  essa  il  reo\nsottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o una minaccia\ndiretta e ineludibile,  mentre  nell\u0027estorsione  la  coartazione  non\ndetermina il totale annullamento della capacita\u0027 del soggetto passivo\ndi determinarsi diversamente» (Sez. 2, n. 15564 dell\u00278  aprile  2021,\n... , Rv. 281102 - 01; nello stesso senso cfr. Sez.  2,  sentenza  n.\n4308 del 17 ottobre 1995 Cc.  (dep.  21  gennaio  1996)  Rv.  203773,\nsecondo cui «Per la sussistenza del  delitto  di  estorsione  non  si\nrichiede che la volonta\u0027 del  soggetto  passivo,  per  effetto  della\nminaccia,  sia  completamente  esclusa,   ma   che,   residuando   la\npossibilita\u0027 di scelta fra l\u0027accettare  le  richieste  dell\u0027agente  o\nsubire il male minacciato, la possibilita\u0027 di autodeterminazione  sia\ncondizionata in maniera piu\u0027 o meno grave dal  timore  di  subire  il\npregiudizio prospettato; se la minaccia, viceversa, si risolvesse  in\nun costringimento psichico assoluto,  cioe\u0027  in  un  annullamento  di\nqualsiasi possibilita\u0027 di scelta, ed il risultato  dell\u0027agente  fosse\nil conseguimento di un bene mobile, si configurerebbe infatti un vero\ne proprio \"impossessamento\" e, conseguentemente, il diverso reato  di\nrapina»). \n    Secondo  tale  criterio  prevalente   nella   giurisprudenza   di\nlegittimita\u0027,  quindi,  nel  delitto  di  rapina  si  ha  un   totale\nannichilimento della liberta\u0027  di  autodeterminazione  della  persona\noffesa mentre nella estorsione tale volonta\u0027 e\u0027 solo compressa ma non\nannientata. \n    Dall\u0027adozione di tale criterio consegue che vi  e\u0027  una  maggiore\nintensita\u0027  dell\u0027offesa  al  bene   giuridico   della   liberta\u0027   di\nautodeterminazione della persona offesa nel reato di rapina, dove  la\nvolonta\u0027 e\u0027 annientata, che nel reato di  estorsione,  dove  e\u0027  solo\ncompromessa. \n    Tale conclusione, come meglio si dira\u0027 anche  in  seguito,  rende\npalese  l\u0027irragionevolezza  della  scelta  legislativa  di  escludere\nl\u0027applicabilita\u0027 della causa  di  non  punibilita\u0027  di  cui  all\u0027art.\n131-bis del codice penale per il delitto di estorsione  semplice,  in\ncui il bene della liberta\u0027 di autodeterminazione e\u0027 solo compresso, e\nammetterlo per il delitto di rapina semplice, in cui la  liberta\u0027  e\u0027\ntotalmente annichilita. \n    3.3 Le analogie tra le due  fattispecie  non  riguardano  i  soli\nprofili  dell\u0027offesa  e  della  struttura  del  fatto  tipico  ma  si\nestendono ad ulteriori aspetti della disciplina. \n    In primo luogo, sotto il profilo sanzionatorio, si rileva che  la\npena della rapina semplice ha  registrato  nel  corso  del  tempo  un\nprogressivo inasprimento, che ha interessato principalmente il minimo\nedittale della reclusione: originariamente determinato in  tre  anni,\ntale minimo e\u0027 stato aumentato a quattro anni dall\u0027art. 1,  comma  8,\nlettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche  al  codice\npenale,   al   codice   di   procedura   penale   e   all\u0027ordinamento\npenitenziario), e ulteriormente incrementato a cinque anni  dall\u0027art.\n6, comma 1, lettera a), della legge 26 aprile 2019, n. 36  (Modifiche\nal codice  penale  e  altre  disposizioni  in  materia  di  legittima\ndifesa). \n    L\u0027aggravamento del trattamento sanzionatorio ora  illustrato  per\nla rapina e\u0027 analogo a quello che ha interessato l\u0027estorsione di  cui\nall\u0027art. 629, primo comma, codice penale, il cui minimo  edittale  di\ntre anni  di  reclusione,  stabilito  originariamente  per  la  forma\nsemplice del reato, e\u0027 stato aumentato a cinque anni (art.  8,  comma\n1, del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419,  recante  «Istituzione\ndel Fondo  di  sostegno  per  le  vittime  di  richieste  estorsive»,\nconvertito, con modificazioni, nella legge 18 febbraio 1992, n. 172). \n    Dunque, la pena detentiva per le ipotesi di rapina ed  estorsione\nsemplici e\u0027 la medesima: da cinque a dieci anni di reclusione. Vi  e\u0027\nsolo  una  minima  differenza  sanzionatoria   relativa   alla   pena\npecuniaria della multa, che nella rapina  va  da  927  a  2.500  euro\nmentre nell\u0027estorsione va da 1.000 a 4.000 euro. \n    Analogamente, sotto il  profilo  del  trattamento  penitenziario,\nsolo per le ipotesi aggravate di rapina (art. 628, comma 3 del codice\npenale) ed estorsione (art.  629,  comma  2  del  codoce  penale)  e\u0027\nprevista la particolare disciplina in tema di  benefici  penitenziari\ndi cui all\u0027art. 4-bis, comma 1-ter, legge n.  354/1975,  mentre  tale\ndisciplina non si applica alle rispettive ipotesi non aggravate. \n    3.4 Anche le circostanze aggravanti e attenuanti  dei  due  reati\nhanno identica disciplina. \n    Quanto alle aggravanti, l\u0027art. 629, comma 2  del  codice  penale,\nnell\u0027individuare le circostanze aggravanti speciali  del  delitto  di\nestorsione rinvia proprio alle  aggravanti  previste  dall\u0027art.  628,\ncomma 3 del codice penale, per il delitto di rapina. \n    Con riferimento alle  attenuanti,  allo  stesso  modo,  la  Corte\ncostituzionale, con le sentenze additive n. 120  del  15  giugno  del\n2023 e n. 86 del  16  aprile  2024,  ha  dichiarato  l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale rispettivamente degli articoli 629 e 628, comma 1 e 2,\ncodice penale, nella parte in cui non prevedono che la pena  da  essi\ncomminata «e\u0027 diminuita in misura non eccedente un terzo  quando  per\nla  natura,  la  specie,  i  mezzi,  le   modalita\u0027   o   circostanze\ndell\u0027azione, ovvero per la  particolare  tenuita\u0027  del  danno  o  del\npericolo, il fatto risulti di lieve entita\u0027». \n    3.5 Appare significativo  evidenziare  che  e\u0027  la  stessa  Corte\ncostituzionale, nella sentenza 86 del 16 aprile 2024  ad  evidenziare\nl\u0027analogia tra le due fattispecie sotto il profilo dell\u0027attitudine  a\nricomprendere nel loro ambito applicativo anche fatti dotati  di  uno\nscarsissimo disvalore sociale, affermando  che  «la  ratio  decidendi\ndella sentenza n. 120 del 2023 (in materia di estorsione n.d.r.) vale\nanche per la rapina, come prospettato  dal  rimettente.  Infatti,  la\ndescrizione tipica operata dall\u0027art. 628 del codice penale  evidenzia\nuna latitudine oggettiva e una varieta\u0027  di  condotte  materiali  non\nmeno ampia di quella del delitto di estorsione, poiche\u0027, anche  nella\nrapina, la violenza o minaccia  puo\u0027  essere  di  modesta  portata  e\nl\u0027utilita\u0027 perseguita, ovvero il danno cagionato, di valore infimo». \n    Sulla  base  di  considerazioni  che   sottolineano   la   comune\nlatitudine applicativa e  la  analoga  disciplina  sanzionatoria,  la\nCorte costituzionale nella sentenza  citata  utilizza  la  disciplina\ndell\u0027art. 629 del codice penale, risultante dalla  sentenza  additiva\nn. 120 del 15  giugno  del  2023,  quale  tertium  comparationis  per\nprevedere la circostanza attenuante del fatto di lieve entita\u0027  anche\nper il reato di rapina. \n    Anche con la sentenza n. 141 del 2023, la  Corte  costituzionale,\npronunciandosi su un fatto  di  incerta  sussunzione  tra  rapina  ed\nestorsione, ha condotto  per  i  due  titoli  di  reato  un  discorso\nunitario, in tema di bilanciamento tra circostanze, avuto riguardo al\ncomune  elevato  minimo  edittale  di  pena  detentiva  e  alla  pari\nlatitudine dello schema legale. L\u0027ampiezza della  descrizione  tipica\ndei delitti in parola, si e\u0027 osservato, «fa si\u0027 che essi si  prestino\nad abbracciare anche condotte di  modesto  disvalore:  non  solo  con\nriferimento  all\u0027entita\u0027  del  danno  patrimoniale   cagionato   alla\nvittima, che puo\u0027 anche ammontare (come nel caso oggetto del giudizio\na quo) a pochi euro»; «ma anche con riferimento alle modalita\u0027  della\ncondotta, che puo\u0027 esaurirsi in forme minimali  di  violenza»  (come,\nnel  caso  di  specie,  una  lieve  spinta),   ovvero   «nella   mera\nprospettazione verbale di un male ingiusto, senza uso di  armi  o  di\naltro mezzo di coazione,  che  tuttavia  gia\u0027  integra  la  modalita\u0027\nalternativa di condotta costituita dalla minaccia». La Corte  ha  poi\naggiunto «[a]nche rispetto a  simili  fatti,  la  disciplina  vigente\nimpone una pena minima di cinque anni di  reclusione:  una  pena  che\nrisulterebbe,  pero\u0027,  manifestamente  sproporzionata  rispetto  alla\ngravita\u0027 oggettiva dei fatti medesimi - anche in rapporto  alle  pene\npreviste per la  generalita\u0027  dei  reati  contro  la  persona  -,  se\nl\u0027ordinamento non prevedesse meccanismi  per  attenuare  la  risposta\nsanzionatoria nei casi meno gravi». \n    In definitiva, l\u0027orientamento della Corte  costituzionale  appare\nfondato su una comune considerazione delle due  fattispecie,  proprio\ncon riferimento alla loro attitudine a ricomprendere,  nonostante  il\ntrattamento sanzionatorio particolarmente severo, fatti connotati  da\nun modesto disvalore  d\u0027evento  e  d\u0027azione,  tanto  da  imporre  per\nentrambe l\u0027introduzione di «valvole di sicurezza» che  permettano  al\ngiudice di adeguare la reazione ordinamentale alla  modesta  gravita\u0027\ndel fatto (in questi termini nella sentenza 86 del 16 aprile 2024  la\nCorte afferma che «Per l\u0027estorsione come per la rapina,  il  notevole\ninnalzamento  del  minimo  edittale -  a   un   livello   che   rende\nsostanzialmente  inaccessibile   il   beneficio   della   sospensione\ncondizionale della pena - e\u0027 stato realizzato  senza  introdurre  una\n«valvola di sicurezza»  che  permetta  al  giudice  di  temperare  la\nsanzione quando l\u0027offensivita\u0027 concreta del fatto  di  reato  non  ne\ngiustifichi una punizione cosi\u0027 severa»). \n    Chiaramente il ragionamento che la Corte costituzionale ha svolto\nin relazione ai fatti di «lieve  entita\u0027»,  meritevoli  di  una  pena\nmitigata, puo\u0027 e deve essere trasposto anche ai fatti di «particolare\ntenuita\u0027», non  meritevoli  affatto  di  una  risposta  sanzionatoria\nsecondo l\u0027ordinamento penale. \n    3.8 Sulla base delle considerazioni svolte, che hanno evidenziato\nl\u0027analoga struttura e  disciplina  delle  fattispecie  di  rapina  ed\nestorsione non aggravate e la loro eguale attitudine a  ricomprendere\nfatti espressivi di un disvalore d\u0027evento e d\u0027azione  particolarmente\ntenue,  si  deve  concludere  per   l\u0027irragionevole   disparita\u0027   di\ntrattamento della previsione legislativa che consente  l\u0027applicazione\ndella causa di non punibilita\u0027 per  particolare  tenuita\u0027  del  fatto\nsolo per le ipotesi di rapina non  aggravata  di  cui  all\u0027art.  628,\ncomma 1 e 2 del  codice  penale,  e  non  anche  per  le  ipotesi  di\nestorsione non aggravata di cui all\u0027art.  629,  comma  1  del  codice\npenale. \n    Non  sussistono  infatti  ragioni  specifiche   che   valgano   a\ngiustificare  l\u0027esclusione  della  causa  di  non   punibilita\u0027   per\nparticolare tenuita\u0027 del fatto per il  reato  di  cui  all\u0027art.  629,\nprimo comma,  codice  penale,  esistendo  al  contrario  i  parametri\nrichiamati che impongono l\u0027estensione della causa di non  punibilita\u0027\nanche a tale reato. \n    Tale irragionevole disparita\u0027 di trattamento conduce,  attraverso\nil tradizionale  sindacato  di  ragionevolezza  fondato  sull\u0027art.  3\nCost.,  utilizzando  come  termine  di  comparazione  la   disciplina\nprevista dall\u0027art. 131-bis, comma 3,  n.  3,  codice  penale  per  le\nfattispecie di cui all\u0027art. 628, comma 1 e 2 del codice penale,  alla\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 131-bis, comma 3, n. 3, codice  penale,\nnella parte in cui prevede che l\u0027offesa non puo\u0027 essere  ritenuta  di\nparticolare tenuita\u0027 quando si procede per  il  delitto  consumato  o\ntentato previsto dall\u0027art. 629, primo comma, codice penale. \n    3.9  Oltre  che  sotto  il  profilo  della   ragionevolezza,   la\ndisciplina impugnata risulta contrastante anche con i principi  della\npersonalita\u0027 della responsabilita\u0027 penale e del finalismo rieducativo\ndella pena di cui agli articoli 27, comma 1 e 3 Cost. \n    Nella giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti,  si  e\u0027\nchiarito,   da   un   lato,   che   un   trattamento   manifestamente\nsproporzionato rispetto alla  gravita\u0027  oggettiva  e  soggettiva  del\nfatto, e comunque incapace di adeguarsi al  suo  concreto  disvalore,\npregiudica il principio di individualizzazione della  pena  (sentenza\nn. 244 del 2022); «\"l\u0027individualizzazione\" della  pena,  in  modo  da\ntenere conto dell\u0027effettiva entita\u0027 e delle specifiche  esigenze  dei\nsingoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi\ncostituzionali» cosi\u0027 da rendere «quanto piu\u0027  possibile  \"personale\"\nla responsabilita\u0027 penale, nella prospettiva  segnata  dall\u0027art.  27,\nprimo comma» (sentenza n. 7 del 2022). Dall\u0027altro, che il precetto di\ncui al terzo comma dell\u0027art. 27 Cost. vale tanto per  il  legislatore\nquanto  per  i  giudici  della  cognizione,  oltre  che  per   quelli\ndell\u0027esecuzione e della sorveglianza, nonche\u0027 per le stesse autorita\u0027\npenitenziarie: il principio della finalita\u0027 rieducativa della pena e\u0027\normai da tempo diventato patrimonio della cultura giuridica  europea,\nin  particolare  per  il  suo  collegamento  con  il  «principio   di\nproporzione» fra qualita\u0027 e quantita\u0027 della sanzione, da  una  parte,\ned offesa, dall\u0027altra (tra molte, sentenze n. 179 del 2017 e  n.  313\ndel 1990). \n    In presenza di una fattispecie tipica connotata, come  detto,  da\nun ambito applicativo amplissimo e  variabile,  atteso  il  carattere\nmultiforme che  possono  assumere  in  concreto  gli  elementi  della\n«violenza  o  minaccia»,  del  «danno»  e  del  «profitto  ingiusto»,\nescludere  a  priori,  pur  sussistendone  gli  ulteriori   requisiti\napplicativi, la possibilita\u0027 per il giudice di qualificare  il  fatto\ncome di  particolare  tenuita\u0027  in  relazione  alle  modalita\u0027  della\ncondotta o alla esiguita\u0027 del danno  o  del  pericolo,  determina  la\nviolazione, ad un tempo, del primo e del  terzo  comma  dell\u0027art.  27\nCost. \n    Si tratta di una preclusione che  non  consente  al  giudice,  in\nassenza di una ragione che abbia un comprensibile fondamento logico o\npolitico-criminale, di individualizzare la risposta ordinamentale  al\nfatto realizzato  dall\u0027autore,  posto  che  tale  giudizio,  se  deve\npermettere al giudice di applicare una pena attenuata  per  garantire\nla proporzione con il fatto, deve consentire al giudice anche di  non\napplicare affatto una pena a quei fatti che, per  la  loro  tenuita\u0027,\nnon appaio affatto meritevoli di un pena. Chiaramente muovendosi  nel\ngenerale  tracciato  definito  dal  legislatore  circa  i   requisiti\ngenerali di applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 in parola. \n    Tale preclusione si traduce in un automatismo sanzionatorio privo\ndi fondamento sia sotto il profilo razionale  sia  sotto  il  profilo\nempirico-fattuale. Si  e\u0027  evidenziato  infatti  che  nell\u0027estorsione\nsemplice la condotta puo\u0027 essere realizzata con modalita\u0027  portatrici\ndi un disvalore d\u0027azione particolarmente tenue (si  pensi,  come  nel\ncaso in esame, alla minaccia che  non  riguardi  beni  primari  della\npersona;  o  alla  violenza  consistita  in  una  leggera  spinta)  e\nfinalizzata  ad  ottenere  un  profitto,  con  corrispondente   danno\nparticolarmente esiguo (si pensi ad un lucro patrimoniale  ammontante\na pochi euro o ancora ad un profitto non direttamente  patrimoniale).\nEsemplificando ancora, l\u0027esclusione prevista dall\u0027art. 131-bis, comma\n3, n. 3 del codice penale impedirebbe  al  giudice  di  applicare  la\ncausa di non punibilita\u0027 all\u0027estorsione tentata realizzata dal figlio\nappena maggiorenne che dia una leggera spinta alla  madre  per  farsi\nconsegnare le chiavi della macchina per uscire la sera o una  modesta\nsomma di denaro per comprare le sigarette (in questo caso,  essendovi\nviolenza alla  persona,  non  opererebbe  nemmeno  la  causa  di  non\npunibilita\u0027 di cui all\u0027art. 649 del codice penale). \n    Tale  rigida  preclusione,   risolvendosi   in   un   automatismo\nsanzionatorio, non puo\u0027  che  essere  ritenuta  contrastante  con  il\n«volto   costituzionale   dell\u0027illecito   penale»   che   impone   la\npossibilita\u0027 di adeguare la risposta ordinamentale al fatto (v.,  tra\ntutte, Corte costituzionale n. 50 del 1980). \n    La  Corte  costituzionale  ha  piu\u0027   volte   sottolineato   come\nl\u0027esigenza che «la pena inflitta al singolo  condannato  non  risulti\nsproporzionata in  relazione  alla  concreta  gravita\u0027,  oggettiva  e\nsoggettiva, del fatto da lui commessa» debba assicurare «che la  pena\nappaia  una  risposta -  oltre  che  non  sproporzionata -  il   piu\u0027\npossibile \"individualizzata\" e dunque calibrata sulla situazione  del\nsingolo condannato,  in  attuazione  del  mandato  costituzionale  di\n\"personalita\u0027\" della responsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, primo\ncomma, Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 222 del 2018). \n    Si denuncia quindi l\u0027incostituzionalita\u0027  della  norma  impugnata\nanche con riferimento alla violazione del principio  di  personalita\u0027\ndella responsabilita\u0027 penale  di  cui  all\u0027art.  27,  comma  1  della\nCostituzione. \n    3.10 Infine, si rileva che l\u0027applicazione  di  una  pena  per  un\nfatto dotato di  scarsissima  offensivita\u0027  e  di  altrettanto  tenue\ndisvalore  d\u0027azione  non  puo\u0027  che  risultare  contrastante  con  la\nfinalita\u0027 rieducativa della pena. \n    Il sacrificio del  bene  inviolabile  della  liberta\u0027  personale,\nsecondo il nostro ordinamento costituzionale, deve avvenire a  fronte\ndi  fatti  concretamente  offensivi  di  beni  giuridici   di   rango\nproporzionato al bene sacrificato. Quando  tale  sacrificio,  invece,\navviene a fronte di fatti dotati di un\u0027offensivita\u0027 e di un disvalore\nd\u0027azione cosi\u0027 tenue da non apparire meritevole di pena, la  sanzione\nnon potra\u0027 che essere percepita come ingiusta  e  sproporzionata  dal\nsuo   destinatario,   precludendo   in   questo   modo    all\u0027origine\nquell\u0027adesione  al  trattamento  sanzionatorio   indispensabile   per\nraggiungere  l\u0027effetto  rieducativo  (In  questi  termini,  la  Corte\ncostituzionale ha affermato che «una pena palesemente  sproporzionata\n- e, dunque, inevitabilmente avvertita come ingiusta dal condannato -\nvanifica, gia\u0027 a livello di  comminatoria  legislativa  astratta,  la\nfinalita\u0027 rieducativa» (sentenze n. 341 del 1994 e n. 343 del  1993).\nL\u0027applicazione  di  una  sanzione  penale  a  simili  fatti  potrebbe\nrispondere,  al  piu\u0027,  a  logiche  di   mera   deterrenza   che   si\nrisolverebbero in una strumentalizzazione del  singolo  per  fini  di\npolitica criminale, in modo incompatibile con  le  finalita\u0027  che  il\nnostro ordinamento assegna alla pena. \n    Cosi\u0027, la previsione dell\u0027art. 131-bis, comma  3,  n.  3,  codice\npenale che esclude l\u0027applicabilita\u0027 della causa  di  non  punibilita\u0027\ndel fatto al delitto di estorsione non aggravata di cui all\u0027art. 629,\ncomma 1 del codice penale, imponendo in questo modo l\u0027applicazione di\nuna pena a fatti espressivi  di  un  disvalore  cosi\u0027  tenue  da  non\nmeritare una risposta sanzionatoria, si  traduce  in  una  norma  che\nconsente l\u0027applicazione di una  pena  che  non  puo\u0027  perseguire  una\nfinalita\u0027 rieducativa, in questo modo contrastando con  il  principio\ndi cui all\u0027art. 27, comma 3, Cost. \n    3.11 I principi di portata generale di cui agli articoli  3  (sia\nsotto il profilo della ragionevolezza  sia  sotto  il  profilo  della\nproporzionalita\u0027), 27, comma 1 e 3 Cost.  devono  orientare  l\u0027intero\nsistema penale e hanno trovato  applicazione  da  parte  della  Corte\ncostituzionale, in misura crescente  negli  ultimi  decenni,  sia  in\nmateria di cornici sanzionatorie (v. tra gli altri  sentenze  n.  218\ndel 1974, 26 del 1979, 176 del 1976, 50 del 1980, 103  del  1982,  49\ndel 1989 e 409 del 1989, 168 del  1994,  341  del  1994,  nonche\u0027  da\nultimo, con un significativo passo in avanti verso uno  scrutinio  di\nragionevolezza  intrinseco  o  un\u0027applicazione   del   principio   di\nproporzionalita\u0027 in senso cardinale sentenze n. 236 del  2016  n.  40\ndel 2019), di circostanze aggravanti (249 del 2010),  di  circostanze\nattenuanti (n. 68 del 2012, 120 del 2023 e 86 2024), di bilanciamento\ntra circostanze (sentenze n. 251 del 2012, n. 105 del  2014,  n.  106\ndel 2014 e n. 207 del 2017, n. 73 del 2020)  e  da  ultimo  anche  in\nmateria di cause di non punibilita\u0027 (sentenza 156 del 2020). \n    In particolare, occorre  soffermarsi  sulla  sentenza  da  ultimo\ncitata che ha dichiarato  l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.\n131-bis del codice penale nella sua precedente  formulazione  per  il\ncontrasto con l\u0027art. 3 Cost.  in  ragione  della  mancata  estensione\ndella causa di non punibilita\u0027 per particolare tenuita\u0027 del fatto  ai\ndelitti (tra i quali la ricettazione  «di  particolare  tenuita\u0027»  ai\nsensi dell\u0027art.  648,  secondo  comma,  codice  penale,  oggetto  del\nprocedimento a quo)  per  i  quali  non  sia  previsto  alcun  minimo\nedittale e sia dunque applicabile, in forza della previsione generale\ndi cui all\u0027art. 23 del codice penale,  il  minimo  di  soli  quindici\ngiorni di reclusione, ancorche\u0027 il massimo edittale  fosse  superiore\nalla soglia di cinque anni entro la quale era concedibile la causa di\nnon punibilita\u0027. \n    Tale sentenza, che ha dichiarato assorbiti - ma non infondati - i\npossibili  profili  di  incostituzionalita\u0027  della   previsione   per\nviolazione degli articoli 27, comma 1 e 3 Cost., e\u0027 significativa  ai\nfini  della  presente  decisione  poiche\u0027  applica  il  giudizio   di\nragionevolezza estrinseca (o di «proporzionalita\u0027 ordinale»,  secondo\nl\u0027espressione recentemente utilizzata dalla dottrina piu\u0027  autorevole\ne aggiornata) ad una causa di esclusione della punibilita\u0027. \n    Da una parte, la sentenza citata ribadisce  l\u0027orientamento  della\ngiurisprudenza  costituzionale,  secondo  cui  «le   cause   di   non\npunibilita\u0027  costituiscono  altrettante  deroghe   a   norme   penali\ngenerali, sicche\u0027 la  loro  estensione  comporta  strutturalmente  un\ngiudizio di ponderazione a soluzione aperta  tra  ragioni  diverse  e\nconfliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma  generale\ne quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria, giudizio  che\nappartiene primariamente al legislatore (ex multis, sentenze  n.  140\ndel 2009 e n. 8 del 1996) [...] Muovendo  da  tale  premessa,  questa\nCorte, nella sentenza n. 207 del 2017, ha rilevato che la scelta  del\nlegislatore in ordine all\u0027estensione della causa di  non  punibilita\u0027\ndi cui all\u0027art. 131-bis del codice penale e\u0027 sindacabile soltanto per\n\"manifesta irragionevolezza\"». \n    Dall\u0027altra, pero\u0027, la Corte evidenzia  che  il  fondamento  della\ncausa di esclusione in questione  risieda  nei  principi  di  extrema\nratio dell\u0027intervento penale e del finalismo rieducativo della pena. \n    Si ritiene che i principi penalistici fondamentali previsti dalla\nCostituzione debbano orientare tutte  le  forme  di  esercizio  della\npolitica  criminale  di  uno  Stato  di   diritto:   sia   le   norme\nincriminatrici che disciplinano il trattamento sanzionatorio  sia  le\nnorme che escludono la punibilita\u0027. La preclusione  dell\u0027applicazione\ndi una causa di non punibilita\u0027 a fattispecie che  ricomprendono  nel\nloro spettro applicativo fatti espressivi di un scarsissimo disvalore\nsociale non solo compromette la ragionevolezza intrinseca del sistema\npenale (introducendo  una  disparita\u0027  di  trattamento  irragionevole\nrispetto a fatti analoghi in cui  la  causa  di  non  punibilita\u0027  e\u0027\napplicabile), ma determina anche  una  violazione  del  principio  di\npersonalita\u0027     della     responsabilita\u0027     penale,      impedendo\nl\u0027individualizzazione della risposta ordinamentale, e della finalita\u0027\nrieducativa  della  pena,  imponendo  l\u0027applicazione  della  sanzione\npenale a fatti non meritevoli  di  pena  a  causa  della  particolare\ntenuita\u0027 del loro disvalore d\u0027evento e d\u0027azione. \n    3.12 Per le ragioni appena esposte si  ritiene  che  l\u0027esclusione\ndella applicabilita\u0027 della causa di non punibilita\u0027 di  cui  all\u0027art.\n131-bis del codice penale al delitto di estorsione non  aggravata  di\ncui all\u0027art.  629,  comma  1  del  codice  penale  contrasti  con  il\nprincipio  di  ragionevolezza,  con   riferimento   all\u0027irragionevole\ndisparita\u0027 di trattamento rispetto a quanto previsto per il reato  di\nrapina non aggravata di cui agli articoli 628, comma 1 e 2 del codice\npenale, e con il principio di proporzione di  cui  all\u0027art.  3  della\nCostituzione,  nonche\u0027  con  i   principi   di   personalita\u0027   della\nresponsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, comma 1  Cost.  e  con  la\nfinalita\u0027 rieducativa della pena di cui all\u0027art. 27, comma 3 Cost. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visti gli articoli 134 della Costituzione,  legge  costituzionale\nn. 1/1948 e 23 e ss. legge n. 87/1953; \n    Solleva  questione  di  legittimita\u0027   costituzionale   dell\u0027art.\n131-bis, comma 3, n. 3), del codice penale nella parte in cui prevede\nche l\u0027offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuita\u0027 quando\nsi procede per il delitto, consumato o  tentato,  previsto  dall\u0027art.\n629, primo comma, del codice penale, per violazione degli articoli 3,\n27, comma 1 e 3, della Costituzione. \n    Sospende il giudizio in corso, con  conseguente  sospensione  del\ntermine  di  prescrizione,  fino  alla   definizione   del   giudizio\nincidentale davanti alla Corte costituzionale; \n    Dispone l\u0027immediata trasmissione degli atti del procedimento alla\nCorte costituzionale; \n    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente\nordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  per   la\ncomunicazione ai Presidenti  del  Senato  della  Repubblica  e  della\nCamera dei deputati. \n        Cassino, 14 luglio 2025 \n \n                          Il giudice: Gioia","elencoNorme":[{"id":"63434","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"131","specificaz_art":"bis","comma":"3","specificaz_comma":"n.3)","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79768","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79769","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79770","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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